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Il portafoglio perfetto per proteggersi dai rischi secondo Faber

I giovani hanno meno soldi dei loro genitori e moriranno con meno soldi dei loro genitori.

Non è una previsione populista nata dalla propaganda elettorale di Donald Trump ma la view di Marc Faber.

La view di Faber

Secondo il noto investitore, in passato era facile avere la possibilità di comprare bond che rendevano il 7%, avere stipendi per comprare case che, con il tempo avrebbero acquisito ancora più valore e, soprattutto, conquistare il diritto a una pensione dignitosa. Ora, invece, i giovani non solo hanno difficoltà a trovare un lavoro degno di questo nome (per quanto la disoccupazione negli Usa sia al di sotto del 5%, qualitativamente il lavoro è per lo più precario o a tempo determinato) ma non hanno soldi per comprare bond i quali, tra l'altro, hanno un rendimento praticamente nullo, il tutto mentre gli affitti tendono ad aumentare. In questo scenario i mercati sicuramente non danno una mano: tramortiti dal ciclone della volatilità, gli investitori non trovano rifugio più nelle obbligazioni di stato, il che li porta a rivolgersi all'azionario nonostante quotazioni ancora alte, anzi, da record. Per questo motivo, adesso più che mai, è necessario organizzare il portafoglio in modo che la percentuale di oro, solitamente visto come garanzia e assicurazione contro le incertezze, si allarghi addirittura l 25% contro la soglia media che solitamente non andava oltre il 5%.

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Il mix pericoloso

Ma la protezione, adesso, serve anche contro quel pericoloso mix che si sta avvertendo, un mix formato da fortissimo debito pubblico e massicci di acquisti di obbligazioni da parte delle banche centrali a livello mondiale. Proprio quest'ultimo fattore è particolarmente insidioso: le banche centrali, infatti, secondo Faber, agiscono in modo da spingere gli investitori verso il mercato dell'equity il quale risulta essere in rally non per un rafforzamento dei fondamentali, ma per escamotage finanziari come il buyback, facilitato proprio dalle comode possibilità, per le aziende, di indebitarsi. Gli interventi delle banche centrali, inoltre, sono armi a doppio taglio perché nonostante le quantità estreme di liquidità immessa, non sono riuscite a rafforzare i fondamentali e a rilanciare l'economia. Anzi, in alcuni casi, come per esempio in Giappone, la deflazione e con essa la stagnazione del denaro, è andata peggiorando nonostante i provvedimenti presi. Per questo la paura che le politiche monetarie possano perdere di credibilità, se già non l'hanno persa, è sempre dietro l'angolo come un'infida spada di Damocle che pende sulla testa dei mercati.

Intanto, proprio a proposito di banche centrali, ovvero il livello deciso a dicembre quando dopo quasi 10 anni di politiche accomodanti, Janet Yellen decise per il primo rialzo. Resta perciò da attendere e decidere se la prossima stretta avverrà a settembre, in concomitanza con i possibili provvedimenti della Bce, oppure, più probabilmente, a dicembre, quando si saranno stabilizzate anche le agitate acque delle elezioni statunitensi.

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