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Rischio alpino, in attesa di Wall Street

Ieri le borse USA erano chiuse, per la Festa dei Presidenti. Come capita quasi sempre, il faro americano spento ha quasi bloccato l’attività nel resto del mondo, sempre molto restio a prendere iniziative senza il consueto riferimento.

La giornata è stata pertanto abbastanza anonima e con scostamenti minimi, che in Europa si sono limitati ad acquisire quella parte di rialzo che venerdì i mercati USA avevano messo a segno quando le borse europee erano già chiuse.

Solo le questioni politiche riservano un minimo di emozione, riuscendo a orientare la forza dei vari listini in base ai sondaggi ed agli scossoni politici di giornata.

E’ proprio per la politica che ieri gli unici due listini azionari che hanno chiuso in negativo, sebbene di poco, sono stati quello francese e quello italiano. In realtà la borsa peggiore è stata quella olandese, ma qui il motivo è dovuto al tonfo di un solo titolo, Unilever (NYSE: UL - notizie) , dopo il ritiro dell’offerta di acquisto da parte di Kraft che venerdì l’aveva fatto schizzare al rialzo.

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La Francia accusa la pubblicazione di nuovi sondaggi da cui emerge il rafforzamento di Marine Le Pen (Other OTC: PENC - notizie) , sempre più distante dagli inseguitori nelle intenzioni di voto del primo turno. Quel che preoccupa è il fatto che lo sfidante più accreditato, il giovane Macron, sta perdendo un po’ di simpatie elettorali e risulta appaiato al candidato gollista Fillon, rischiando così di non riuscire ad ottenere il ballottaggio.

Gli analisti giudicano Fillon meno adatto a raccogliere il consenso moderato e quello di sinistra per scavalcare al ballottaggio la tosta leader nazionalista. Ieri oltre le incertezze dell’azionario si è continuato a vedere lo spread OAT-Bund salire e raggiungere nel primo pomeriggio il record storico di 82 punti base. Nell’agosto scorso era stabilmente appena superiore ai 20 punti. Sembra un secolo, ma è solo 6 mesi fa. Ora chi parla di rischio Francia non viene più considerato un extraterrestre.

In Italia si sono subite, anche se forse meno del temuto, le conseguenze dello psicodramma del PD. In Italia tutto è sempre drammatico, al punto che spesso si deborda nel ridicolo. Mentre si sprecano ancora appelli a fermare l’autodistruzione da parte dei padri nobili del partito (Prodi, Enrico Letta) l’orologio della scissione avanza inesorabile. Ma intanto si contano molti indecisi anche tra coloro che sembravano i leader dell’insurrezione. Emiliano, per esempio, non ha fugato le incertezze ed ambiguità del suo intervento di domenica scorsa. Molti leaderini locali stanno riflettendo su quale dei due tronconi garantirà meglio la coltivazione del proprio orticello politico. Intanto si cercano avversari di Renzi al Congresso, per non dare l’impressione di una gestione “bulgara” del partito. Orlando si è già proposto di fare il pugile che allenerà il campione, mentre si cerca, per ora invano, di convincere Enrico Letta a rientrare in patria per tentare di restituire a Renzi il noto rospo “Enrico, stai sereno”.

In questa situazione la frammentazione del partito è un dato di fatto e non è mai capitato che un partito che perde pezzi acquisti voti. Pertanto, tra le risate di gioia della destra nazionalista ma anche dei berlusconiani, che diventano indispensabili in un governo da fare con un sistema elettorale proporzionale, le prese in giro di Grillo, che sfotte amabilmente Renzi come fa chi è ormai sicuro di vincere, i mercati si interrogano sull’entità del rischio Italia. Le banche restano nel limbo dell’incertezza, gravate di sofferenze che stentano a smaltire, lo spread rimane ben sopra i 180 punti, sebbene la legge elettorale da sistemare ed il congresso PD che richiederà 4 mesi, allontanino la resa dei conti elettorale almeno a dopo l’estate, probabilmente in concomitanza con le elezioni tedesche. Ma intanto ci saranno le amministrative a tenere allegro lo spread, oltre al contagio proveniente da oltralpe.

L’unica nota positiva della giornata, nella famiglia degli anelli deboli dell’eurozona, è arrivata dalla Grecia, dove pare che l’Eurogruppo sia disposto a rivedere ed alleggerire le condizioni capestro poste alla Grecia per ottenere le necessarie tranche del prestito da 86 miliardi promesso nel 2015.

Da oggi fino a luglio si rivedranno le riforme richieste per allentare un po’ l’austerità, in modo che Tsipras riesca a digerirla meglio e il Fondo Monetario accetti di partecipare al finanziamento.

L’accordo puzza parecchio di rinvio dei problemi. Siccome la Grecia non ha necessità di soldi fino a luglio, temo che verrà tenuta sulla graticola ancora una volta fino all’ultima ora utile, e l’accordo verrà trovato la notte prima della scadenza dei prestiti che dovrà pagare. Però la comunicazione data alla stampa parla chiaramente di meno austerità, per cui è verosimile che, se non proprio tutti, la maggioranza dei ministri europei creditori sia disposta ad allentare un po’ il morso. Del resto nessuno ha voglia di regalare a Marine Le Pen un ulteriore argomento per insultare l’Europa in campagna elettorale.

Autore: Pierluigi Gerbino Per ulteriori notizie, analisi, interviste, visita il sito di Trend Online