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Il rally targato Opec rinfranca i mercati

Dopo molte sedute incerte, ieri finalmente si è assistito ad una seduta positiva. L’Europa ha aperto le danze con un buon rialzo fin dalla mattina, mostrando l’intenzione di tenere il supporto testato il giorno prima ed imbastire un tentativo di recupero verso le prime resistenze. A galvanizzare gli indici europei sono stati il rimbalzo americano del giorno precedente e le voci che il governo tedesco, che ufficialmente nega, starebbe già studiando un piano di salvataggio con soldi pubblici per Deutsche Bank (Londra: 0H7D.L - notizie) . Una notizia che non può essere confermata da Merkel e Schaeuble, paladini del bail-in, che finora hanno imposto in casa altrui. Si tratterebbe di uno smacco politico che scatenerebbe le ironie di Renzi e verrebbe subito sfruttato dalle cicale mediterranee per chiedere salvataggi a gogò e tonnellate di flessibilità. Però il pragmatismo tedesco viene prima delle ideologie e, magari a denti stretti, non ho dubbi che la rete di protezione pubblica stia per essere stesa. Il problema diventa piuttosto quanto tempo e quanto contagio verrà tollerato prima di fare quel che il buon senso vorrebbe, ma l’ostinazione che lega il governo tedesco ai principi del rigore, dovrebbe rinviare il più possibile.

Le voci su difficoltà a trovare un accordo in sede OPEC durante la riunione straordinaria di Algeri, ha mandato il petrolio sull’ottovolante e consigliato i mercati europei di smorzare gli entusiasmi, in coincidenza con un’apertura negativa del mercati USA. Ma, come spesso capita, le sorprese sono arrivate intorno alle 18, quando i listini europei erano già chiusi.

Contro ogni aspettativa, i paesi OPEC sono riusciti a trovare un accordo di facciata e mettere un tetto alla produzione di greggio a partire da fine anno. L’accordo prevede di produrre 700.000 barili in meno di quanto prodotto ad agosto, fermando quindi la produzione giornaliera di greggio a 32,5 milioni di barili.

Il problema di chi si deve far carico dei tagli è ovviamente rinviato, alla prossima riunione ufficiale del 30 novembre, ma le voci insinuano che a farsi carico del sacrificio sarà soprattutto l’Arabia Saudita, mentre l’Iran potrebbe strappare addirittura un piccolo incremento. La vera partita però è ancora tutta da giocare. Le occasioni per riaprire le ferite non mancheranno. Inoltre è tutta da verificare la capacità di garantire che gli impegni che verranno presi siano poi rispettati. Il punto debole dell’OPEC è sempre stata la possibilità di verificare il rispetto degli accordi di cartello. Ma l’importanza politica dell’accordo è significativa, poiché pone fine alla guerra che avrebbe dovuto piegare la capacità produttiva americana di shale oil, mandando sul lastrico tutti i cercatori d’oro nero USA. La guerra termina con la sconfitta saudita, poiché, se è vero che un discreto numero di piccoli produttori USA è stato spazzato via, è altrettanto vero che lo sviluppo tecnologico dell’industria estrattiva USA ha continuamente abbassato il punto di pareggio. Dai circa 70 dollari medi, che era il costo per produrre un barile di petrolio dalle rocce americane, ora il costo medio è sceso sotto i 50 dollari, ed i pozzi stanno di nuovo crescendo di numero. Magari quelli vecchi ed inefficienti restano chiusi, ma ne vengono aperti di nuovi con tecniche competitive e redditizie già a questi prezzi.

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Pertanto ritengo che il blocco produttivo dell’OPEC verrà reso inutile ben presto dall’aumento della produzione USA, che peraltro si sta attrezzando per diventare esportatore, dopo aver raggiunto la quasi completa autosufficienza produttiva. La produzione mondiale continuerà ad aumentare e nel medio periodo tornerà ad incidere sui prezzi.

Non credo pertanto che il prezzo del petrolio possa salire molto. Difficilmente potrà superare i 60 dollari e sarà forse destinato ad oscillare tra i 40 e i 60 dollari ancora a lungo. Ma, certo, l’appeal speculativo di una notizia importante quanto inattesa, è piombato come una bomba sul mercato, provocando l’impennata delle quotazioni di ben 2 dollari e mezzo in poco più di due ore. Ne ha approfittato anche Wall Street per tornare di buonumore e chiudere nuovamente in rialzo a 2.171 punti (+0,53%) con l’indice SP500.

La partenza al rialzo della giornata odierna europea è garantita, come pure la necessità di dimenticarsi un attimo dei supporti per pensare agli obiettivi rialzisti di questo rally targato OPEC.

Per SP500 l’obiettivo è scontato: il ritorno a testare i massimi assoluti, che sono a 2.193 punti, un punto percentuale oltre i livelli attuali, ormai un’inezia.

Meno ambiziosa è ovviamente l’Europa, che già si complimenta con se stessa per aver tenuto i supporti ed allontanato una problematica resa dei conti. Eurostoxx50 può risalire fino a testare l’area 3.060, poco più del 2% oltre il livello di chiusura di ieri. Il nostro Ftse-Mib può ritentare di portarsi nell’area compresa tra i 17.000 ed i 17.400 punti, zona raggiunta ad inizio mese e poi precipitosamente abbandonata all’arrivo delle prime turbolenze.

Autore: Pierluigi Gerbino Per ulteriori notizie, analisi, interviste, visita il sito di Trend Online