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Rincari del 30% sulle bollette. Famiglie e imprese nei guai

Bollette (Photo: Ansa/HP)
Bollette (Photo: Ansa/HP)

L’autunno in arrivo potrebbe portare con sé maxi-rincari sulle bollette. Il governo è già all’opera per cercare di sterilizzare gli aumenti record dei prezzi dell’energia ed evitare che si riversino sui consumatori. Si spera lo faccia prima di ottobre quando l’Arera, l’autorità italiana per l’energia, dovrà aggiornare come ogni trimestre le tariffe di gas ed elettricità che incorporeranno la crescita a doppia cifra, vista nelle ultime settimane, dei prezzi delle principali materie prime. Le cause di questi rincari sono da addebitare alla lunga coda della pandemia nelle catene di fornitura e al boom della domanda globale seguita alla ripresa post lockdown. Aumenti a monte che presto potrebbero arrivare a valle, andando a gonfiare le bollette domestiche e il conto energetico delle imprese. Cifre ufficiali ancora non ce ne sono ma gli analisti di mercato si aspettano più o meno un 30% in più per il gas e 20% per la luce.

L’ultima analisi dell’Enea, l’ente di ricerca per l’energia, stima una crescita tendenziale della domanda di energia e delle emissioni di circa il 6% per l’intero 2021. Solo nel periodo giugno-agosto la richiesta è salita del 24%, dovuta in parte a un aprile più freddo (più riscaldamenti) e un giugno più caldo (più condizionatori). L’aumento dei prezzi delle materie prime è oggi sempre più fonte di preoccupazione ma nel caso energetico si unisce agli alti costi per i diritti di emissioni di CO2 che devono affrontare le imprese per incentivare il passaggio verso l’economia green. Secondo i dati Prometeia, tra novembre 2020 e giugno 2021 il costo dell’energia per le imprese è salito di oltre il 70%, quello di gas naturale del 113%, del petrolio del 67%

“Confindustria sta monitorando con preoccupazione l’escalation congiunturale dei prezzi delle principali commodity, tra questi quello dell’energia elettrica”, ha detto il presidente di viale dell’Astronomia Carlo Bonomi. “Queste tensioni di mercato devono essere gestite, non devono farci arretrare rispetto agli obiettivi di sostenibilità”. L’Istat oggi ha confermato che il trend al rialzo non invertirà la rotta nel breve periodo. “Dalle aspettative di inflazione degli operatori economici ad agosto sono emerse indicazioni di nuovi incrementi dei prezzi per i prossimi mesi”, si legge in una nota in cui si rileva anche che è “salita la percentuale dei consumatori che si attendono un forte aumento dei prezzi, mentre tra le imprese si manifestano attese di rincari nel settore delle costruzioni e per i beni del comparto manifatturiero destinati al consumo”.

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I timori di un aumento percentuale a doppia cifra nelle bollette autunnali rischiano perciò di rallentare il ritmo della ripresa economica. “I dati sulla produzione industriale di luglio sono migliori delle stime e confermano il trend di robusta ripresa ma si guarda con preoccupazione alla spirale rialzista dei prezzi delle materie prime legate all’energia che possono far perdere vigore alla crescita economica”, rileva la Cna.

Il Governo sta perciò pensando di correre ai ripari come già aveva fatto in piena estate. A luglio, per evitare che le bollette per l’energia lievitassero di oltre il 20%, il Governo ha adottato un provvedimento d’urgenza per mitigare l’impatto del caro materie prime e riducendo il rincaro a +9,9% l’elettricità e +15,3% il gas. Il risultato è che su base annua, secondo le stime di Arera, una famiglia-tipo italiana pagherà circa 62 euro in più di elettricità e 13 euro in più di gas.

Ma potevano essere di più. Le risorse per attutire il (primo) colpo del caro-energia, e inserite nel Decreto Lavoro e imprese del 30 giugno scorso, ammontano a più di un miliardo. Si è cercato di racimolare più soldi da più fondi, una parte (circa 80 milioni) attinti persino dal programma Parchi per il Clima, e quindi alle aree verdi e protette italiane. Un controsenso logico in tempi di transizione ecologica che non ha mancato di sollevare polemiche, spente dalla promessa del ministro Roberto Cingolani di ripianare al più presto l’ammanco.

Il Governo ora sta pensando di mettere in atto misure simili di compensazione. L’idea, ipotizzata insieme all’Autorità per l’energia, è di un intervento a lungo termine sugli oneri di sistema, quelli che ogni bimestre gonfiano le voci in bolletta, ma che c’entrano poco con i consumi effettivi, perché destinati alla copertura di costi relativi ad attività di interesse generale per il sistema energetico. L’ipotesi più probabile è di mettere mano al prelievo per la messa in sicurezza del nucleare e alle agevolazioni tariffarie riconosciute per il settore ferroviario. Va tenuto conto infatti che, come riporta uno studio di SOStariffe, la materia prima energia incide in media per una forchetta che va dal 28 al 37% del costo finale. Un’altra ipotesi allo studio del Governo è di attingere come fatto a luglio dai fondi ricavati dalle aste del mercato europeo dei permessi di emissione di CO2.

Ma il problema non è solo italiano. Secondo Eurostat, il tasso di inflazione della zona euro ad agosto è stato del 3%, rispetto al 2,2% di luglio, segnando il più grande aumento dei prezzi nella regione dal novembre 2011. A trainare il rialzo, nemmeno a dirlo, è stata principalmente la voce dell’energia, che ha registrato un aumento del 15,4% rispetto al 14,3% di luglio. La Spagna, che sta collezionando un record dopo l’altro e ha visto il costo salire al livello più alto dal 2002, ha comunicato che quest’anno i prezzi energetici potrebbero triplicare. Non a caso anche lì il Governo spagnolo sta pensando a misure compensative che possano riportare la situazione sui livelli del 2018.

Oggi sui mercati europei il prezzo per megawattora ha superato, in alcuni casi anche abbondantemente, i 100 euro: in Italia si aggira intorno a i 130 euro, a maggio 2020 si aggirava sui 20 euro. A dare ulteriore spinta ai prezzi dell’energia, come detto, ci sono poi i diritti di emissione di CO2 nel sistema delle quote di emissione (ETS): in pratica si tratta dei diritti per le imprese di emettere una quantità prestabilita di anidride carbonica. Queste quote, scambiate sui mercati, hanno visto il loro valore di mercato aumentare di pari passo con la ripresa economica e con la forte spinta della Commissione Europea a tagliare le emissioni per avvicinare prima il traguardo della neutralità climatica. Se a marzo scorso il prezzo era di 40 euro per tonnellata, oggi si è arrivati a scambiare una tonnellata di CO2 a più di 60 euro.

Questo articolo è originariamente apparso su L'HuffPost ed è stato aggiornato.

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