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S&P: se in Italia vince il NO prepariamoci a mercati turbolenti

L'Italia è veramente a un bivio? Il referendum del 4 dicembre potrebbe essere veramente una bomba ad orologeria che farà deflagrare i mercati, l'economia italiana e l'intera Unione Europea, compresa la moneta unica? Difficile capirlo, soprattutto alla luce dell'ultima sorpresa che Londra ha dato all'Unione e cioè la sua uscita.

La view di S&P

Stando alle previsioni di S&P, una vittoria del No porterebbe a un aumento della turbolenza sui mercati senza però creare lo stesso scompiglio registrato durante il 2010 grazie alla presenza del piano di allentamento monetario creato dalla Bce (Toronto: BCE-PRA.TO - notizie) e che potrebbe continuare anche dopo il 2017, stando a quanto fatto intendere da Mario Draghi durante il suo ultimo discorso in occasione della presentazione del dibattito sul rapporto annuale 2015 della Bce. Ovviamente l'incertezza politica derivante creerebbe agitazione, ma la prospettiva di un governo tecnico che traghetti l'Italia verso nuove elezioni è l'opzione più probabile secondo la banca d'affari Usa.

Andando al di là delle considerazioni di S&P che vedono proprio nel settore bancario e nelle debolezze derivanti dal peso dei Npl, il principale fattore di tensione, il problema di fondo sta tutto nelle conseguenze che il risultato avrà a livello sia politico che economico.

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La situazione in Italia

Partendo dal primo, ormai sembra cosa certa che la vittoria del No porterà alle dimissioni del premier Matteo Renzi (sebbene anche questo punto non è del tutto chiaro visto che sempre più spesso i rappresentanti del governo dichiarano senza problemi che la scadenza dell'esecutivo resta quella naturale o alla peggio un rimpasto di governo dovrebbe essere un'altra opzione possibile), il che rischia di trasformare il voto in una questione prettamente politica a prescindere dal contenuto della domanda sulla scheda. Il problema, però, è anche più complesso visto che al governo è legato a filo doppio anche il destino del settore bancario, in piena trasformazione e, quindi, in fase di riforma: venendo meno il governo oppure essendo questo impegnato in un'opera di rimpasto o ancora, dovendo perdere tempo per riuscire a ricostruire la base di fiducia persa con una vittoria del No, è innegabile che il percorso di rafforzamento del settore del credito, e su tutti il lungo iter di riforma delle Popolari oltre che il salvataggio sempre più incerto e complesso di Banca MontePaschi, subirà uno stop che si rifletterà anche su Piazza Affari attualmente ben al di sotto non solo della soglia psicologica dei 17mila punti ma addirittura di quella dei 16.500. Infatti mentre si scrivono queste righe i Ftse Mib ondeggia verso un passivo oari a -1,4%.

Spread: quanto è valido?

Non solo, ma in questo caso è necessario fare anche un'altra considerazione: lo spread, complice le manovre di accomodamento della Bce, non è più il vero specchio per capire lo stato di salute dell'economia di una nazione, più affidabile sembra essere il settore bancario. Ebbene, guardando ad entrambi i parametri nessuno dei due suggerisce sicurezza soprattutto considerando il differenziale tra Bund e Btp arrivato 186,5 mentre quello con i Bonos spagnoli è arrivato a 133,6. Il tutto sullo sfondo di un debito pubblico che dopo aver ritoccato nuovi massimi storici è “sceso” alla cifra di 2.212,6 miliardi di euro ovvero il 132,6% del Pil, il peggiore in Europa dopo la Grecia.

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