Annuncio pubblicitario
Italia markets open in 6 hours 8 minutes
  • Dow Jones

    37.775,38
    +22,07 (+0,06%)
     
  • Nasdaq

    15.601,50
    -81,87 (-0,52%)
     
  • Nikkei 225

    37.305,14
    -774,56 (-2,03%)
     
  • EUR/USD

    1,0642
    -0,0005 (-0,04%)
     
  • Bitcoin EUR

    59.303,07
    +1.568,90 (+2,72%)
     
  • CMC Crypto 200

    1.305,49
    +419,95 (+47,11%)
     
  • HANG SENG

    16.385,87
    +134,03 (+0,82%)
     
  • S&P 500

    5.011,12
    -11,09 (-0,22%)
     

I soldi non fanno la felicità? Li spenderete male

Il modo in cui si spende cambia la percezione del denaro ma anche delle priorità di vita

Acquisti

Se pensate che i soldi non facciano la felicità, sarete più predisposti a spenderli male. Il denaro non serve a comprare la gioia, ma certamente aiuta ad acquisire esperienze che nel tempo si sedimentano e contribuiscono al benessere dell'individuo. Ma solo chi si ferma a riflettere sulle modalità di spesa, raggiunge l'obbiettivo.

Lo affermano nel libro Happy Money: The Science of Smarter Spending  gli studiosi Elizabeth Dunn e Michael Norton: Dunn  insegna psicologia alla University of British Columbia; Norton marketing alla Harvard Business School.

Alla base della cattiva spesa, ovvero all'antitesi del consumo felice, c'è l'incapacità di coniugare più complessivamente gli acquisti all'interno di un orizzonte personale, morale, esistenziale più ampio. Le buone prassi, le regole sociali sono spesso sconnesse dal consumo, generando quindi spese veloci, appagamenti brevi e gratificazioni superflue. Dopotutto, chi penserebbe che l'acquisto di un rimmel possa generare la felicità? Razionalmente, nessuno. Ma come argomentano Dunn e Norton, anche l'acquisto di una Aston Martin  non crea un appagamento durevole.

Perché? Questa tipologia di acquisti di fatto non crea connessione sociale e nemmeno ampliamento del bagaglio esistenziale dell'individuo. Alla creazione di quest'ultimo infatti concorrono le esperienze, i rapporti umani e la capacità di innescare meccanismi virtuosi nella società.

Gli autori stilano cinque principi chiave che mirano ad associare spesa e benessere. Quali sono? Acquista esperienze e non oggetti; perché anche gli studi sul campo dimostrano che l'acquisto di oggetti è meno soddisfacente di quello di eventi, concerti o finali della Champions League.  Compra tempo, ovvero col denaro crea quei meccanismi che ci portano a risparmiare tempo per dirottarlo su esperienze più importanti, accudimento dei figli compresi. Investi sugli altri, perché spendere soldi per gli altri è più stimolante che per se stessi. Acquista oggi, e consuma poi perché un consumo ritardato porta a una maggiore fruizione e anche l'attesa contribuisce al benessere.  Rendi un piacere le attutudini routinarie, variandole per come puoi.

Al cuore del benessere, secondo gli studiosi, c'è la capacità, mediante il denaro, di creare connessioni sociali, a patto di investire i soldi in maniera generosa, guardando più avanti nel tempo, laddove l'acquisto smette di essere consumo e diventa racconto, ricordo, e condivisione di esperienze. La filosofia degli acquisti è più vicina al richiamo al "tempo che fugge" e al modello del piacere ritardato che a quello del carpe diem su cui si regge molto marketing contemporaneo: gratificati adesso, e poi se ne riparla.

Si potrebbe ribattere che i consigli di Dunn  e Norton sono scontati, ma chi li applica davvero? Le regole da loro stilate sono certo più facilmente perseguibili nelle società avanzate, dove il fabbisogno quotidiano non è certo il primo scopo di vita, eppure, come scrivono in un articolo sull'Harvard Business Review, le classifiche mondiali della felicità vedono svettare Paesi lontani dal benessere occidentale. Passando a un piano più concreto, la capacità di concepire una connessione più stretta tra felicità e soldi porterebbe a un ripensamento delle politiche aziendali,  lavorative, sociali.

Un paio di esempi concretizzano alcuni degli assunti di Dunn  e Norton. In un esperimento sul campo hanno chiesto ai partecipanti di spendere almeno 5 dollari al giorno per un'altra persona, azione che li ha resi, secondo il loro giudizio, in media più felici rispetto a un acquisto personale di pari livello.

Citano poi, il caso di un parco divertimenti in cui i gestori non riuscivano a convincere grandi e piccoli a farsi una foto ricordo, pagandola 12 dollari. Meno dell'1% lasciava il parco con la foto ricordo. Hanno quindi consentito alle persone di pagare la cifra che desideravano, anche 0 dollari, ma ricordando che una parte della stessa sarebbe finita in beneficenza. Risultato? Il 4,5% dei clienti ha pagato la foto per una cifra superiore a 5 dollari. Un esempio decisamente indicativo.