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Si moltiplicano allarmi sull'Italia: anche Socgen non si fida

Non è solo George Soros a lanciare l'allarme sull'Italia, anche Societe Generale (Swiss: 519928.SW - notizie) non si fida molto del nostro paese.

I cigni neri di Socgen (Parigi: FR0000130809 - notizie)

Sono tornati. I cigni neri, che solitamente si alzano in volo alla fine e all'inizio di ogni anno, questa volta virano sui cieli dei mercati estivi. Ad evocarli, uno studio di Societe Generale che illustra gli eventi, positivi e negativi, che potrebbero cambiare le performance di molti asset finanziari. E come spesso accade, le view negative superano del doppio quelle positive. Infatti sono ben 7 i cigni neri che vincono numericamente sui 3 cigni bianchi, ma la cosa più preoccupante è che tra loro uno riguarda proprio la situazione italiana.

Nell'outlook sull'economia mondiale parte da quello che appare come il problema più grave e statisticamente più probabile: il rallentamento, se non addirittura il freno totale, delle riforme fiscali in Usa. L'amministrazione Trump è da tempo bloccata su questo scoglio: inizialmente il problema era rappresentato paradossalmente proprio dalla vastità del programma di riforma, vastità i cui particolari tecnici non sono mai stati specificati se non a grandi linee. A questo si aggiunga anche la storica ritrosia dei repubblicani verso i considerevoli tagli e le ancora più radicali semplificazioni fiscali che, a loro volta, insieme alla vasta serie di investimenti pubblici proposti dal presidente, avrebbero fatto esplodere, sul lungo periodo, un debito pubblico già ai massimi storici.

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I numeri

Ebbene alla possibilità che non arrivi nessun bazooka fiscale, Socgen attribuisce una percentuale del 30%. Poco meno (25%) viene attribuita al fattore politico europeo, inteso come elemento destabilizzante e potenziale fonte di rischi. Impossibile non citare anche la Cina: il gigante asiatico potrebbe ancora inviare segnali di rallentamento nei prossimi mesi con quella crescita che, sebbene attestata al 6,5%, non è certo vista come in aumento per il futuro. L'hard landing di Pechino, infatti, non è certo un evento superato e per questo motivo Socgen non esita ad attribuire una possibilità del 15% che si verifichi. La possibilità di un'azione riformista sul Vecchio Continente resta una possibilità remota a cui viene dato non più le 5% di probabilità che si realizzi. Una piccola spinta, però, potrebbe arrivare dalle aziende private e dall'aumento dei loro investimenti sull'onda di una fiducia generalizzata verso la ripresa, eventualità cui Socgen concede il 10%. Ma la prospettiva positiva trova inesorabilmente i suoi ostacoli nelle incertezze politiche: la presenza di partiti contrari all'establishment resta una spada di Damocle che si ripresenta ad ogni consultazione elettorale, prima fra tutte quella italiana in arrivo.

Gli altri allarmi

L'allarme si va ad aggiungere a quello lanciato non più tardi di 24 ore fa da Marc Faber che teme le sorti di Wall Street, nel bel mezzo, secondo la sua visione, di una bolla gigantesca che coinvolgerebbe tutti gli asset, nessuno escluso. Attualmente il mercato statunitense è in forte crescita, trend in realtà presente già da circa nove anni, ma che ultimamente ha visto infrangersi record storici in maniera compulsiva. Un andamento che, però, non è giustificato dai fondamentali di un’economia che, per quanto in ripresa, resta pure sempre con diversi punti interrogativi al suo interno. Per questo motivo Faber prevede che quando questa bolla esploderà, gli investitori potrebbero arrivare a perdere anche metà del loro capitale. A questa previsione si aggiunga anche un altro allarme, quello di George Soros che durante il Brussels Economic Forum, ha puntato il dito contro il Regno Unito, impegnato in un estenuante camino per l'uscita dall'Unione, una Brexit che potrebbero durare anche 5 anni, assorbendo energie e quindi distraendo i 27 dai problemi più urgenti del nuovo blocco ormai orfano di Londra. Ma questo potrebbe non essere l'unico problema: all'orizzonte, infatti ci sarebbe una minaccia più pericolosa, quella dell'Italia coinvolta in una crisi che investe non solo il panorama finanziario, con la crisi bancaria, ma anche quello politico (e di conseguenza anche sociale) con la crisi migratoria.

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