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Spagna e Grecia guidano la migrazione dal Sud Europa verso la Germania

Spagna e Grecia guidano la migrazione dal Sud Europa verso la Germania

Spagna e Grecia, ma anche Portogallo e Italia. La crisi economica iniziata nell’autunno del 2007 ha fatto tornare indietro di 40-50 anni l’orologio della Storia. Le nuove rotte dei migranti partono dall’Europa meridionale per raggiungere il centro e il nord Europa. La Germania è, ovviamente, la meta più ambita: per la solidità del suo sistema economico, per un Welfare e una burocrazia snelli ma affidabili, per l’equilibrio fra stipendi e costo della vita. A confermarlo è anche il rapporto International Migration Outlook presentato in questi giorni sui dati elaborati dall’OCSE.

Secondo un’indagine condotta dall’Istituto Tedesco di Statistica i flussi migratori verso la Germania sono stati i maggiori degli ultimi 17 anni, ma se a metà degli anni Novanta erano soprattutto i Paesi dell’est blocco sovietico e la Turchia i principali a fornire lavoratori alla Germania fresca di riunificazione, ora sono quelli dell’area mediterranea a premer sui confini della nazione più popolosa d’Europa. In un solo anno vi è stato un incremento di ben 40mila persone rispetto al 2011. Mentre se si tiene conto di tutti flussi, non solo quelli verso la Germania, in un periodo di quattro anni (2007-2011) c’è stato più che un raddoppio delle migrazioni da parte di Spagna (+124%) e Grecia (+136%), un sensibile aumento da Italia (+42%) e Portogallo (+25%).

Secondo i dati elaborati dall’Anagrafe della popolazione italiana, ben 10.520 italiani, nel 2012, si sono trasferiti in Germania per trovare lavoro. Una cifra consistente, ma comunque inferiore ai 34mila greci e ai 28mila spagnoli che hanno deciso di fare il grande passo verso l’odiosamata “locomotiva” dell’UE spinti da una disoccupazione che ha toccato, rispettivamente, il 28% e il 27%. Una sorta di contrappasso per il Paese che ha imposto sacrifici a 360° e ora si trova accogliere i lavoratori delle nazioni che ha messo in ginocchio.

Se si consulta il database di Eures, il 20% dei posti vananti nei 27 Paesi membri sono in Germania. 

Nell’anno preso in considerazione, sono state 116mila le persone trasferitesi in Germania, Paese il cui tasso di disoccupazione è del 5,4%.
 
Secondo il rapporto, la crisi non solo ha spinto più lavoratori lontano dai loro paesi, ha anche peggiorato le condizioni con le quali si devono confrontare nei Paesi di accoglienza.

In un Vecchio Continente destinato a una pericolosa senescenza gli immigrati diventano sempre più importanti in una prospettiva demografica: “Entro il 2020 – si legge nel rapporto – in assenza di migrazioni, in media, nei Paesi dell’OCSE il numero di individui che entreranno nella popolazione in età lavorativa sarà di circa il 30% in meno rispetto al numero di quelli in uscita da essa”. In ballo c’è la sostenibilità dei sistemi pensionistici e sanitari. Pesi che anche la Germania Über Alles di Frau Merkel (o di eventuali suoi successori) dovrà sostenere non senza fatica.