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Torna il risk appetite sui mercati

La seconda seduta con Trump Presidente vede un generale ritorno del risk appetite sui mercati. Non che Donald abbia ammorbidito i toni sulla sua “America first policy”. Peraltro, tra le azioni di oggi vi è l’incontro con gli automakers, nel quale ha promesso di tagliare tasse e regolamentazione al settore (in cambio di un ritorno delle fabbriche in US) e la firma del’autorizzazione alla costruzione di 2 oleodotti precedentemente bloccati da Obama. Naturalmente i settori ringraziano.

La seduta asiatica ha avuto un tono tranquillo ma positivo, non fosse per Tokyo, che continua a soffrire il ritracciamento del $. Ieri in tarda serata il Segretario del tesoro Mnuchin ha dichiarato (su domanda) che un “dollaro eccessivamente forte può avere implicazioni negative nel breve”, ottenendo di spedire il dollar index ai minimi dal 5 dicembre scorso, poco sotto quota 100 livello dal quale l’indice è moderatamente rimbalzato stamattina. Trovo un po’ surreale questo riflettersi perfetto dei movimenti del cambio sui listini, visto che Trump non fa che parlare di tariffe e dazi. Dovesse il protezionismo prendere piede globalmente a causa delle rappresaglie alle sue misure, finirà con l’impattare non poco sulla competitività delle rispettive esportazioni.

Sul fronte cinese, scarso movimento sui mercati, ma sorpresa dalla Banca Centrale in chiusura di seduta. La PBOC ha alzato di 10 basis points il tasso di interesse sulla sua Medium term lending facility a 6 mesi e a 12 mesi (rispettivamente al 2.95% e al 3.1%). L’entità del rialzo è ridotta, ma la mossa sembra confermare l’intenzione delle autorità di sfruttare la fase ciclica positiva (confermata dagli ultimi dati ufficiali) per mettere un freno alla crescita del credito, principale motore, insieme all’immobiliare, del rimbalzo congiunturale. Sembra sensato, su queste basi, attendersi un rallentamento nel corso del 2017.

In Europa stamattina erano di scena i PMI flash di gennaio, che hanno sostanzialmente confermato il buon momento del ciclo macro continentale, con l’attività indicata nei pressi dei massimi dal 2011. Il manifatturiero continua a trainare, con l’indice in ulteriore recupero a 55.1 da prec 54.9 e vs attese per lieve assestamento. Meno brillanti i servizi che fanno un marginale passo indietro (53.7 da 53.8) contagiando l’indice composite (54.3 da 54.4, vs attese per 54.5), un livello coerente con una crescita trimestrale di 0.5%. Dal punto di vista geografico la Francia sopra attese bilancia il marginale rallentamento della Germania nel settore servizi. Sul fronte prezzi le pressioni continuano a farsi sentire, ma l’incapacità degli output prices di tener dietro agli imput prices segnala forse qualche conseguenza sui margini.

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Non che l’azionario si sia fatto allettare più di tanto, con i principali indici poco sopra la parità, ad eccezione del brillante listino milanese, reso effervescente dalle news della battaglia per il controllo di Generali (EUREX: 566030.EX - notizie) , apparentemente insidiata da Intesa Sanpaolo (Amsterdam: IO6.AS - notizie) e ambita anche dai Francesi di AXA (Parigi: FR0000120628 - notizie) e dai tedeschi di Allianz (Swiss: ALV-EUR.SW - notizie) .

Scarse le emozioni offerte dalla Corte Suprema inglese, che ha rigettato il ricorso della May. Il governo dovrà coinvolgere il parlamento prima di attivare l’articolo 50. La Sterlina ha provato a salire, poi con un po’ più di convinzione a scendere, ma alla fine termina poco distante dai livelli di ieri.

Nel (Londra: 0E4Q.L - notizie) primo pomeriggio, il PMI flash manifatturiero US ha dato un altro segnale che il manifatturiero globale è in forma, segnando i massimi da quasi 2 anni (55.1 da prec 54.3 e vs attese per 54.5). Buona anche la composizione con i new orders ai massimi da 28 mesi.

Le buone news macro, e le mosse di Trump hanno allettato Wall Street, che si è rapidamente riportata nella parte alta del recente, strettissimo range, e sta flirtando con nuovi massimi mentre scrivo. A breve potrebbe ritornare di attualità la questione, rimasta, per poco in sospeso, dei 20.000 punti di Dow Jones. Il movimento è guidato dall’indice dei Materials, che fa nuovi massimi storici. Si tratta di un segnale decisamente positivo per il ciclo globale, che conferma quanto indicato dalle survey, in particolare del manifatturiero. Ma mostra anche, a mio modo di vedere, quanto la ripresa e la reflazione cinesi sono state rilevanti per il rimbalzo del manifatturiero globale. Il che ci riporta a Trump, e alle sue ambizioni di mercantilismo. Storicamente, protezionismo e populismo raramente si sono rivelati una ricetta economica efficace. Ma ovviamente si tratta di preoccupazioni di medio termine.

La forza di Wall Street è arrivata troppo tardi per offrire un serio supporto all’azionario europeo, che ha comunque chiuso in positivo ma con guadagni modesti, a parte Milano. Le borse continentali sono eventualmente un po’ ostacolate dalla recente debolezza del $, con l’€ stabilmente sopra 1.07.

Il ritorno del risk appetite ha nuovamente levato supporto ai bonds, con rendimenti in salita più o meno ovunque. Il rinvio a domani della sentenza della Corte Costituzionale sull’ Italicum ha dissipato il recupero messo a segno dal BTP nei confronti del bund in mattinata.

Sul fronte tecnico, resta debole la posizione del Dollar Index, che sta lavorando sotto il supporto in area 100.50, anche se la rottura non ha portato accelerazioni.

Sul fronte azionario, siamo di nuovo a parlare di potenziale breakout rialzista del range da parte dell’S&P 500. Dopo un mese di laterale, ormai l’ipercomprato è un ricordo, e le bollinger bands chiamano un uscita. Stiamo a vedere.

Autore: Giuseppe Sersale Per ulteriori notizie, analisi, interviste, visita il sito di Trend Online