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Piazza Affari: Eni torna ad essere Buy. I motivi della scelta

Giornata di attesa, col fiato sospeso per molti mercati europei. Il motivo? Il discorso del Premier (BSE: 500540.BO - notizie) inglese Theresa May con il quale si dovrebbero illustrare i particolari tecnici dell’iter che porterà Londra fuori dall’Ue.

La situazione internazionale

Un iter che sembra essere particolarmente complesso ma che, secondo quanto temuto, potrebbe essere persino orientato verso una hard Brexit, cioè un’uscita drastica di Londra non solo dall’Unione ma anche, qualora si rendesse necessaria, anche dal mercato comune, unico legame che poteva ancora trattenere, per via dell’innegabile convenienza, l’isola al Continente. Molti i dubbi anche dall’altra parte dell’Oceano dove il prossimo presidente degli usa, Donald Trump, non perde occasione per riuscire a lanciare strali contro il resto del mondo: che sia Europa (complimenti alla Gran Bretagna per la sua volontà di uscire dall’Ue), il Messico (il muro verrà costruito e sarà pagato dal governo messicano), l’industria (chi produce fuori dagli Usa e pretende di vendere a Washington dovrà pagare una tassa superiore al 35%), la linea guida che emerge dalle sue parole non rassicura i mercati circa un suo possibile addomesticamento. Non solo, ma il fatto che continui a mandare proclami senza specificare le modalità di attuazione, rende il tutto ancora più confuso. Anche per questo motivo continuano sui mercati internazionali gli acquisti di beni rifugio e i movimenti sulle Piazze di scambio sono sempre risicati al minimo indispensabile. A metà mattinata il risultato vede Piazza Affari alle 11 segnare un saldo pari a+0,4% con 19.321 punti in palese contro corrente con il resto d’Europa che viene fotografata allo stesso momento con un Dax a -0,6%, il Cac 40 di Parigi a -0,5%e il Ftse 100 a -0,35%.

Il caso Eni (Londra: 0N9S.L - notizie)

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Tra i protagonisti della giornata è da segnalare Eni che può sfruttare a suo favore più di un fattore positivo. Prima di tutto l’annuncio di una nuova scoperta, un giacimento nel Mar della Norvegia che potrebbe produrre, stando alle prime proiezioni, qualcosa tra i 70 e i 200 milioni di barili d petrolio. Altro trampolino di lancio è sicuramente rappresentato dalla promozione arrivata questa mattina dagli analisti di Jefferies: il rating del cane a sei zampe è passato dal precedente hold all’attuale buy con un incremento anche del target price che è stato fissato a 18 euro ovvero a +36% dal livello precedente. Una scelta che parte da un ottimo posizionamento dell’azienda in termini di free cash flow e che rende Eni la miglior idea di investimento (per Mediobanca (Milano: MB.MI - notizie) ) nel settore energia per il 2017. Un giudizio che contrasta con l’andamento del petrolio, in calo, e che sui mercati ha registrato, in mattinata, quotazioni che sul Brent arrivano a 55,85 dollari mentre per il WTI aleggiano intorno ai 52,56, il tutto ben lontano da quei 60 dollari sperati dall’Opec nel momento in cui è riuscita a stringere l’accordo per il taglio del milione e 800mila barili divisi tra l’Organizzazione die produttori di petrolio e i maggiori rappresentanti esterni al club.

La questione (aperta) del petrolio

Però dal Venezuela, da tempo in crisi a causa del crollo del prezzo del petrolio sua unica risorsa commerciale, parte un nuovo allarme: la nazione avrebbe intenzione di proporre un secondo accordo per riuscire a stabilizzare in maniera più forte il prezzo del greggio. Il problema, infatti, resta la produzione di chi non ha aderito e cioè quegli Stati Uniti i quali, con l’arrivo di Trump e delle sue politiche a favore di un incremento delle estrazioni, potrebbero stravolgere, e non poco, i delicatissimi equilibri del settore energetico. E i numeri non aiutano sicuramente visto che si parla di 8,95 milioni di barili di greggio ogni giorno, favoriti dal ritorno delle quotazioni ben oltre il livello dei 50 dollari, soglia minima che permette ai produttori Usa di avere un’estrazione economicamente conveniente. L’esatto contrario di quanto invece sta avvenendo in Cina dove i pozzi vengono chiusi, con conseguente contrazione della produzione di quasi il 7, a tutto vantaggio delle importazioni già in aumento del 13,6% (8,6 milioni al giorno) nel 2016 e che per il 2017 dovrebbero contare su un ulteriore + 4,8% secondo le stime degli analisti di Bloomberg.

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