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Referendum: la paura fa 190

Dopo tanto correre Wall Street ha conosciuto ieri il primo significativo stop dal giorno della vittoria di Trump. Calma. SP500 ha perso mezzo punto percentuale, e così anche il Nasdaq (Francoforte: 813516 - notizie) . Non si è visto nessun crollo. Però una perdita di mezzo punto è una novità che da 3 settimane non avevamo più avuto occasione di vedere sul principale indice azionario del mondo. Per ricordare cali di questa portata o superiore dobbiamo andare con la mente all’inizio del mese, quando Trump terrorizzava ancora i mercati, che non lo volevano alla guida degli USA. Sembra ormai un’altra epoca storica, dopo il potente rally che ha preso improvvisamente e prepotentemente inizio poche ore dopo l’ufficializzazione della sua vittoria.

Il calo di ieri non ha avuto particolari motivazioni, se non il fatto che il principale indicatore grafico usato per individuare gli eccessi, RSI(14), era entrato venerdì scorso ufficialmente in zona di “ipercomprato”, superando il livello dei 70 punti sul grafico giornaliero. Un valore raggiunto quest’anno solo il primo di aprile, al culmine del portentoso recupero che fece riemergere il listino dal crollo di gennaio e febbraio.

Statisticamente un grafico che mostra questi segni di eccesso rialzista diventa molto vulnerabile ad imminenti correzioni. Ma dimostra anche una forza notevole, che spesse volte lo fa ripartire dopo che gli eccessi vengono metabolizzati. Potrebbe essere questo lo scenario che l’azionario americano ci vuole presentare.

In Europa invece i malesseri sembrano assai più incisivi di quelli americani e non si possono liquidare come i postumi di una semplice indigestione, perché tale non è stata quella dell’indice Eurostoxx50 nelle scorse settimane.

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Ho già sottolineato nel commento di ieri mattina la minor forza del rialzo europeo. La seduta di ieri l’ha trasformata in debolezza, con un calo che fin dalle prime battute si intravedeva abbastanza significativo.

A fine giornata, quando però Wall Street perdeva poco più della metà di quel che ha poi perso a fine seduta, le borse europee hanno terminato con un calo medio intorno al punto percentuale. Tra tutte la peggiore (a parte Atene) è stata la nostra Piazzaffari, che ha perso il doppio, trascinata giù dall’ennesima legnata subita dai bancari con in testa MPS (BSE: MPSLTD.BO - notizie) , al debutto dopo l’accorpamento (100 a 1) delle azioni e l’inizio ufficiale del periodo di conversione dei bond subordinati.

Il piano di ricapitalizzazione continua a non piacere e l’attesa del referendum getta benzina sul fuoco delle vendite, alimentato anche ad arte da un articolo che definirei terroristico del Financial Times. In questa analisi si evoca lo spettro del possibile fallimento da parte di ben 8 istituti italiani (Monte dei Paschi (Milano: BMPS.MI - notizie) di Siena, Popolare di Vicenza, Veneto Banca, Carige, Banca Etruria, CariChieti, Banca Marche e CariFerrara) in caso di vittoria dei NO al referendum. Ho verificato e la firma di quell’articolo non è di Matteo Renzi. Ma evoca disastri come sta facendo il premier per impaurire gli italiani che vogliono mandarlo a casa. Arrivando dalla Bibbia della finanza internazionale, rappresenta una pesantissima ingerenza sulla sovranità popolare del nostro paese, come lo furono quella sulla Brexit (a favore del Remain) e quella sulle elezioni americane (a favore di Hillary). Evidentemente l’inutilità conclamata di queste intromissioni, che si è potuta verificare nei casi precedenti, nonché la solidità statistica del detto “non c’è 2 senza il 3”, non sono bastate a fermare la penna del mitico giornale.

Il risultato è stato il pesante calo di tutto il settore bancario italiano e l’ennesimo strappo al rialzo dello spread BTP/Bund, che ha superato in giornata anche il livello dei 190 punti, valori toccati l’ultima volta a maggio del 2014, due anni e mezzo orsono.

Nel (Londra: 0E4Q.L - notizie) pomeriggio Draghi ha tentato di rassicurare nell’audizione davanti al Parlamento Europeo, con dichiarazioni abbastanza ridicole: “il debito italiano è sostenibile, stando all’impegno del paese e alla sua abilità di ripagare il debito”. Come se non sapessimo che l’abilità nel ripagare il debito consiste nel rinnovarlo con altro ancora maggiore.

Infatti i mercati non si sono sollevati più di tanto ed hanno chiuso la seduta nei pressi dei minimi.

Dobbiamo sopportare con pazienza queste sceneggiate, perché i prossimi giorni ce ne presenteranno altre. La drammatizzazione degli scenari è destinata a crescere, da tutte le parti.

Ma se questo è comprensibile per i politici, che fanno il loro mestiere e tentano di tirare dalla loro parte gli elettori, lo è molto meno per i cosiddetti “poteri forti” e per la grande speculazione internazionale, che può danneggiare il nostro paese molto più di quanto lo possa fare la vittoria del NO o lo abbia già fatto la riforma costituzionale piuttosto pasticciata che Renzi vuole far passare ad ogni costo.

Autore: Pierluigi Gerbino Per ulteriori notizie, analisi, interviste, visita il sito di Trend Online