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Piccole imprese italiane. Contributo fiscale rilevantissimo: +4,4 mld

Piccole ma sono uno dei grandi pilastri di questo paese le micro imprese, a dirlo la Cgia di Mestre con un nuovo studio pubblicato ieri 24 agosto.

“Nonostante la dimensione aziendale delle piccole imprese presenti in Italia sia molto contenuta, il contributo fiscale ed economico reso al Paese è rilevantissimo.”

Tra imposte e tasse, nel 2018, “i lavoratori autonomi e le piccole imprese hanno versato al fisco 42,3 miliardi di euro”, che rappresentano il 53% degli oltre 80 miliardi di euro di tasse versate in Italia.

Le medie e grandi imprese, all’opposto, hanno versato 37,9 miliardi di euro, che sono pari al 47% del totale.

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Un dato che dovrebbe lasciarci stupiti, come possono delle piccole imprese – spesso composte da una singola lavoratrice o da un paio di lavoratori o poco più – contribuire più delle grandi?

Il contributo delle piccole imprese e degli autonomi è superiore a quello delle medie e grandi aziende di 4,4 miliardi di euro.

Secondo il centro studi della Cgia di Mestre, questa disparità si può giustificare in vari modi. Anzitutto il motivo è “ascrivibile al loro esiguo numero”, in Italia sono le piccole imprese il vero tessuto industriale. Inoltre è dovuto al fatto che le medie e grandi imprese hanno dalla loro una “elevata possibilità di eludere il fisco”. La Cgia, riferendosi all’elusione fiscale delle medie e grandi imprese italiane, cita il Fondo monetario internazionale (FMI) il quale ha rilevato come, ad esempio, il mancato pagamento delle imposte da parte delle multinazionali del web sottragga al Fisco italiano 20 miliardi di euro circa.

Quali sono queste piccole imprese?

La Cgia di Mestre nello studio precisa che per piccole imprese intende, ad esempio, quelle con meno di 5,1 milioni di euro di fatturato annuo che per legge sono sottoposte agli studi di settore, che dal 2018 hanno cambiato nome in Indice sintetico di affidabilità (ISA).

Livelli di pressione fiscale insopportabili

La Cgia di Mestre, facendosi portavoce delle piccole imprese e degli autonomi, chiede che “si torni a guardare con maggiore attenzione” a questa viva e produttiva realtà italiana.

La tassazione, scrive, è “su livelli insopportabili”, senza dimenticare che le banche concedono loro il credito “con il contagocce”.

I mancati pagamenti delle Pubbliche Amministrazioni (PA)

Ma è anche il comportamento negligente delle Pubbliche Amministrazioni nei confronti di queste aziende a pesare enormemente. La PA deve ai propri fornitori 57 miliardi di euro di fatture non pagate.

I mancati pagamenti della PA portano alla rovina soprattutto le micro imprese che non hanno i capitali sufficienti per attendere i tempi biblici delle PA.

Questo tema, prosegue la Cgia di Mestre, non è più “al centro dell’attenzione da parte della pubblica opinione”.

Eppure, se non fosse per il gettito fiscale di queste imprese il sistema Italia non avrebbe i fondi necessari per tenere attivi i servizi essenziali: niente scuole, niente sanità, e così via.

Realtà che non scioperano, perché le micro imprese sono a conduzione unipersonale o familiare molto spesso, e scioperare significherebbe non lavorare (e proprio non se lo possono permettere).

Da aggiungere che non solo la PA paga con ritardo ingiustificato, ma è costato al Paese anche un deferimento alla Corte di Giustizia Europea. Inoltre, quando paga, “non è più tenuta a versare l’Iva al proprio fornitore”.

“Dopo l’introduzione dello split payment, infatti, le imprese che lavorano per il settore pubblico, oltre a sopportare tempi di pagamento lunghissimi, subiscono anche la mancata riscossione dell’imposta sul valore aggiunto”. Scrive la Cgia di Mestre.

This article was originally posted on FX Empire

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