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Telecomunicazioni. Tim e Open Fiber: l’incertezza a danno dell’Italia

Open Fiber è il soggetto attuatore, per conto del governo italiano, del piano di realizzazione di una infrastruttura Internet a banda ultra larga in fibra ottica (FTTH – Fibra fino a casa) che dovrebbe servire tutte le regioni italiane e tutti i comuni, compresi i più piccoli e sperduti.

Open Fiber è una società per azioni partecipata da Cassa depositi e prestiti (CDP), per la quota direttamente posseduta dallo Stato, e da Enel spa.

La società, che opera come fornitore del servizio all’ingrosso per approvvigionare società delle telecomunicazioni quali Vodafone, Tiscali spa, Sky Web, ha come missione realizzare gli obiettivi dell’Agenda Digitale Europea e la Strategia italiana per la banda ultra larga.

Fin qui la premessa per chi non conoscesse Open Fiber.

Open Fiber e Tim: cosa succede?

Il dibattito politico che torna alla ribalta in questi giorni e che coinvolge ministri ed esponenti politici ai massimi livelli, riguarda il futuro di Open Fiber e più in generale del rilancio del progetto di realizzazione della banda larga in Italia. Un progetto che negli ultimi anni è andato oggettivamente molto a rilento, ma che dopo la pandemia ha ritrovato nuovo (e forse decisivo) slancio.

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L’intenzione del governo è di dare Open Fiber a Tim, così che sia l’ex operatore monopolista a proseguire l’opera di realizzazione della rete, dal momento che indipendentemente ne sta creando un’altra: Tim infatti è l’unica società non partner di Open Fiber.

Tim, però, non può essere l’unico azionista di Open Fiber perché non garantirebbe la competizione con gli altri operatori che sono partner di Open Fiber e che quindi usano questa infrastruttura ultra veloce per servire i rispettivi clienti.

Per garantire la libera concorrenza tra le società, servono dei partner aggiuntivi ed un piano industriale e gestionale trasparente, e qui entra in gioco la politica.

I nodi politici

La maggioranza di governo si compone di varie anime che sulla “partita” Open Fiber– Tim la pensano in modo assai differente.

Da una parte il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri (a cui spetta risolvere la questione) e il suo partito (PD), e dall’altra il M5S che ha idee molto più stataliste e filo cinesi.

Il PD, dal canto suo, non ha nessun veto nei confronti del fondo americano KKR & Co che si era già proposto di entrare come azionista. Ma sullo sfondo ci sono i veti del vero capo politico del M5s, che non siede in Parlamento: Grillo.

L’incertezza a danno dell’Italia

Mentre il governo del Bel Paese prova a risolvere i suoi dissidi interni e a trovare un compromesso anzitutto politico, l’incertezza rischia di tramutarsi in un danno per l’Italia.

La mancanza dell’infrastruttura Internet adeguata ai tempi odierni, è un problema enorme per la nazione e per le imprese dislocate nei territori più interni, dove ancora oggi non arriva una connessione Internet adeguata.

Lo sviluppo economico passa anche da Internet

Lo sviluppo delle economie locali passa anche attraverso la rete Internet, ma per sfruttare al meglio le potenzialità oggi fornite è necessaria una connessione veloce.

Una idea imprenditoriale, per quanto valida, non potrà mai radicarsi e dare lavoro nei paesini più interni dell’Italia se non si svilupperà una rete a banda ultra larga.

Un imprenditore di Vallata (Avellino), pochi giorni fa ai microfoni del Tg1 ha auspicato di poter avere la connessione Internet veloce prima che l’uomo sbarchi su Marte.

This article was originally posted on FX Empire

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