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Tassi negativi? La sconcertante risposta di Buffett

Quando nel 2008, durante i tragici giorni dell'apocalisse Lehman tuti tremavano perché incapaci di trovare un freno alla caduta, Warren Buffett, esempio di ottimismo a tutti i costi, sorrideva compiaciuto perché sapeva che, come da sempre andava predicando, se c'era un momento per essere avidi era quello. La storia gli ha dato ragione.

Se anche Buffett perde il sorriso...

Ma se una persona che come Buffett manifesta un sorriso al limite dell'esasperante anche durante i periodi peggiori della storia arriva a dubitare di quanto sta accadendo, allora la situazione è grave. Ebbene sì: Warren Buffett quando si parla di un argomento specifico come quello dei tassi negativi perde il suo sorriso. Questo perché se nel crollo di 8 anni fa una strada, per quanto allora giudicata azzardata, era possibile o comunque logicamente ammissibile visto che i precedenti storici c'erano (e purtroppo anche numerosi) e la statistica era un'arma che poteva essere usata a proprio vantaggio, adesso l'incognita dei tassi negativi non ha nulla anche solo di vagamente paragonabile. Mai nella storia è successo che chi contraeva un debito venisse pagato, nemmeno negli anni precedenti il crac Lehman, quelli che, alla fine, hanno gettato le basi per la crisi che a tuttoggi le banche centrali stanno combattendo. E per vincere la quale hanno intrapreso la strada dei tassi negativi, paradosso nel paradosso.

L'incognita "storica"

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Quale sarà la conseguenza di questa scelta? Nessuno lo sa, nemmeno la storia e nemmeno i grandi che la storia dell'economia l'hanno creata: che sia Smith o Keynes nulla era mai stato detto sull'impatto che i tassi negativi hanno sull'economia. Perchè, appunto, mai erano stati adottati. Non solo, ma un altro punto interrogativo, e per giunta tanto grande quanto pericoloso, deriva dall'ampio raggio in cui l'azzardo trova ospitalità: un livello mondiale con una strategia che più di una volta è risultata quasi concertata. E ancora: i risultati non arrivano nemmeno da chi questa scelta l'ha annunciata a sorpresa (leggasi Giappone) a fine gennaio. Fu proprio il numero uno della Bank of Japan Haruhiko Kuroda, che annunciò la volontà al mondo degli analisti i quali, a loro volta, intuirono che doveva esserci qualosa di molto sospetto non tanto nella decisione in sé quanto nel fato che questa venisse adottata all'interno di un piano di stimolo che, per portata era, ed è tuttora, il più grande al mondo.

....e il caso di Tokyo

Per quanto Tokyo si trovi a combattere una guerra contro una stasi economica diffusa a tutti i livelli da ormai un trentennio, la sua Abenomics ha avuto la “fortuna” o se non altro la lungimiranza, di sfruttare riforme su tutti i fronti possibili. L'appoggio di entrambe le Camere, sia quella Alta che quella Bassa, hanno permesso l'adozione di riforme radicali sia a livello fiscale che a livello sociale e finanziario. Quello che ha frenato moltissimo, invece, è stata la reazione della popolazione, fortemente ancorata a modelli economici derivanti da un mondo ormai obsoleto. Un elemento non indifferente visto che la popolazione del Sol Levante, oltre ad essere particolarmente numerosa (poco più di 128 milioni di persone in un'area grande quanto l'Italia) è anche tra le più longeve al mondo e perciò refrattaria a riforme che potessero intaccare l'area del welfare ma anche dei titoli di stato.

Il vero pericolo secondo Buffett

Tornando invece all'opinione di Buffett, l'ultraottuagenario investitore ha sottolineato come in realtà il suo scetticismo derivi anche dal fatto che queste strategie a quanto pare resteranno in vigore a lungo, tanto da far dubitare al Guru di Omaha di riuscire a vederne la fine. Il vero pericolo? La nascita di bolle a livello finanziario e per la precisione sull'azionaro: al di fuori di questo campo d'azione, con rendimenti praticamente nulli ovunque e senza nessun'altra alternativa, l'equity diventerebbe un vero e proprio casinò dove azzardare di tutto e l'esplosione di scambi a 100 o 200 volte gli utili sarebbe un pericolo che diventerebbe realtà

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