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Prelievi forzosi, l’incubo che toglie il sonno ai risparmiatori

Prelievi forzosi, l’incubo che toglie il sonno ai risparmiatori

Dopo due anni di calma (relativa), il tema del debito torna a turbare i sonni dei risparmiatori europei. La crisi del portoghese Banco Espirito Santo, in difficoltà nell’onorare un prestito contratto anni fa (intanto la Banca Centrale Portoghese ha ordinato un cambio al vertice dell’istituto, con ala nomina di un nuovo amministratore delegato e la sostituzione di alcuni membri del consiglio di amministrazione), è coincisa con i nuovi dati sull’esposizione delle finanze pubbliche. La situazione è particolarmente critica in Italia, dove a giugno si è raggiunto il record storico di 2.166,3 miliardi, con una crescita del 4,7% da inizio anno. Quanto è bastato per riproporre l’idea di un prestito forzoso sui conti correnti dei risparmiatori indirizzato a produrre un taglio radicale del debito. Dato che né le politiche di austerity, né i recenti tentativi di sostenere la crescita economica hanno finora prodotto i risultati sperati.

La ricetta del Fmi
Il tema è caro al Fondo Monetario Internazionale, che di solito intervieni nei salvataggi degli Stati in crisi e che ha già ottenuto una soluzione simile a Cipro, quando l’Isola è stata aiutata dalla troika (composta dallo stesso Fmi, dalla Bce e dall’Unione europea) in cambio di un prelievo forzoso sui conti correnti superiori ai 100mila euro. Secondo l’istituto diretto da Cristine Lagarde, secondo quanto riporta il Wall Street Journal, questa è la strada da seguire in caso di nuove crisi del debito pubblico.

La ricetta messa a punto prevederebbe un prelievo di almeno il 10% sui conti correnti con giacenze sopra i 100mila euro. Una misura che rischia di far impallidire il ricordo del 1992, quando l’allora Presidente del Consiglio Giuliano Amato approvò un decreto legge con la previsione di un prelievo forzoso del 6 per mille dai conti correnti bancari di tutti i cittadini italiani. Una misura dettata dalla necessità di contrastare l’attacco alla lira portato dalla speculazione internazionale, che provocò una serie di proteste nel Paese.

Remote possibilità di applicazione
Per fortuna l’ipotesi di adottare una misura simile resta marginale nello scenario internazionale. Non solo perché il governo nazionale ha più volte ribadito di non aver neppure preso in considerazione questa strada (le stesse rassicurazioni sono arrivate dai premier degli altri Paesi europei), ma soprattutto perché le condizioni attuali dei mercati non lasciano immaginare una nuova crisi sistemica in arriva. Negli Stati Uniti l’economia promette di crescere quest’anno intorno al 2,5%, mentre in Europa non si andrà oltre l’1%. A meno che le misure annunciate qualche settimana fa dalla Bce (tra cui tassi agevolati alle banche che finanziano le Pmi) non prendano corpo in tempi ragionevoli. Dunque, a oggi non sono necessari interventi straordinari, sempre a patto che la situazioni non precipiti come accaduto tre anni fa.