Annuncio pubblicitario
Italia markets closed
  • Dow Jones

    38.085,80
    -375,12 (-0,98%)
     
  • Nasdaq

    15.611,76
    -100,99 (-0,64%)
     
  • Nikkei 225

    37.628,48
    -831,60 (-2,16%)
     
  • EUR/USD

    1,0732
    +0,0031 (+0,29%)
     
  • Bitcoin EUR

    60.563,05
    +861,41 (+1,44%)
     
  • CMC Crypto 200

    1.398,50
    +15,93 (+1,15%)
     
  • HANG SENG

    17.284,54
    +83,27 (+0,48%)
     
  • S&P 500

    5.048,42
    -23,21 (-0,46%)
     

Se Wall Street è ipercomprata

Quella dell’analista tecnico è una professione poco seria ma difficile. Come un farmacista. Anzi, no: come un alchimista, che deve impiegare, ponderare, utilizzare una varietà di elementi, nel tentativo di ottenere – se non la pietra filosofale – almeno la risposta al dilemma che quotidianamente angoscia tutti gli investitori. Vale (Swiss: VALE.SW - notizie) a dire: che cosa faranno i mercati?

Spesso la risposta poggia su tali e tanti pilastri da risultare particolarmente agevole; in altri casi può risultare complessa a causa della presenza di fattori che si annullano a vicenda. Una proiezione benigna, entusiasmante, è neutralizzata da un’altra che getta un’ombra fosca sulle prospettive dei mercati. In alcuni casi poi l’elemento tecnico, seppur raffinato, risulta poco affidabile per via di una limitatezza statistica.

Spieghiamoci con un esempio. Prendiamo ovviamente Wall Street, e parliamo di un aspetto che da diverse settimane cattura l’attenzione: l’ipercomprato. I manuali di cento anni – beh, non esageriamo: diciamo quelli usciti poco dopo l’avvento dei personal computer – suggeriscono che i mercati che raggiungono un eccesso vadano venduti, e comprati quelli che si trovano in posizione specularmente opposta.

L’RSI è il popolare indicatore utilizzato per questo scopo: convenzionalmente, letture superiori ai 70 punti suggeriscono l’opportunità di vendere, letture inferiori ai 30 punti raccomandano di comprare.

ANNUNCIO PUBBLICITARIO

In effetti sul finire dello scorso anno il Dow Jones è entrato in ipercomprato, e ciò ha anticipato un violento ridimensionamento, terminato soltanto quando l’RSI è sceso sotto la soglia estrema inferiore. La scorsa primavera di nuovo eccesso, questa volta rialzista, e via di consolidamento, che a più riprese ha sfiorato l’ipervenduto; da cui il mercato è decollato, poco prima delle elezioni presidenziali USA.

Ma che succede, ora? Il Dow Jones è in ipercomprato da 29 sedute consecutive, se accettiamo come estrema la lettura dell’RSI (69 punti) del 18 novembre e la borsa non solo non è scesa, ma si è addirittura arrampicata a nuovi massimi storici, ripetuti ad oltranza.

Evidentemente – questo i manuali non lo dicono – un ipercomprato, reiterato, è sintomo di forza, e va assecondato comprando, e non già vendendo. Questo è pacifico per tutti; ma che messaggio ci fornisce un mercato che rimane in tale condizione per così tanto tempo? Non si rischia l’embolia o qualche danno cerebrale per mancanza di ossigeno al cervello?

L’istogramma in alto mostra il numero di volte che l’RSI si spinge oltre i 69 punti nell’arco delle ultime 20 sedute. Ad evidenza, l’indicatore è a tavoletta da nove giorni, come detto. Prima d’ora, una simile circostanza, un pochino meno estrema, è stata registrata soltanto sul finire del 2014; e fu pagata con un marcato rallentamento della crescita delle quotazioni azionarie.

Allarghiamo la visuale: cerchiamo tutti i casi simili dal Dopoguerra ad oggi.

Mmmh… non ha un bell’aspetto: se escludiamo la casistica che precedette la bolla speculativa della seconda metà degli anni Novanta (Francoforte: 1GSN.F - notizie) , un ipercomprato così prolungato è stato registrato a gennaio 1972, ad inizio 1976, nel 1987, fra gli altri casi. Tutte circostanze che anticiparono severi ribassi di mercato, come è ben noto a tutti.

Il problema di questo setup tecnico è la sua limitatezza: una manciata di casi è inaccettabile, come base per formulare una previsione. C’è dell’altro. Siamo a Natale e non possiamo lasciare con l’amaro in bocca i nostri quattro lettori. E allora impegniamoci in uno slancio di ottimismo: la borsa americana è scesa nei mesi di agosto, settembre ed ottobre. In misura marginale nei primi due casi, d’accordo. Ma la curiosità è femmina, come l’analisi tecnica – e a noi altri poveri operatori del settore tocca chiedere l’intercessione delle alte cariche dello Stato per chiedere la ridenominazione della professione al maschile: analisto! – e questo ci ha spinto a verificare quando mai, in passato, si è concretizzato questo setup stagionale.

Proprio così: prima di questo interessante 2016, una ricorrenza stagionale analoga è stata registrata nel 1990, nel 1977, nel 1957, e in generale prima di rialzi pluriennali.

Peccato. Peccato che anche in questo caso la casistica, per quanto brillante, sia limitata ad una manciata di rilevazioni: troppo poco.

Fatica sprecata. Ma perlomeno, siamo stati in compagnia dei nostri affezionati lettori, che hanno avuto la bontà di impiegare il loro tempo nella consultazione di questa colonna. A loro va la nostra gratitudine, e il migliore augurio di buon Natale e di un radioso 2017.

Autore: Gaetano Evangelista Per ulteriori notizie, analisi, interviste, visita il sito di Trend Online