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Prime paure su Wall Street: possibili altre fasi di discesa

Le banche centrali stanno iniziando le grandi manovre per il cambio di rotta dopo anni di accomodamento finanziario. Intanto però sui mercati aleggia più di un dubbio sugli entusiasmi del rally post-Trump. Come gestire la situazione? I consigli di Vincenzo Longo Market Strategist di IG.

La Federal Reserve ha alzato i tassi d’interesse la scorsa settimana e ha confermato altri 2 ritocchi fino a fine anno. Anche all’interno della Bce si inizia a parlare di rialzo tassi. Cosa aspettarsi a fine anno?

Crediamo che l’economia statunitense sia in grado di assorbire 3 rialzi dei tassi d’interesse quest’anno. L’inflazione continua a migliorare e i segnali che arrivano dall’economia indicano un rafforzamento, pertanto non vediamo ragioni per non procedere in tal senso. Medesime indicazioni valgono per la Bce. I recenti dati hanno confermato un miglioramento dell’attività economica e l’inflazione sta per avvicinarsi al target della Banca centrale. Secondo alcuni fonti, la Bce avrebbe già discusso di un possibile rialzo dei tassi anche prima che termini il QE. Non crediamo, però, che questo processo possa essere accelerato, anche perché l’eurozona ha ancora molte sfide da affrontare, su tutte le elezioni politiche di Francia e Germania e i negoziati della Brexit. Alla luce di ciò, un rialzo non ci sarà prima della seconda metà del 2018 almeno, mentre una revisione del QE potrebbe esserci già questo autunno, se i dati dovessero risultare migliori delle attese. Questo quadro potrebbe essere disatteso, però, se il petrolio dovesse tornare a riposizionarsi sotto i 40 dollari, eventualità questa ancora poco probabile, nonostante i recenti cali.

Intanto l’incertezza sulla politica di Trump fa inciampare Wall Street. È l’inizio di qualcosa di preoccupante?

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Il mercato ha iniziato a dubitare sulle manovre fiscali promesse da Trump in vista del voto sull’Obamacare. Molti investitori temono che se il Congresso non dovesse modificare l’Obamacare, anche la riforma sulle tasse, su cui Wall Street ha puntato tanto, potrebbe essere ritardata. Sebbene i listini statunitensi abbiano chiuso la peggior seduta da ottobre ieri, riteniamo che questi cali siano ancora inquadrabili come una pausa fisiologica in un rally che rimane rialzista. Per ora il quadro macro rimane solido e fintantoché i dati continueranno ad essere migliori o in linea con le attese è difficile aspettarsi qualcosa di più grave.

Ad ogni modo, ulteriori fasi di discesa sono possibili. L’S&P500 potrebbe scivolare verso i minimi di inizio anno, intorno alla soglia di 2.240 punti. Solo un riposizionamento sotto tale riferimento potrebbe aprire a qualcosa di più preoccupante. Ma al momento non sembra essere questo lo scenario base.

Piazza Affari, che era riuscita ad infrangere il muro dei 20mila punti, è tornata subito indietro. Quali i supporti?

Crediamo che Milano abbia ancora delle buone possibilità di riscatto, soprattutto se il rischio politico in Europa dovesse ridursi. Nel brevissimo, però, le incertezze di Wall Street potrebbero pesare sul listino milanese, dato che il settore bancario rimane quello più soggetto al rischio di calo dei tassi. Per il FtseMib, dopo la chiusura del gap rialzista lasciato aperto la scorsa settimana, potrebbe esserci un tentativo di test all’area di 20 mila punti. Il primo supporto interessante, però, passa a 19.300 punti, al di sotto del quale i cali potrebbero estendersi verso 18.400 punti, minimi di questo 2017. È importante e auspicabile che questo livello tenga per non vedere peggiorare l’outlook di medio termine. Al rialzo, invece, la resistenza interessante la vediamo a 21 mila punti.

Qual è, secondo lei, l’outsider più interessante sui mercati per la prima metà del 2017?

Continuiamo a credere che l’oro possa essere scelto come principale asset rifugio degli investitori più avversi al rischio, come dimostra il movimento di ieri. Dopo il tonfo del 2016, in questo inizio d’anno il metallo giallo guadagna più dell’8%. La discesa delle ultime 3 settimane sembra aver trovato supporto sui 1.200 dollari, livello da cui sono tornati gli acquisti. I prezzi sembrano essere in grado di tornare ai massimi di inizio mese, verso 1.265 dollari, oltre i quali si determinerebbe un allungo sino al ridosso di soglia 1.300 dollari. Risk off e dollaro debole dovrebbero essere i catalizzatori per un simile movimento. Oltre 1.300 si andrebbe all’attacco dei picchi del 2016, a 1.370 dollari. Dubbi arriverebbero con il cedimento di 1.200 dollari/oncia.

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