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Salvini, Meloni e Berlusconi non riescono neanche a fissare un vertice

(Photo: Antonio Masiello via Getty Images)
(Photo: Antonio Masiello via Getty Images)

“Come sto? Col cerotto in testa” risponde il senatore forzista (romano) Giro, uno dei pochi che almeno risponde. Ventiquattr’ore dopo lo tsunami del quasi-cappotto, il centrodestra fatica a ritrovare la voce. Men che mai unitaria. A partire dai leader: il decisivo vertice del centrodestra per analizzare le cause della sconfitta alle amministrative e ricompattare la linea ancora non è in agenda. A martedì pomeriggio, la data non è fissata: gli impegni reciproci complicano gli incastri, dicono. In realtà, quello che manca è proprio il terreno comune, con Meloni in pressing sugli alleati per chiudere la pagina governativa, e il rischio concreto di veemente rimpallo di responsabilità sul voto.

Forza Italia, Lega e FdI sono più distanti che mai. Ognuno con la propria mappa in testa. Quella meloniana almeno è chiara. La ribadisce, nel cortile di Montecitorio, il capogruppo Lollobrigida: “Se in questo governo i ministri di centrodestra sono ospiti, se il loro peso è marginale, se i provvedimenti varati sono quelli del programma della sinistra, a un certo punto bisogna trarne le conseguenze. Serve la schiena dritta. E’ un consiglio che diamo”. Sulle comunali, macché candidati deboli: “E’ mancata un’alternativa chiara”. Posizione che, nonostante il no di Salvini, nella Lega qualche sponda la trova. Borghi ha lanciato un sondaggio su Twitter - Non ci voti più perché a) appoggiamo Draghi b) non capisco più la linea c) non voglio il green pass d) non gradivo il candidato – e aspetta i risultati.

L’ala sovranista è furibonda per la nonchalance con cui gli azzurri rivendicano i “loro” risultati in Calabria e a Trieste. Si fa notare en passant che nella Cosenza del neo-governatore calabrese Occhiuto il centrodestra ha perso 42 a 57%. Che a Roma l’unico eletto in consiglio comunale è il centrista Di Stefano, voluto da Cesa. Alla fatidica domanda – come state? – Mulé risponde citando Berlusconi: “Abbiamo il sole in tasca”. Lollobrigida rievoca: “L’ultimo che l’ha detto è stato Alfano e si è sciolto il Pdl”. Ritorce contro i M5S: “D’Incà mi ha chiesto se ci siamo ripresi.. lui a noi...”

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Da Forza Italia nascondono più di un sogghigno. Ce l’hanno con FdI: “La caduta di Michetti è cominciata dopo l’estate, l’hanno sequestrato loro per affidarlo in esclusiva a Trancassini. Non si è mai riunito un comitato dei tre partiti per decisioni di peso… Di che si lamentano adesso?”. A onor del vero, non si lamentano, poiché pare che anche tra dirigenti e parlamentari – inner circle escluso – il telefono è muto. La botta è ancora troppo forte. Ma il vetriolo azzurro non risparmia neppure i leghisti, che sarebbero sodisfatti dei risultati a Desio, Sansepolcro e Lanciano: “Contenti loro…”.

L’arrivo di Berlusconi a Roma incombe, ma anche il Cavaliere ha le sue spine: domani si vota il capogruppo alla Camera e si profila uno scontro tra il pupillo di Tajani, Barelli, e Sestino Giacomoni, sostenuto dai governisti che chiedono (ministri compresi) il voto segreto, salvo che si spariglino le carte con un terzo nome (Valentini). Domani, archiviata la questione Lamorgese su cui battono Salvini e Meloni, si riparte con la controversa mozione per lo scioglimento di Forza Nuova. E il vertice della pace finisce in lista d’attesa.

Questo articolo è originariamente apparso su L'HuffPost ed è stato aggiornato.