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Prevedibile un calo delle domande di mutui

Domande di mutui MBA destinate a scendere

di Yann Quelenn

Continuiamo a credere che i dati sul settore immobiliare USA siano un barometro importante per valutare il vero stato di salute dell’economia del paese. Negli ultimi anni, l’era dei tassi d’interesse allo zero ha fatto arrivare i prezzi delle case quasi ai livelli dei “subprime”. Secondo i dati dell’Agenzia federale per il finanziamento dell’edilizia abitativa, che monitora queste variazioni negli immobili residenziali, all’inizio del 2007 l’indice si attestava a 380, mentre ora giace intorno ai 370 punti.

Gli scarsi volumi delle domande di mutui, che sono rimasti sugli stessi livelli dal 2010 fino a metà del 2015, ora si stanno riprendendo. Per la settimana conclusasi il 29 aprile, però, il volume è sceso del 3,4%. I dati per la settimana conclusasi il 6 maggio saranno diffusi nel primo pomeriggio; ci aspettiamo un dato negativo. Secondo noi, il leggero rialzo dei volumi dei mutui registrato nell’ultimo anno è dovuto esclusivamente alla politica monetaria della Fed. Poiché si prevede che i tassi sul mercato immobiliare saliranno, per alcuni è arrivato il momento di rinegoziare i termini dei prestiti o di acquistare un nuovo immobile, prima che i tassi aumentino.

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Crediamo, inoltre, che i venditori stiano accumulando proprietà per effetto dei prezzi attuali e c’è anche chi prevede che i tassi rimarranno bassi più a lungo. E questo non è un ragionamento sbagliato. La Federal Reserve, nonostante i tanti comunicati, quest’anno non è ancora riuscita ad alzare i tassi. Gli acquirenti saranno comunque più prudenti, soprattutto visti i prezzi stratosferici e i vincoli draconiani per ottenere un prestito. Prevediamo pertanto una flessione nel settore immobiliare.

Sul fronte valutario, questi dati non faranno che riflettere le difficoltà di fondo degli Stati Uniti. A nostro avviso, il dollaro è ancora sopravvalutato. I mercati finanziari sono sempre meno ottimisti quando si parla di rialzi del tasso. La probabilità di un rialzo a settembre ora si aggira solo intorno al 33%.

La produzione industriale segnala un’Europa debole

di Peter Rosenstreich

I dati di ieri dall’Eurozona mostrano che nei motori principali della regione la crescita sta rallentando. I dati sulla produzione industriale in Germania, Francia e Italia hanno deluso le attese. La produzione industriale tedesca a marzo è calata dell’1,3% m/m, quella francese si è contratta inaspettatamente dello 0,3% m/m e quella italiana è risultata piatta. I più ritengono che i dati deboli siano dovuti alle cifre molto positive d’inizio anno, e che non siano l’indicatore di una fiacchezza ciclica. Tuttavia, è più probabile che sia stato l’euro forte a giocare un ruolo decisivo nei dati deboli, quindi è lecito aspettarsi altre delusioni dai dati sulla crescita. Il rallentamento ritardato registrato negli USA, dovuto alla debolezza esterna e alla non competitività dell’USD, probabilmente si sta diffondendo anche nell’Eurozona. Anche se le condizioni finanziarie sono migliorate marginalmente e gli sforzi della BCE (Toronto: BCE-PA.TO - notizie) per fornire altri stimoli monetari hanno contribuito a compensare le difficoltà generate dall’euro più forte, i dati recenti mostrano che Draghi dovrà fare davvero una magia perché crescita e inflazione continuino. Tuttavia, a giudicare dai commenti del ministro delle Finanze tedesco Schaeuble, sembra che tassi ancora più negativi siano fuori discussione, quindi gli strumenti di Draghi per svalutare l’euro sono limitati. Sospettiamo che l’EUR/USD rimarrà all’interno della fascia compresa fra 1,1200 e 1,1600 prima del voto sulla Brexit che incombe minaccioso sulla moneta unica.

Autore: Swissquote Per ulteriori notizie, analisi, interviste, visita il sito di Trend Online