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Socialing, un nuovo modello per parlare ai consumatori

Per le aziende non basta più l’aggressività del marketing ma serve un approccio più diretto ed etico

Socialing (Fotolia)

Il marketing, aggressivo e un po’ millantantore, per conquistare i consumatori non basta più. La crisi ha certo cambiato le priorità d’acquisto, ma anche più complessivamente l’approccio al consumo, spingendo le persone a rivalutare tempi, stili e modi di fare.

Più sobrietà, più etica, più sostenibilità, e soprattutto il desiderio di compartecipare la nascita di nuove attitudini più sane a livello globale, non solo personale. Secondo una recente indagine di GfK Eurisko, il 34,3% degli italiani mette al centro criteri etici, sociali e ambientali quando acquista un prodotto. Il 47,4% degli intervistati, invece, negli ultimi 12 mesi ha preferito lasciare sugli scaffali prodotti di aziende che hanno dimostrato poco rispetto per l’ambiente o per i diritti dei lavoratori.

Segnali chiari, che le aziende non possono trascurare, e a cui rispondono con un nuovo mantra: il socialing. Un neologismo che coniuga responsabilità sociale di impresa e marketing ma che soprattutto parla di un nuovo rapporto con il consumatore. L’azienda che mette al centro il socialing punta non solo su reputazione, autenticità e attenzione al prezzo, una triade troppo spesso sbandierata dalle azienda, ma vive diversamente l’impresa, che diventa luogo sociale in cui produrre un valore reale non per la massa dei consumatori, ma per individui singoli.

Se il consumatore sente il bisogno di riformulare acquisti e comportamenti perché pensa che il suo benessere soggettivo vada ripensato in rapporto all’altrui benessere, inteso anche come salvaguardia del pianeta e dei diritti fondamentali, le aziende non possono sentirsi al di sopra di questo sentire. Cosa dovrebbero quindi fare per far sì che l’approccio socialing sia una risposta concreta al cambiamento e non solo un manifesto teorico di un nuovo modello economico-culturale?

Di fondo, devono riconcepire le proprie strategie, cercando di assecondare i bisogni del consumatore e non di trainarli a proprio piacimento. Devono migliorare sistematicamente il rapporto qualità-prezzo della propria offerta, perché anche da lì passa il rapporto col cliente. Devono pensare che il territorio in cui operano è un asset importante a cui contribuire e non solo da cui prendere e che tutto il contesto in cui un’azienda opera è di fondo una comunità a cui apportare innovazione intellettuale e logistica.

Se prima l’azienda, al fine di dominare il mercato, voleva dominare anche i consumatori, adesso deve scendere dalla cattedra e guardare orizzontalmente al proprio target.

E non solo a quello. Come dimostra il recente European Socialing Forum svoltosi a maggio a Milano, la riscrittura di un modello economico che pensa anche alle tematiche ambientali, alla distanza tra paesi più e meno sviluppati, all’individuo e alle reti sociali, ha bisogno non solo di approcci sul campo ma anche della condivisione di principi fondamentali.

Insomma, il consumatore è prima di tutto un cittadino e come tale è un soggetto di diritti.