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Trattative Brexit Ancora in Stallo: è Possibile che Non si Riesca a Trovare un Accordo Entro il 29 Marzo 2019

Con l’uscita della Gran Bretagna dall’UE fissata per il giorno 29 Marzo 2019, i dubbi e le incertezze sull’esito delle trattative non accennano a frenare.

Recentemente, Bmw ha manifestato l’idea di chiudere i suoi stabilimenti, mentre Airbus potrebbe seriamente contrarre i suoi investimenti e la Bank of America sposterà il trading da Londra a Parigi. E si tratta solo di un campione rappresentativo dei sentimenti delle grandi multinazionali attive nel Regno Unito.

La confusione tra i principali attori regna ancora sovrana, sebbene alcune statistiche, quali il Brexometer, mostrino come il timore delle aziende sui risvolti della Brexit abbia ormai raggiunto i minimi storici: a voler ridurre i propri investimenti nel Regno Unito è al momento il 14% del totale delle realtà esaminate, contro il 24% di pochi mesi fa. Si tratta di un segnale che potrebbe indicare un parziale superamento delle prime paure e incertezze sulla Brexit.

A turbare ancora è però la possibilità, non eccessivamente remota, che Bruxelles e il Regno Unito non riescano a trovare un accordo entro la scadenza stabilita. L’Unione Europea, in tal senso, sembrerebbe stia mettendo a punto dei piani di emergenza, delle disposizioni “paracadute” rivolte in particolare ai trasporti, ai servizi finanziari e alle dogane.

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Si ritiene che i funzionari UE possano anche valutare scenari in cui la data fissata venga estesa di alcuni mesi per ultimare i preparativi. Il tutto, a causa di un’eccessiva lentezza nelle trattative, che secondo alcuni autorevoli pareri sono ancora mal gestite dal governo. Michael Metcalfe, responsabile Global Macro Strategy di State Street, ritiene infatti che Theresa May abbia lavorato duramente per fare approvare l’uscita del Paese dall’Unione Europea, ma che non abbia tuttavia adoperato la stessa energia per definire con precisione tutti i rapporti con l’Unione Europea dopo il 29 Marzo 2019.

E questa lunga fase di stallo potrebbe nuocere in primo luogo proprio al governo May, soprattutto se non si riuscirà a trovare una soluzione per il nodo cruciale dell’Irlanda del Nord. Su questo fronte, infatti, si riflette ancora sull’alternativa dell’hard border o del soft border: sebbene sia stato assicurato che non verrà delineato un confine duro con dogane e posti di blocco, i dettagli sono ancora poco chiari e al confine si attendono con ansia progressi nelle trattative.

A contribuire allo stallo, secondo la stampa internazionale, sembra essere proprio David Davis, ministro per la Brexit e capo negoziatore britannico, che stando a un’indiscrezione del Financial Times avrebbe condotto in totale solamente quattro ore di colloqui con il capo negoziazione dell’UE, Michel Barnier. In effetti, una bozza di accordo finale sulle condizioni dell’uscita del Regno Unito e sulle future relazioni con Bruxelles sarebbe già dovuta giungere nel corso dell’ultime vertice UE, ma l’argomento non è stato nemmeno sfiorato.


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Si attendono ancora nuovi sviluppi, con la possibilità che dopo aver sciolto il nodo dell’Irlanda, il governo possa accelerare la procedura. Ma, come ha affermato il presidente della Commissione Europea, Jean Claude Juncker, “il tempo stringe”.

 

This article was originally posted on FX Empire

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