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Sul caro energia l'Europa non sa dare risposte

France's President Emmanuel Macron and Germany's Chancellor Olaf Scholz  arrive for a joint news conference during an European Union (EU) summit at the European Council Building in Brussels, Belgium December 17, 2021. John Thys/Pool via REUTERS (Photo: POOL via REUTERS)
France's President Emmanuel Macron and Germany's Chancellor Olaf Scholz arrive for a joint news conference during an European Union (EU) summit at the European Council Building in Brussels, Belgium December 17, 2021. John Thys/Pool via REUTERS (Photo: POOL via REUTERS)

Questa è quasi una regola nell’Ue: quanto più le materie sono urgenti e complicate, tanto più la discussione tra gli Stati membri finisce senza accordo. Ma sui rincari dei prezzi dell’energia e i temi relativi alla transizione energetica, al Consiglio Europeo di ieri a Bruxelles, non solo i leader non hanno trovato un’intesa dopo ore di tentativi fino a tarda notte. Non solo si sono trovati costretti a non riportare alcunché nelle conclusioni finali, perché il dibattito è finito gambe all’aria. Ma la discussione ha preso pieghe che rischiano di riportare l’Unione indietro invece che avanti nella lotta ai cambiamenti climatici.

Uno degli ostacoli sul tavolo è stata la fronda di Polonia e Repubblica Ceca, ma anche altri Stati dell’est particolarmente dipendenti dal carbone, contro l’Ets, il sistema di tracciamento delle emissioni che obbliga chi produce inquinando a pagare delle quote, una sorta di ‘licenza da conquistare’ finalizzata a disincentivare l’uso delle fonti fossili. L’Emission trading System è una pietra angolare delle politiche europee nella lotta ai cambiamenti climatici, un fiore all’occhiello introdotto nel 2005: gli Stati Uniti non hanno un sistema del genere, per non parlare di Russia, Cina o India. Ma ora il rincaro dei prezzi dell’energia dà fiato alle proteste dei paesi dell’est, da sempre recalcitranti sul tema.

Il polacco Mateusz Morawiecki entra all’Europa Building dichiarando alla stampa che l’Ets è “una tassa europea sull’energia”. Nei lavori del summit, il premier di Varsavia chiede una riforma del sistema di scambio delle quote di emissioni, ma non nel senso ipotizzato finora a Bruxelles, bensì in senso contrario. Invece di estenderlo anche a edifici e trasporti, Morawiecki vorrebbe limitarlo perché dice che in Polonia le imprese non ce la fanno a pagare per produrre, ora che i prezzi del gas sono alle stelle. “Non potevamo permettere che fossero adottate conclusioni vuote”, conclude il polacco, “ho chiesto una riforma dell’Ets perché il sistema non funziona”.

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Basti questo a fiaccare le speranze di trovare un’intesa su un tema così dirimente. Ma, oltre alla levata di scudi dell’est, sul tavolo dei leader ci sono altri ostacoli, altre tensioni. Anche la tassonomia, il documento che Ursula von der Leyen dovrebbe presentare la prossima settimana per indicare quali fonti di energia si possono usare nella transizione energetica, diventa argomento di scontro.

Emmanuel Macron, insieme ai leader di altri paesi che usano l’atomica tipo il belga Alexander De Croo, chiede che il nucleare venga incluso nella lista delle fonti a zero emissioni. Paesi come la Germania, con un’opinione pubblica largamente ostile al nucleare, sono contrari.

Il nuovo cancelliere Olaf Scholz, al suo primo summit europeo, abbozza ma tiene il punto. Quando poi va in conferenza stampa congiunta con il presidente francese, intorno a mezzanotte, si capisce che l’asse tra Berlino e Parigi è ancora saldo nonostante Angela Merkel non sia più al potere. Ed è chiaro che nemmeno le divergenze sul nucleare riescono a scalfirlo. Il nucleare “è un tema piccolo in un dibattito ampio”, sminuisce Scholz. “Il nucleare non è paragonabile al carbone, ma nemmeno alle rinnovabili”, ammette Macron. Risultato: ognuno resta sulle proprie posizioni, ma la tassonomia resta in alto mare e non è escluso che la Commissione ne rinvii la presentazione al nuovo anno.

Finisce qui? No. Al tavolo c’è un altro focolaio di tensione, che si sviluppa mano che il presidente del Consiglio Charles Michel tenta di portare tutti ad un’intesa, provando a più riprese a mettere da parte l’ostico tema dell’energia per discutere di altri dossier e riprenderlo dopo. Stavolta protagonista della discussione è anche Mario Draghi. Insieme ad altri Stati del sud, come la Francia e la Spagna, l’Italia chiede una revisione del sistema che attualmente tara i prezzi dell’energia a quelli del gas, il più caro di tutti. Ma trova l’opposizione dei paesi del nord, non solo la Germania ma anche paesi più piccoli, come Danimarca e Olanda, Stati che usano molto l’eolico tra le loro fonti di approvvigionamento energetico. Ebbene questi paesi pensano sia un bene che i prezzi restino alti, perché in questo modo si compensano bene gli sforzi delle loro aziende impegnate sulle rinnovabili.

Al fondo della discussione, c’è l’indisponibilità dei paesi del nord ad autorizzare interventi massicci dell’Ue sul mercato dell’energia. Da Berlino in su, sostengono che i rincari in bolletta siano un fenomeno temporaneo che sparirà in primavera. Draghi è invece convinto che si tratti di qualcosa di strutturale ed è preoccupato per gli effetti che può avere sulla ripresa economica in Italia: il caro bolletta pesa su famiglie e imprese erodendo il potere di acquisto in maniera immediata.

Chi abbia ragione, se il nord o il sud, lo si vedrà nel tempo. Ma ieri il nord ha segnato un punto, riuscendo a rimandare la discussione. Dopo il mancato accordo di ieri, sarà il Consiglio Europeo di marzo a occuparsi del dossier: marzo, a fine inverno, quando la richiesta di gas per i riscaldamenti si avvia a calare in tutto il continente. Troppo tardi.

Per Draghi e l’Italia, l’aggravante è che la mancata intesa di ieri manda in stand-by anche il risultato che sembrava essere stato raggiunto al vertice dei ministri dell’Energia agli inizi di dicembre. Il ministro Roberto Cingolani aveva negoziato un documento comune con Francia, Spagna, Grecia, Romania, Cipro che, tra le altre cose, chiedeva stoccaggi comuni del gas su base volontaria. La Commissione Europea ha recepito la proposta nel suo pacchetto energia presentato all’inizio della settimana. Ma senza l’accordo dei leader, il tutto resta nel cassetto.

Questo articolo è originariamente apparso su L'HuffPost ed è stato aggiornato.