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Il PMI cinese sorprende al rialzo

L’economia cinese si stabilizza grazie agli stimoli e allo yuan debole

di Arnaud Masset

Secondo i dati ufficiali, a novembre l’attività manifatturiera si è espansa più del previsto, lasciando finalmente intravedere un’accelerazione dell’industria manifatturiera. A novembre, l’indice ufficiale dei direttori d’acquisto si è attestato a 51,7 punti, superando i 51,0 punti delle previsioni e i 51,2 del rilevamento riferito al mese precedente. La buona notizia è arrivata sull’onda del continuo deprezzamento dello yuan, che nelle ultime cinque settimane ha ceduto un altro 2% contro il biglietto verde, con la coppia USD/CHF che ha raggiunto quota 6,9650, e di un accesso più facile al credito. L’indice non manifatturiero di ottobre è salito da 54,0 a 54,7 punti.

Invece il PMI manifatturiero di Caixin riferito a ottobre è sceso da 51,2 a 50,9, rimanendo sotto i previsti 51,0 punti. Ciò potrebbe suggerire che la ripresa non è così robusta come emerge dai dati ufficiali. L’indice, però, è comunque superiore alla soglia dei 50 punti, che separa la contrazione dall’espansione. Complessivamente crediamo che non sia il caso di lasciarsi ammaliare dalle incoraggianti statistiche ufficiali, perché all’orizzonte ci sono dei nuvoloni in vista dell’insediamento di Trump. Stamattina la coppia USD/CHF è scesa a 6,90, dopo aver toccato quota 6,9654 la scorsa settimana. Anche se ci aspettiamo un’ulteriore stabilizzazione dello yuan, non crediamo che si possa abbassare la guardia, perché la situazione generale non è così rosea.

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L’OPEC raggiunge un accordo sul taglio della produzione

di Yann Quelenn

Da otto anni l’OPEC non raggiungeva un’intesa sulla produzione. Finalmente, contrariamente alle nostre previsioni, è stato raggiunto un accordo. Ci sono però molto cose da dire, poiché l’accordo è tutt’altro che perfetto. In primo luogo, crediamo che esso sia stato dovuto principalmente alla necessità di difendere la credibilità dell’OPEC. Dopo otto anni di dissensi, la mancanza di fiducia fra i membri proiettata all’esterno avrebbe potuto costituire un grave rischio per la reputazione dell’organizzazione intergovernativa.

Detto questo, i mercati hanno apprezzato l’accordo e anche la Russia, che non fa parte dell’OPEC, ha acconsentito di tagliare la produzione di 300.000 barili al giorno. Il prezzo di un barile di Brent è salito del 10%, chiudendo sopra i 52 dollari.

Nel (Londra: 0E4Q.L - notizie) nostro rapporto di ieri abbiamo evidenziato la sfida crescente dell’Iraq e dell’Iran alla predominanza dell’Arabia Saudita nel cartello. Questa sfida diventa ancora più manifesta, dopo la decisione di Teheran di non tagliare la sua produzione, e anzi portarla a 3,8 milioni di barili al giorno – non esattamente ciò che l’Arabia Saudita aveva in mente per il suo vicino. È una vittoria importante per l’Iran, che ha perso quote di mercato a causa delle sanzioni occidentali.

Le scorte di petrolio sono ancora molto vaste e crediamo che il taglio deciso alla riunione non sarà sufficiente a riequilibrare la domanda e l’offerta. Da gennaio, la produzione dovrebbe diminuire di 1,2 milioni di barili al giorno. Continuiamo a dubitare sulla reale efficacia di questo taglio.

Gli improbabili vincitori dovrebbero essere i produttori statunitensi di gas scistoso, che nel medio termine dovrebbero aumentare.

Autore: Swissquote Per ulteriori notizie, analisi, interviste, visita il sito di Trend Online