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Piazza Affari debole: Eni in calo dopo rumors positivi

Movimenti incerti sul greggio con un petrolio che in tarda mattinata ha registrato per il Brent un aumenot dello 0,7% arrivando a 47,64 dollari, mentre per il Wti si è arrivati fino a un aumento pari a +0,8% con un prezzo che supera i 45,10 dollari. Mai come per il petrolio sarà necessario applicare la strategia del "Carpe diem" ovvero cogliere l'attimo. Magari quello decisivo.

Greggio sulle montagne russe

Sì, perchè l'andamento del greggio ultimamente, è soggetto sempre più spesso a cambiamenti repentini (fin troppo) di rotta. Per la precisione da quando è stato siglato l'accordo tra paesi Opec e non Opec sui tagli da 1,8 milioni di barili, in totale; accordo che avrebbe dovuto stabilizzare l'andamento della materia prima e far ritrovare una certa direzionalità sul mercato ma che invece, paradossalmente, è stato la miccia che ha fatto scoppiare il tutto. Infatti i tagli hanno portato il barile verso quotazioni che, tra 50 e 55 dollari, erano appetibili per gli operatori Usa che nel frattempo avevano diminuito la produzione, frenati proprio da valutazioni troppo basse e, quindi, non più convenienti; il loro ritorno sul mercato ha avuto come conseguenza un aumento della produzione che, in ultima battuta, ha di fatto sterilizzato tutti i tagli operati da Opec e Russia.

Cosa accadrà ora?

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Anche per questo, in molti vedono come sola speranza per un eventuale rialzo dei prezzi, un azzardo speculativo da parte degli hedge funds, posizionati short ormai da tempo, i quali potrebbero tornare a scommettere sul petrolio. Il posizionamento che vede un sentiment ribassista preponderante potrebbe essere un elemento che farebbe pensare alla possibilità di un'inversione di rotta come suggeriscono da SocGen (Parigi: FR0000130809 - notizie) : la conferma arriva dal fatto che il mercato fisico del greggio è sostanzialmente stabile, proeseguendo, a parte rari casi, nella conferma di volta in volta delle proiezioni degli esperti, ma allo stesso tempo sarebbe anche scoperto di fronte a un elemento catalizzatore, a sua volta rappresentato da un possibile intervento dei fondi stessi.

Purtroppo, però, per dare al mercato una svolta servirebbero segnali forti che permettano agli operatori di sganciarsi dalle paure causate da quel -20% registrato da inizio anno e che ha ufficialmente riportato il petrolio in pieno bear market. Il recupero a piccoli passi del Brent non è, allo stato dei fatti, sufficientemente incisivo mentre, dall'altra parte dell'oceano, cioè dagli Usa, non sembrano arrivare segnali in questo senso: il freno alla produzione registrato ultimamente è, infatti, solo un fattore contingenziale dettato da momentanei blocchi a loro volta causati da fattori meteorologici. Un'incertezza che rischia di creare ancora più confusione e a dimostrarlo c'è il fatto che se da un lato, infatti, c'è chi attende un'inversione del mercato, dall'altro, c'è chi, come Deutsche Bank (IOB: 0H7D.IL - notizie) , già inizia a pensare come gestire uno scenario con un petrolio a 30 dollari al barile.

I pessimisti

Prima conseguenza, fa notare la banca tedesca, sarebbe un aumento dei rendimenti sul debito, cosa che già è avvenuta dell'1% paragonando l'andamento degli ultimi 2 mesi. Concordi anche gli esperti di Ubs (Londra: 0QNR.L - notizie) che vedono per i prossimi 6 mesi un petrolio in oscillazione tra i 45 e i 50 dollari al barile, sebbene ci siano difficoltà già con un prezzo a 40 dollari. l drastico calo potrebbe arrivare aull'onda di que + 38% di produzione da parte della Libia che sembra essere intenzionata a d aumentarla di un altro 11%. A questo devono aggiungersi anche gli oltre 100mila barili della Nigeria e, non ultimo, il numero degli impianti di trivellazione made in Usa, in continuo aumento da oltre 22 settimane, il livello più alto dal 1986. Per quanto riguarda gli eventuali impatti, gli svizzeri non temono una recessione globale derivante dal greggio ma solo (si fa per dire), un ulteriore calo dell'inflazione e seri affanni per le multinazionali dell'energia.

Eni (Londra: 0N9S.L - notizie) , invece, dopo essere partita con brio all'inizio della seduta, poco dopo le 13.30 registra un passivo dello 0,35%; a poco sono servite le notizie che vorrebbero a settembre la cessione a ExxonMobil del 25% dei giacimenti in Mozambico con un deal da 2,8 miliardi che permetterà ad Exxon di entrare in EEA (Eni (Euronext: ENI.NX - notizie) East Africa) insieme ai cinesi di Cnpc. con una divisione che vedrà Eni ed Exxon al 35,7% mentre Cnpc si fermerà al 28,6%. Exxon si occuperà degli impianti di liquefazione del gas naturale a terra mentre Eni manterrà la sua posizione predominante nel segmento upstream.

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