"Senza Cesa con chi trattiamo?". Effetto Catanzaro sulla crisi di governo

Da Palazzo Chigi non esce un fiato, le chat del Movimento 5 stelle esplodono. Lorenzo Cesa non è più un vecchio arnese dell’era berlusconiana, come i pentastellati lo avrebbero bollato non più di qualche settimana fa, il segretario di un partito inesistente. Lorenzo Cesa è uno dei possibili perni dell’operazione “responsabili”, i tre senatori dello scudocrociato se non sono determinanti per la sopravvivenza del governo poco ci manca, e la notizia deflagrata in mattinata di un avviso di garanzia della procura di Catanzaro per “associazione a delinquere aggravata da metodo mafioso” è stato come tirare un sasso su un vespaio già pericolante.
“Per assurdo tutto questo potrebbe favorire la trattativa”, dice un pontiere, che raggiunto a metà mattina ancora non sapeva ben valutare il possibile impatto della notizia sul piano di allargamento della maggioranza. Il ragionamento è questo: con Cesa per ragioni di opportunità fuori dai giochi, e in una condizione di spaesamento generale all’interno del suo partito, potrebbe essere più facile una sorta di tana libera tutti che renda attrattivo il cambio d’aria per i tre senatori che compongono la piccola pattuglia democristiana. “Il problema è che noi con Cesa trattavamo, così viene a mancare un interlocutore politico, ora con chi si parla?”.
La situazione si complica, ed è soprattutto il Movimento 5 stelle a ribollire. Fino a qualche mese fa di fronte a un caso del genere (oltre al caso Cesa è stato arrestato anche Franco Talarico, assessore in Calabria e coordinatore regionale dell’Udc) si sarebbero moltiplicati feroci post di attacchi e indignazione, dita puntate con giudizi dati per direttissima su Facebook per demonizzare l’avversario e rimarcare la propria diversità. I social e le agenzie di stampa tacciono. A esporsi, anche per il ruolo ...
Questo articolo è originariamente apparso su L'HuffPost ed è stato aggiornato.