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Truffe nelle criptovalute: alcuni consigli per difendersi

Spiral spring helps business men's greed for Bitcoin (Photo: wenjin chen via Getty Images)
Spiral spring helps business men's greed for Bitcoin (Photo: wenjin chen via Getty Images)

Il trading di criptovalute può essere uno spazio entusiasmante e remunerativo in cui trovarsi, ma non è esente da truffe e frodi. L’ultimo esempio è la moneta digitale Squid, basata sulla serie tv sudcoreana Squid Game, che si è rivelata una truffa da ben 3 milioni di dollari. Nessuno dei suoi possessori, una volta acquistata la moneta, l’ha potuta vendere per ricavare denaro, mentre i suoi sviluppatori sono scappati con i soldi degli investitori. Eppure Squid era arrivata a valere quasi 3 mila dollari la settimana scorsa e compariva ai primi posti nella classifica delle monete digitali più importanti di CoinMarketCap, il sito che monitora l’andamento delle criptovalute. Insomma un token (o gettore digitale) che sembrava sicuro e che invece poi si è rivelato essere un buco nell’acqua.

Il problema è che non sempre ci sono leggi o norme apposite che impediscano le truffe e le frodi nel settore delle criptovalute. Gli investitori hanno però dei mezzi per proteggersi. Ad esempio l’autorità che controlla la Borsa – la Securities and Exchange Commission (Sec) con sede negli Stati Uniti – ha creato un’ICO finta (offerta pubblica iniziale di criptovalute). Questa si chiama HoweyCoins e ha un sito che la fa sembrare una vera criptovaluta: in realtà, si è di fronte ad una simulazione. La Sec ha deciso di creare questo sito per aiutare le persone che vogliono investire in bitcoin a non essere truffate: navigando per le varie sezioni, infatti, ci sono molte istruzioni e spiegazioni su come evitare d’incappare in malintenzionati.

Anche Il Sole24 ore ha realizzato una guida con alcuni consigli utili ad evitare queste frodi.

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Etf o investimenti diretti: cambia la tutela dell’investitore

Innanzitutto è importante sottolineare che la facilità nel tutelarsi dalle frodi varia molto a seconda che si operi direttamente sul criptoasset o utilizzando Etf o Etn in Europa. Nel secondo caso si è maggiormente protetti. Gli ETF (acronimo di Exchange Traded Funds, fondi d’investimento a gestione passiva), permettono agli investitori di comprare quote di fondi di criptovalute in borsa. Gli Etn (Exchange traded notes) di fatto si comportano esattamente allo stesso modo, seguendo fedelmente l’andamento degli asset sottostanti, con l’unica differenza che investendo in Etn gli investitori si espongono direttamente al rischio di controparte. Con gli Etf non succede, in quando il patrimonio gestito è separato da quello della società e quindi in caso di fallimento non può essere aggredito dai creditori. “Se l’Etn è venduto da istituti tradizionali si ricade sotto l’ombrello dell’usuale regolamentazione dei prodotti finanziari” spiega al Sole24ore Andrea Conso, avvocato esperto di criptocurrency di Coso&Annunziata. Anche se in questo senso si è più tutelati, bisogna comunque stare attenti a controllare la sede legale dell’emittente. Nel caso in cui infatti l’emittente abbia la sede in un paese “esotico” potrebbe essere più complicato e costoso il procedimento che porta ad un’eventuale sanzione nei suoi confronti. In ogni caso gli investitori che utilizzano Etf o Etn possiedono sicuramente più mezzi per tutelarsi dalle frodi rispetto a coloro che operano direttamente nella criptosfera. In questo caso, per evitare di incorrere in frodi, afferma il Sole24ore, “sarebbe meglio operare con exchange che siano riconducibili a società commerciali che abbiano la sede legale in Paesi che abbiamo un sistema normativo evoluto”. La riconducibilità alla società permette infatti di aprire una procedura consensuale in caso di fallimento. Inoltre, nei paesi evoluti dal punto di vista normativo l’investitore è tutelato dall’applicazione per analogia della norma. Dunque anche nel capo dei criptoasset verrebbero applicate le norme che vigono in altri campi. Cosa che non è scontata in tutti i Paesi.

Il Bitcoin segue le regole degli investimenti finanziari

Il bitcoin è considerato oggi un investimento di natura finanziaria. I Bitcoin non sono un prodotto finanziario (di per sé) ma la loro vendita sì. La CONSOB ha più volte precisato quali sono gli elementi qualificanti la nozione di investimento di natura finanziaria. Questi sono: “(i) un impiego di capitale; (ii) un’aspettativa di rendimento di natura finanziaria; (iii) l’assunzione di un rischio direttamente connesso e correlato all’impiego di capitale”. In quanto investimento di natura finanziaria deve avere un minimo di prospetto informativo nonché la necessità di un consenso informato. Tuttavia per i bitcoin, al contrario di altri investimenti finanziari, non c’è l’obbligo di pubblicare un white paper (un documento informativo sulla valuta digitale).

Gli NTF e il Codice del consumatore

Un capitolo a parte riguarda l’utility token, ossia sia gli emittenti di particolari categorie di cripto-attività, che fungono da mezzo per l’accesso a beni o servizi tramite un’infrastruttura basata su blockchain. Secondo la Finma, la Consob svizzera, si tratta un criptoasset che legittima, chi lo possiede, a ricevere un bene o un servizio a titolo gratuito o oneroso. Riguardo all’utility token gli investitori possono rifarsi a quello che è il codice del consumatore.

Il codice del consumatore serve agli investitori per uno degli utility token più di moda in questo periodo. Ovvero gli NTF (token non fungibili) - i tipi speciali di gettoni digitali che rappresentano oggetti digitali unici e riconoscibili e quindi garantiscono un diritto su un bene digitale o fisico (ad esempio un’opera d’arte). Quando si compie la compravendita degli NTF bisogna rifarsi all’articolo 35 del Codice del Consumo. “Nel caso di contratti di cui tutte le clausole o talune clausole siano proposte al consumatore per iscritto, tali clausole devono sempre essere redatte in modo chiaro e comprensibile. In caso di dubbio sul senso di una clausola, prevale l’interpretazione più favorevole al consumatore” è scritto nell’articolo. Deve essere anche prevista la “garanzia del diritto di recesso”. Inoltre non deve essere esclusa all’acquirente la possibilità di adire l’autorità giudiziaria, nei casi in cui lo ritenga opportuno. Questa è la teoria. Nella pratica, secondo l’avvocato Conso, accade che le piattaforme che vendono Ntf, spesso “disconoscano i diritti in oggetto”. “Gli exchange non indicano cioè la titolarità della piattaforma, la sua sede legale e l’entità giuridica contro cui agire” aggiunge Conso. Insomma, il settore Fintech avanza, la legislazione relativa un po’ meno.

Questo articolo è originariamente apparso su L'HuffPost ed è stato aggiornato.