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Un possibile segnale di pericolo si delinea all'orizzonte

Un brutto segnale quello che si sta delineando all'orizzonte. Non si tratta di un aumento dei rialzi dei tassi da parte della Fed, per quanto le ultime minute della riunione di gennaio abbiano messo nero su bianco il fatto che l'economia Usa sia in fase di slancio.

Le previsioni dell'esperto

Non sembra nemmeno il pericolo di un surriscaldamento dell'economia dettato dall'apporto della riforma fiscale voluta da Trump, secondo Bill Smead, CEO e Chief Investment Officer di Smead Capital Management il campanello d'allarme sarebbe l'alta concentrazione di titoli tecnologici in un indice. Guardando a ritroso nella storia, infatti, ogni volta che le azioni di un settore hanno rappresentato più del 20% di un indice, si è verificata una crisi del mercato. In altri termini la concentrazione che si viene a creare tende a favorire prima un forte aumento delle quotazioni e quindi un crollo improvviso, successivamente. E' lo stesso Smead ad affermarlo con un occhio al calendario:

“Accadde qualcosa di simile con le azioni RCA nel 1929, con le azioni Nifty Fifty (teoria in voga negli anni '60 che considerava quello nelle prime 50 multinazionali quotate a New York come il migliore, e soprattutto il più sicuro, investimento per la crescita), con i petroliferi nel 1981, con i titoli tecnologici nel 1999 e con le banche nel 2005".

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E per questo mercato?

L'eccesso, in questo mercato, si troverebbe nel settore hitech, per la precisione in quelle azioni che l'esperto definisce tecnologie “glam" come Amazon, Tesla e Netflix (Xetra: 552484 - notizie) , azioni a grande e grandissima capitalizzazione, che saranno le prime vittime dell'emorragia del prossimo mercato orso. Attualmente, il 25% dell'S & P 500 è composto da titoli tecnologici e per giunta mega cap come Amazon e Netflix, per l'appunto, e saranno proprio loro che, da aggregatori, diventeranno presto disgregatori. Nonostante la recente correzione, l'esperto sottolinea che proprio Amazon e Netflix, ma anche altri grandi titoli tecnologici a larga capitalizzazione, stanno andando meglio rispetto alla media con la prima che è arrivata a segnare un +26% mentre la seconda ha toccato la punta del +46% solo dall'inizio dell'anno, contro il +1% dell'intero S&P500. Ma proprio quest'ottimismo, paradossalmente, potrebbe essere la conferma della teoria di Smead che vede in arrivo la caduta delle quotazioni.

La view di Goldman e JP Morgan


E' pur vero che le paure di un aumento dell'inflazione e di un rincaro delle strette sul costo del denaro da parte della Fed sono state al centro delle attenzioni e soprattuto causa pregnante del ritorno della volatilità, ma secondo Mark Grant, amministratore delegato e capo stratega globale di B. Riley FBR Inc, resta il fatto che il mercato, così facendo, rischia di ignorare una delle migliori stagioni degli utili della storia concentrandosi prevalentemente su rendimenti obbligazionari in aumento (sul decennale Usa in particolare che nei giorni scorsi ha sfiorato la soglia del 3%).

Con la stagione degli utili quasi alla fine ('80% delle aziende ha già pubblicato i resoconti), Goldman Sachs fa notare come oltre il 54% di queste abbia dato segnali positivi, la più alta percentuale dal 2010 ad oggi. Anche JP Morgan Chase&Co getta acqua sul fuoco dell'allarmismo e vede il prossimo contesto inflazionistico come positivo: Mislav Matejka, amministratore delegato di JP Morgan ricorda che

"Storicamente, le azioni tendevano a fornire i loro migliori rendimenti in un regime di inflazione tra l'1 e il 3%, come quello che stiamo prevedendo ora, ovvero un equilibrio all'interno del quale le azioni forniscono, in un certo senso, una copertura naturale contro l'inflazione stessa in quanto producono guadagni nominali e crescita”.

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