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Pregi e difetti del BTP a 50 anni

Recentemente è stato emesso il BTP 2,80% con scadenza 2067 (codice Isin IT0005217390) e numerosi investitori si interrogano chiedendo se si tratta di un'opportunità interessante di investimento. Proviamo perciò ad illustrare pregi e difetti di questo prodotto finanziario.

Se non fosse per la sua lunghissima scadenza (marzo 2067, ossia 50 anni), si tratterebbe di un normalissimo titolo di stato che stacca una cedola fissa del 2,80% annuo (1,40% semestrale) e con il classico taglio minimo da 1.000 euro.

Per concretizzare il discorso, se acquistato alle quotazioni di oggi (96,75) e portato a scadenza, questo BTP offrirebbe un rendimento lordo annuo del 2,92% e un cash flow (simulato su un capitale di 20.000 euro) come illustrato nelle immagini sottostanti.

Indubbiamente si tratta di un buon prodotto per le banche, per le assicurazioni e per i fondi pensioni mentre (a mio avviso) per il risparmiatore è un titolo che presenta più rischi che opportunità.

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Il principale pregio, percepito dai risparmiatori, consiste nell'ammontare della cedola che, se rapportati alla fame di rendimento che c'è oggi sui mercati, appaiono interessanti e degni di nota.

In realtà si tratta di una percezione errata, o quantomeno che può trarre in inganno l'investitore inesperto, e che va contestualizzata.

La principale criticità di questo BTP consiste nel rischio prezzo.

Un risparmiatore deve essere infatti cosciente che in caso di aumento dei tassi di interesse, oppure di una diminuzione della percezione della solvibilità dello stato italiano, il prezzo di questo BTP (a causa della sua elevata "duration") subirebbe un forte ribasso.

Per dare un'idea concreta di questo rischio, basti sapere che un aumento dei tassi dello 0,50% determinerebbe un ribasso del prezzo di circa il 12%!!

Non c'è che dire, uno schiaffo niente male a fronte di un rialzo dei tassi davvero contenuto (oltre che realistico nell'arco di qualche anno)!

Se si concretizzasse questo scenario, il risparmiatore rischierebbe di ritrovarsi incastrato con una posizione in perdita, con un prezzo di carico elevato, con una scadenza molto lunga e con un rendimento basso (che come vedremo nelle prossime righe, potrebbe anche non coprire dall'inflazione).

La seconda criticità consiste nel fatto che il rendimento è interessante solo in apparenza. Se infatti confrontiamo il rendimento di questo BTP (2,92%) con il fratello matusalemme (BTP 2,70% marzo 2047), che al prezzo odierno (104,33) offre un rendimento lordo annuo del 2,49% con una duration del 21,08, emerge come il maggiore rendimento lordo annuo dello 0,43% (ossia 2,92-2,49) non compensi il forte aumento del rischio. C'è qualcuno che pensa che abbia senso aumentare la scadenza di 20 anni per ottenere in più un misero 0,43% lordo annuo?

Non dimentichiamo inoltre due concetti fondamentali: il primo è che rischio e rendimento sono due facce della stessa medaglia mentre il secondo concetto è che oggi i titoli di stato offrono rendimenti estremamente compressi e bassi rispetto alla media storica. Questo significa che se non c'è rendimento, quello che resta nei titoli di stato è solo il rischio.

Sintetizzando al massimo, come ho detto e scritto numerose volte nel corso degli ultimi mesi, i titoli di stato italiani (ma anche europei) sono da vendere piuttosto che da acquistare!

Aggiungo che i conteggi fin qui illustrati si riferiscono al rendimento "nominale" mentre quello più importante per il risparmiatore dovrebbe essere il rendimento "reale", ossia al netto dell'inflazione.

Se infatti conteggiassimo un'ipotetica futura inflazione, i rendimenti si ridurrebbero fortemente. Non solo, in caso di forte aumento dell'inflazione (che oggi appare improbabile ma occorre tenere a mente che questo BTP scadrà tra cinquant'anni e durante questo lasso di tempo può accadere di tutto sui mercati finanziari) il rendimento reale potrebbe anche risultare negativo, con la conseguenza di una perdita di potere di acquisto da parte del risparmiatore.

Un'altra criticità, con cui un risparmiatore deve fare i conti, è il rischio default dello stato italiano. L'uomo della strada pensa che l'Italia non possa fallire ma in realtà, sebbene oggi non sia all'ordine del giorno, il rischio default non è certamente zero...

Infine occorre rilevare come, nel disegno di legge in fase di discussione che probabilmente modificherà le imposte di successione, i titoli di stato non siano più esclusi dall'asse ereditario. Se fino ad oggi i BTP erano esclusi dall'asse ereditario e costituivano uno strumento molto utilizzato per ottimizzare il passaggio successorio, in futuro è possibile (se queste ipotesi diventeranno legge) che questo vantaggio venga meno, rendendo ulteriormente meno attraente l'idea di mettere nel cassetto questo nuovo BTP.

Autore: Gabriele Bellelli Per ulteriori notizie, analisi, interviste, visita il sito di Trend Online