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Jobs Act, le novità previste: fine dei contratti a progetto, arrivano le tutele crescenti

Jobs Act, cosa cambia per il mondo del lavoro
Jobs Act, cosa cambia per il mondo del lavoro

Dal primo marzo 2015 entrerà in vigore il nuovo contratto a tutele crescenti, lo strumento legislativo su cui si incardina buona parte del Jobs Act di Renzi, volto a regolamentare il precariato selvaggio.

L’assunzione con questa nuova forma contrattuale prevede una rilevante decontribuzione, per le aziende, che andrà a carico dello Stato, con l'obbiettivo di incentivare assunzioni degli attuali precari. Ma vediamo punto per punto quali sono le novità introdotte da Renzi.

CONTRATTO A TUTELE CRESCENTI - Il contratto a tutele crescenti mira a sradicare il precariato selvaggio, prevedendo un indennizzo economico certo, che cresce di pari passo con l’anzianità di servizio. Chi sarà assunto a tempo indeterminato, rispetto a quanto vigeva in precedenza, godrà però di minori possibilità di reintegro, che sarà possibile principalmente solo per licenziamenti discriminatori o licenziamenti disciplinari per i quali sia stato appurato che non è avvenuto l’evento che si imputa a causa del licenziamento.

ELIMINAZIONE DEI CO.CO.CO. e CO. CO. PRO. - Fulcro del Jobs Act è l’eliminazione progressiva dei contratti a progetto, che dal 2016 andranno a sparire nel tentativo di eliminare le false collaborazioni, che in realtà nascondono un lavoro continuativo e senza diritti. Aboliti, quindi, tutti i contratti a progetto, e l’associazione in partecipazione. Nel 2015 sarà ancora possibile stipulare contratti simili, ma dal 2016 saranno possibili solo mediante un accordo sindacale. Per Renzi questo provvedimento, insieme alla decontribuzione fiscale per le aziende che assumono, porterà alla stabilizzazione di 200mila lavoratori precari.

PARTITE IVA - Con gli emendamenti al decreto Milleproroghe, alla prova alla Camera, si mette una toppa all’aumento delle aliquote contributive e del cambio del regime dei minimi. Ancora per il 2015 sarà valido il vecchio regime dei minimi, che dall’anno seguente sarà però sostituito, per chi fattura tra i 15mila e i 40mila euro, da un regime forfettario di determinazione del reddito con un’imposta unica sostitutiva del 15%. In studio anche la possibilità di estendere alle partite iva le protezioni su malattie e maternità in caso di redditi bassi e monocommittenze. Si prevede anche la sistemazione dei contributi per i professionisti senza cassa, per quelli nella gestione separata e senza cassa previdenziale di categoria.

TEMPO DETERMINATO E APPRENDISTATO - A margine di ciò, il contratto a tempo determinato resterà, invece, con il limite attuale di 36 mesi e con 5 possibili proroghe. Sono previste anche semplificazioni del contratto di apprendistato e la permanenza del lavoro a chiamata.

LICENZIAMENTI COLLETTIVI - Un punto caldo, che ha fatto spaccare la maggioranza di governo, con il no di Ncd, è quello dei licenziamenti collettivi. Per il governo vanno considerati tutti provvedimenti economici; pertanto resteranno possibili e sono contemplati dal contratto a tutele crescenti.

DEMANSIONAMENTO - Il decreto sul lavoro prevede anche il “rimansionamento” del lavoratore, ovvero il ridimensionamento delle sue mansioni, che potranno quindi variare ed essere diminuite di livello.

ASSEGNO DI DISOCCUPAZIONE - Novità anche negli ammortizzatori sociali. Arriva la “DisColl”, un’indennità di disoccupazione per il collaboratori che abbiano almeno 3 mesi di versamenti contributi. L’indennità avrà una durata della metà dei mesi di versamento, per un masso di 6 mesi. Ma sarà introdotto anche il “Naspi”, un assegno di disoccupazione universale valido da maggio, che sarà pari alla metà dei mesi di contributi versati negli ultimi 4 anni, e potrà quindi durare per un massimo di 24 mesi.

PART-TIME - Sia nel pubblico che nel privato i lavoratori avranno diritto a trasformare il posto a tempo indeterminato in un posto part-time in caso di gravi problemi di salute.

MATERNITÀ E CONGEDI PARENTALI - Il periodo concesso per i permessi parentali è stato esteso da 3 anni a 6 anni, equiparando maternità e paternità con adozioni e affidi. Il congedo parentale facoltativo sarà pagato il 30% dello stipendio e sarà possibile fino a 6 anni di età dei figli, invece dei tre attuali. Quello non pagato sarà utilizzabile dai sei ai dodici anni di età dei bambini.

VIDEO - Renzi, "Sul lavoro è ora di fare cose di sinistra"