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Rialzo Fed: conseguenze per 9000 miliardi di prestiti in dollari

Un mese ricco di incognite quello che si inaugura oggi anche sul fronte delle banche centrali con l'appuntamento principale che resta quello della Federal Reserve. Le previsioni di Salvatore Scarano, ideatore e principale ispiratore, con Fabio Michettoni del progetto Volcharts .

Il 14 dicembre si riunisce la fed per decidere su un rialzo dei tassi praticamente dato per certo, intanto la brexit continua il suo accidentato percorso. alla luce di questo è possibile fare qualche considerazione sul mese di dicembre circa il gbp/usd future?

All'inizio di Novembre il board della FED, responsabile della politica monetaria USA, si è trovato d'accordo nel sostenere che sarebbe appropriato un rialzo dei tassi e che questo sarebbe avvenuto «relativamente presto». Questo almeno è quel che è stato riportato nelle "minute", cioè nei verbali, della Banca Centrale americana, relativi alla riunione dell'1 e 2 novembre. In quell'occasione ci fu un nulla di fatto, con i tassi fermi allo 0,5%. Se questa volta, come sembra, la FED dovesse ritoccarli verso l'alto, le conseguenze in prima battuta riguarderebbero circa 9000 miliardi di prestiti in Dollari Usa in giro per il mondo, con la Cina che ne possiede la fetta più grossa pari a 1100 miliardi. Poiché i tassi di interesse negli Stati Uniti potrebbero essere ulteriormente ritoccati in futuro, diventerà più costoso prendere in prestito dollari. Quindi, per rispondere, il dollaro è visto in rafforzamento, anche contro la Sterlina Britannica, laddove si è vista una robusta attività volumetrica osservata nelle ultime settimane. Questo perché un dollaro più forte porta una società o un governo ad avere bisogno di più valuta locale per ripagare il debito, se mancano i depositi in valuta estera.

Si allarga lo spread tra bund e btp. intanto il dax registra un quadro tecnico debole con una rapida correzione che ha portato l'indice di francoforte a quota 10.550 punti nella prima mattinata di martedì. come si chiuderà l'anno per il listino tedesco?

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La tendenza dell'indice DAX resta positiva, anche se per certi aspetti la volatilità è difficile da domare. Il trend sembra ben sostenuto da una intensa attività volumetrica sviluppata a ridosso di quota 10.000, avvicinata dopo l'esito elettorale americano. Ciò vale anche se in chiusura di anno stiamo assistendo ad una marcata erraticità di fondo. Dal punto di vista tecnico la rottura di quota di 10.770 dovrebbe generare un nuovo impulso positivo per target previsti tra 11.000 e 11.570. I livelli di supporto volumetrici a controllo, sono stimati appena sopra 10.000, ma si ritiene che questi non debbano essere considerati a rischio, almeno per ora e per quanto resta del 2016. Semmai delle criticità potrebbero emergere nel primo trimestre del nuovo anno, se verranno confermati i segnali di contrazione del PIL. In un contesto del genere, ovviamente, i rendimenti del Bund tornerebbero a salire, comprimendo di fatto lo spread del decennale tedesco rispetto al BTP italiano.

Dalla fine dell'anno all'inizio di quello nuovo: quali prospettive, in generale sui mercati, per un 2017 che vedrà tante incognite all'orizzonte partendo da trump passando per la brexit e finendo con le elezioni in europa?

C'è una sincronia di ciclo che colloca i mercati finanziari più avanzati su posizioni molto diverse, per cui anche le attese per il 2017, specialmente per i mercati azionari, non sono omogenee. La prolungata fase laterale del mercato americano, contrariamente alle maggiori attese degli operatori, potrebbe nascondere un'importante fase di riaccumulazione pronta ad esplodere al rialzo, vista la forte compressione della volatilità. Da questo punto di vista, probabilmente, l'effetto Trump e quanto di negativo veniva avanzato precedentemente alla sua elezioni, sarebbe già stato smaltito. Diversa è la situazione del mercato tedesco, costretto a metabolizzare in anticipo la scadenza elettorale di settembre 2017, anche se è l'Europa in generale a preoccupare, almeno nel primo trimestre dell'anno, a causa delle obbligate ricapitalizzazioni bancarie e per la quantità di denaro che queste dreneranno dai rispettivi mercati. I tassi in Europa rimarranno ancora bassi, ma per quanto? Di inflazione non si parla più e il QE è rimasta un'opzione monitorata quotidianamente solo da Draghi. Da vedere poi, chi prevarrà nel latente conflitto economico tra Cina e Giappone, per la supremazia dell'area del Pacifico. La Cina è sul filo del rasoio per la bolla immobiliare, mentre in Giappone il grip dell' Abenomics sembra venir meno. Insomma il 2017 per le borse del pianeta sarà un'ardua sfida.

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