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Sui mercati le paure dell'Europa si fondono con quelle Usa

Dopo una partenza positiva Piazza Affari vira in rosso con un risultato che verso le 11 raggiunge -0,7% per poi trasformarsi in un -1% intorno alle 13

Volatilità questa (s)conosciuta

Mercati dunque volatili che hanno aperto influenzati da quanto avvenuto sull’orizzonte asiatico dove gli investitori, a loro volta, hanno visto di buon occhio la vittoria di Hillary Clinton nel primo dei tre scontri televisivi diretti durante i quali i due candidati alla Casa Bianca si fronteggiano. Una vittoria, almeno secondo le prime proiezioni che nemmeno sono tutte d’accordo, che però non è certezza di vittoria anche alle urne. Un esempio è proprio quello di Barack Obama che ha vinto le elezioni pur perdendo il primo round degli scontri televisivi. Ad ogni modo, immediatamente dopo lo scontro, si sono registrati aumenti sulle scommesse per Peso Messicano, Dollaro Canadese e Australiano e Futures su S&P. Una scommessa che, ancora all’inizio dell’ultima parte della sfida, potrebbe rivelarsi azzardata in caso di vittoria del rappresentante repubblicano. Fautore del protezionismo, infatti, Donald Trump alla Casa Bianca metterebbe sotto pressione alcuni asset che Aberdeen Asset Management Asia ha identificato nei mercati emergenti mentre Citigroup (NYSE: C - notizie) li ha individuati sui mercati valutari e sull’oro.

Europa e Italia

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Guardando invece al nostro indice si nota come alcuni downgrade sul risparmio gestito abbiano fatto scattare le vendite sull’intero comparto. Nello specifico si tratta di un taglio sul target price di nomi come Azimut (Milano: AZM.MI - notizie) e Banca Generali mentre è stato rivisto al rialzo quello di Banca Mediolanum. Immediate le conseguenze in Borsa con cali per le prime due (rispettivamente a -2,27% e -2,37%). Ma come detto è un po’ tutta l’Europa che cede sotto il peso del pessimismo sul settore bancario, pessimismo scatenato dalla situazione traballante di colossi come Deutsche Bank (Londra: 0H7D.L - notizie) , Commerzbank (Londra: 21170377.L - notizie) (la prima in calo per indiscrezioni di stampa che la vogliono sottocapitalizzata, la seconda in piena fase di ristrutturazione e probabile blocco del dividendo) e, per l’Italia, Mps (anch’essa in fase di salvataggio con le prime indicazioni sul piano industriale e i primi, timidi ottimismi).

Ma per l’Europa i timori riguardano anche il fronte politico e trovano terreno fertile, paradossalmente, proprio nelle presidenziali Usa e nella fusione tra il pericolo populista rappresentato da Donald Trump, non certo fuori gioco, e quello della sempre più diffusa sfiducia (e in alcuni casi rabbia) verso le banche centrali (tutte) e le politiche europee. A bloccare l’azionario del Vecchio Continente restano ancora le vecchie paure, quelle rappresentate dalla bassa crescita e dalle incertezze politiche in senso lato.

Nel (Londra: 0E4Q.L - notizie) primo caso, quello della bassa crescita economica a parlare sono i numeri: oltre ai dati macro e ai report sull’inflazione sempre più statica se non addirittura in fase deflattiva, ci sono anche quelli del mercato che rendono le valutazioni dell’azionario europeo ben poco attraenti sul lungo periodo: nel secondo trimestre le aziende europee hanno registrato un calo degli utili del 13,4% rispetto allo stesso periodo del 2015 zavorrati da settori specifici come quello energetico e quello finanziario, a loro volta condizionati dalle rispettive crisi.

La politica al centro di tutto

Per quanto riguarda il secondo spettro che si aggira per l’Europa e cioè quello della politica, infatti, si registra l’avanzata delle forze euroscettiche di AfD (Alternativa per la Germania) che nelle recenti elezioni regionali hanno eroso voti al partito della Cancelliera Angela Merkel anche in quei Lander-feudi dove la CDU regnava finora incontrastata, a conferma di un declino che, ad onor del vero, dura da diverso tempo anche se ha assunto dimensioni ragguardevoli solo ultimamente con il concretizzarsi di forze politiche come, appunto AfD. Altri esempi arrivano da Francia (Fronte Nazionale) e Spagna (Podemos) ma anche l’Italia con il suo referendum fissato al 4 dicembre, è un esempio di pavimento particolarmente sdrucciolevole, tanto da convincere gli analisti di UBS (Londra: 0QNR.L - notizie) a prevedere un salto dello spread a 155 punti dagli attuali 130, nel caso di una vittoria del NO. Diversamente, invece, arriverebbe una contrazione di 5-10 punti qualora il risultato finale virasse verso il SI. Per gli esperti della banca svizzera, infatti, il NO sarebbe uno stop non solo per la legittimità del premier italiano Matteo Renzi, con probabili, forti ripercussioni sulla sua credibilità politica qualora le tanto annunciate dimissioni non arrivassero, ma anche un blocco nel processo di riforme avviato dall’attuale esecutivo, riforme viste di buon occhio dai mercati.

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