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Si torna indietro di 10 anni. Ed è un bel salto in avanti

Rome's newly elected mayor, centre-left candidate of the Democratic Party (PD), Roberto Gualtieri (C) celebrate with PD's general secretary Enrico Letta (L) and Presdient of the Latium region Nicola Zingaretti, as he celebrates his victory with supporters in Rome on October 18, 2021. - With counting complete in more than 92 percent of polling stations, Roberto Gualtieri was leading with more than 60 percent over Enrico Michetti, a lawyer and local talk radio host with no prior political experience. (Photo by ANDREAS SOLARO / AFP) (Photo by ANDREAS SOLARO/AFP via Getty Images) (Photo: ANDREAS SOLARO via Getty Images)

Gli Italiani che sono andati a votare ieri e oggi, molto pochi a dire il vero, hanno guardato all’essenziale. Guidati dal buon senso, hanno scelto la rassicurazione e la normalità.

E’ come se fossimo tornati indietro di dieci anni. I risultati di Roma e di Torino (trionfali per il centrosinistra) fanno riportare le lancette dell’orologio più o meno a dieci anni fa, quando Marino stravinceva nella capitale e Fassino si prendeva la città della Mole. Gualtieri e Lo Russo riportano le due città saldamente nelle mani del centrosinistra con un distacco dal candidato di centrodestra che è una voragine.

Il risultato non è di poco conto considerato che nei dieci anni intercorsi tra il 2011 e il 2021 è successo di tutto. Un sistema politico, il nostro, rivoltato come un calzino dai populisti di destra e di sinistra, un tripolarismo perfetto che affida un terzo del Parlamento a cittadini-portavoce venuti da chissà dove, due sindache invelenite contro il sistema erette a simbolo del nuovo, e il trionfo dell’uomo comune, non nel senso di simile a noi, ma nel senso di molto peggiore di noi. Sullo sfondo, una destra che si spostava sempre più in là e abbracciava eccitata l’ideologia razzista, intollerante e ipernazionalista di Orban e Le Pen, sommergendo di like fili spinato e muri.

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Se possiamo scorgere una tendenza dai ballottaggi di oggi, pur tenendo in mente che le grandi città non hanno mai rappresentato il paese, è la ricerca quasi angosciata degli Italiani di una sana normalità, della calma dopo la tempesta (la pandemia), della chiarezza dopo l’incertezza, dell’argomentazione pacata dopo la propaganda taroccata e l’istupidimento da show. Stanchi di genuflettersi davanti a leader-influencer, leader-istrioni, leader-in-delirio-di-onnipotenza, gli elettori si sono girati dall’altra parte e sono andati altrove.

Due fenomeni aiutano a spiegare. Primo, il ritorno a casa dei Cinque Stelle. Non vi è dubbio che la gran parte degli elettori 5 Stelle, al ballottaggio, abbiano scelto candidati di centro-sinistra. Sapevamo bene che il M5Stelle era un mélange di elettori di destra e sinistra; ma quelli che venivano da destra da tempo lì sono tornati, tra le fila della Lega e di Fratelli d’Italia. Da oggi possiamo dire che una gran parte di sostenitori dei 5Stelle è tornata a votare in gran parte a sinistra e per il Pd e che la scommessa di Enrico Letta ha decisamente pagato. L’aiutino di Conte che annuncia di votare per Gualtieri è stato il primo passo di un’alleanza che al netto dei mal di pancia e dei risultati ancora deludenti in alcune parti del paese è destinata a diventare matura. Con il ritorno a casa, il populismo arrembante e anticasta dei grillini si è sciolto come neve al sole e soprattutto si è sciolto sotto al sole del Pd; quanto questo gioverà ai 5Stelle lo vedremo, certamente ha fatto bene al partito democratico.

Secondo, la saldatura che tutti abbiamo visto tra la destra di Salvini e Meloni e le piazze dei No Vax e No Green Pass, nel momento in cui stiamo uscendo dalla fase più difficile della pandemia e il paese sta riaprendo. Con la degenerazione dell’assalto da parte dei fascisti di Forza Nuova alla sede della Cgil. Se un leader di Forza Nuova sale sul palco insieme a esponenti dei No Green Pass, c’è qualcosa che non torna; se quelli che manifestano contro la dittatura sanitaria poi hanno le braccia coperte di tatuaggi di Hitler e del Duce (due dittatori anche loro, a proposito di paradossi e di confusione) allora non si capisce più niente. Ed è difficile poi distinguere le mele buone (certamente tante) da quelle cattive, perché si crea il caos. L’effetto rovinoso per il centrodestra di questa commistione si è visto non solo a Roma e a Torino ma anche a Trieste, città da giorni in preda a proteste di ogni tipo, dove il candidato di centrosinistra ha fatto un mezzo miracolo, recuperando 15 punti di svantaggio e sfiorando la vittoria, un recupero da velocista che raramente si vede nei ballottaggi. Che i cittadini di Trieste fossero stanchi dei bivacchi al porto? Delle urla, delle proteste, degli idranti, della polizia pronta a caricare?

Sì, pare che gli Italiani siano stanchi, spossati da mesi di morti, contagiati, malati, tamponati, scivolati per mesi sugli schermi dei nostri televisori come le gocce di un temporale sui vetri delle finestre. Per lo sfinimento molti non sono nemmeno andati a votare, pensando che in fondo i sindaci possano fare ben poco di fronte ai problemi importanti della vita quotidiana (lavoro, lavoro, lavoro); gli altri però in gran parte hanno detto no a chi pensa che le persone di colore non possano soccorrere chi è in difficoltà, a chi ce l’ha con gli Ebrei, a chi pensa di governare il paese cincischiando con gente che rimpiange i fasti del nazismo, a chi vomita violenza su una donna di 93 anni uscita per miracolo da Auschwitz. Viene da dire una sola cosa: vivaddio.

Questo articolo è originariamente apparso su L'HuffPost ed è stato aggiornato.