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Telefonini e musica, torna la tassa per i diritti d'autore?

Smartphone

Torna di moda la tassa sul telefonino. Il precedente ministro della Cultura, Massimo Bray, aveva congelato l’ipotetico balzello. Adesso la patata bollente passa nelle mani del nuovo titolare dei Beni culturali, Dario Franceschini. Da una parte la Siae che ha presentato una petizione firmata da 500 nomi illustri del mondo dello spettacolo. Dall’altra, Altroconsumo che ritiene la tassa sui diritti d’autore superflua perché “chi acquista musica e film legalmente da piattaforme online, paga già i diritti d’autore per poterne fruire a fare copie su un certo numero di supporti sulla base di una licenza”.

La questione riguarda il “diritto di equo compenso per la copia privata”. Le tariffe sono fissate per legge, ma il decreto che ne stabiliva gli importi è scaduto nel 2012 e “non è stato adeguato ai cambiamenti tecnologici sopraggiunti nonostante la previsione di legge”, si legge in un comunicato diffuso dalla Siae (Società italiana degli autori ed editori). Cinquecento artisti hanno sottoscritto il documento Siae: “Renzo Arbore, Pupi Avati, Claudio Baglioni, Andrea Bocelli, Paola Cortellesi, Roby Facchinetti, Luciano Ligabue e Carlo Verdone”, solo per citarne alcuni. “Il nuovo ministro Franceschini non deve tornare indietro e prima di prendere una decisione dovrebbe sentire anche le associazioni che difendono i consumatori”, si legge sul sito di Altroconsumo, impegnata a combattere l’introduzione della nuova imposta che colpirebbe qualsiasi device dotato di una memoria interna, quindi non solo smartphone, ma anche decoder tv in grado di registrare, pc e altri dispositivi elettronici.

Potrebbe toccare anche alle chiavette Usb, hard-disk esterni, tivù con funzione di registratore e decoder. Di fatto tutti i dispositivi elettronici che funzionano da archivi digitali. La tassa, altrimenti definita “compenso per copia privata”, secondo le tabelle provvisorie va da 5,20 euro per i nuovi smartphone e tablet, fino a toccare 40 euro per decoder con memoria interna. In realtà l’imposta la paghiamo già, ma fino ad oggi era piuttosto bassa: 90 centesimi per gli smartphone e zero per i tablet. Se venissero applicati gli aggiornamenti previsti dal decreto del 30 dicembre 2009, gli aumenti arriverebbero addirittura a toccare la soglia del 500 per cento. Le stime di vendita 2014 in Italia sono di circa 16 milioni di smartphone e 8 milioni di tablet.

Ma cosa succede negli altri Paesi d’Europa? Tanto per cominciare a Cipro, Irlanda, Lussemburgo e Malta il compenso per copia privata non è proprio applicato. In Inghilterra il problema è stato definitivamente superato: nessuna tassa perché le copie personali sono considerate illegali e chi le fa può essere punito dalla legge. In altri sette Paesi, invece, la tassa non è fissa ma varia in base alla percentuale di vendita. Si va dallo 0,5 al 6 per cento. Succede in Bulgaria, Grecia, Lituania, Polonia, Repubblica Ceca, Romania e Slovacchia. In Belgio si paga un fisso: tre euro per smartphone e tablet. In Francia ben 6,6 euro, in Olanda si scende a 5 euro per lo smartphone e la metà, 2 euro e mezzo, per il tablet. Il caso più interessante è la Spagna. Fino al 2012 faceva pagare il contributo, poi ha deciso di abolirlo, legalizzando la copia privata. La copertura finanziaria per l’equo compenso agli autori è garantita dalla nuova legge sulla pirateria approvata dal governo Rajoy che prevede sanzioni severe per i trasgressori.

L’ex ministro Bray pare avesse definito una nuova tabella per i compensi, proprio poco prima che il governo Letta cadesse. Si ipotizzavano 4 euro per nuovi smartphone, 3,80 euro per i tablet, sui Pc 4,20 euro, sulle televisioni con sistema di registrazione 3 euro. Adesso tocca a Dario Franceschini decidere se quelle tabelle si possono riutilizzare o se occorre rivedere tutti i prezzi. Mettere d’accordo la Siae e i consumatori non sarà sicuramente un’impresa semplice.
Pubblichiamo di seguito l'intervento di Gaetano Blandini, direttore generale SIAE, in merito al compenso riconosciuto a chi crea opere d'ingegno.
"Esiste una grande differenza - ha precisato Blandini - tra tassa e compenso; la tassa, infatti, è una somma di denaro pagata allo Stato o a un ente pubblico da un privato cittadino, in cambio di un particolare servizio, mentre il compenso è ciò che si dà o si riceve in cambio di un lavoro, di un servizio reso. Nel caso in questione ha un nome preciso: creatività. E’ ovvio che se la questione della copia priva che tutela l’opera dell’ingegno viene proposta al cittadino come ulteriore tassa da pagare nessuno potrà essere d’accordo. Se, viceversa, si fa comprendere al cittadino/consumatore che è una tutela anche per i lavoratori, probabilmente anche le critiche, che sono sempre legittime, sarebbero costruttive e, soprattutto motivate. Occorre spostare finalmente i termini della questione e chiedere alle persone comuni se sono contrarie a pagare il lavoro di chi crea contenuti che valorizzano gli strumenti tecnologici. E se ritengono eccessivo che quando acquistano uno smarthphone al prezzo di 799 Euro, 5 Euro siano destinati a remunerare chi crea le opere musicali o dell’audiovisivo di cui si può usufruire sul telefonino per sempre. Anche qui, con due piccoli esempi, è facile dimostrare la malafede di chi sostiene che la copia privata sia una tassa a carico dei consumatori: in Francia ed in Germania, l’equo compenso per la copia privata è pari rispettivamente a 8,00 euro e 36,00 euro. Parliamo di una cifra 40 volte superiore a quella italiana. In una ricerca dell’ottobre 2013 di una società indipendente americana (IHS) è stato evidenziato come il fatturato di smartphone e tablet è cresciuto del 900% in meno di sei anni e che per il 2014 il volume crescerà solo del 20%. Bisognerebbe quindi, più che demonizzare gli autori e tutti coloro che lavorano nel campo della creatività e che danno a loro volta lavoro ad altri, ricordare che le multinazionali tecnologiche che producono dagli smartphone ai computer fabbricano i loro prodotti fuori dall’Italia e non pagano le tasse nel nostro Paese.