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A Trump saltano i nervi… e il Muro con il Messico

Quella dell'amministrazione Trump assomiglia sempre di più una corsa ad ostacoli con un'agenda che stenta a prendere un ritmo che resta ormai sincopato.

La questione del muro

Dopo lo stop arrivato dalla mancata riforma sanitaria e dopo le contraddizioni sulla presentazione della riforma fiscale che da agosto è slittata a fine anno per poi tornare tra le scadenze più immediate, adesso è la volta del muro con il Messico. Perno della campagna elettorale del magnate, è stato anche interpretato come oggetto simbolo del protezionismo che caratterizza i progetti in campo economico del nuovo inquilino della Casa Bianca. Dopo le sconfitte in Congresso e i contraccolpi sulla popolarità, con una percentuale che non arriva al 43%, quella del muro con il Messico era vista come una sorta di rivalsa se non altro a livello di immagine. Per questo motivo lo staff di Trump aveva deciso di inserire il piano e le richieste dei relativi finanziamenti nel piano per il budget federale. E invece, anche questa occasione sembra cadere. Infatti sono stati gli stessi repubblicani a protestare sulla scelta: i democratici, infatti, potrebbero bloccare tutto al Senato, dove i Repubblicani sono più deboli, sfruttando proprio la voce riguardante il contestato muro.Non solo, ma sono saltate anche le trattative di scambio che prevedevano un appoggio dei democratici al finanziamento per il muro in cambio di un appoggio dei repubblicani al finanziamento dell'Obamacare. Risultato: la richiesta dei fondi per il muro è stata stalciata dal testo.

Immigrazione: l'altro grande problema di Trump

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Come se questo non bastasse, un giudice federale ha bloccato il provvedimento che, a corollario del già criticato Muslim Act, bloccava i fondi alle città che accoglievano emigranti e ne riconoscevano la cittadinanza. Un duro colpo per le casse di vere e proprie megalopoli come Los Angeles o la stessa San Francisco, una delle due città che, insieme a Santa Clara ha presentato ricorso contro la decisione di Trump. Un aiuto all'immagine appannata del presidente, però, potrebbe arrivare inaspettatamente proprio dalla Corea del Nord. Voci non confermate hanno infatti avanzato l'ipotesi che il sesto test nucleare che Pyongyang sarebbe intenzionata a portare a compimento, potrebbe non essere imminente come invece si credeva inizialmente. A spingere verso questa ipotesi sarebbero due elementi. Prima di tutto la ripresa dei lavori di scavo nel sito prescelto per il test, la montagna di Mantapsan a Punggyeri, che confermerebbero tempi ancora lunghi. Il secondo, il fatto che Trump potrebbe non presiedere la riunione dei cento senatori da lui stesso convocati alla Casa Bianca per oggi in n meeting per riuscire a fare il punto della situazione. A guidare i lavori ci sarebbero, invece, il segretario di Stato Rex Tillerson e il capo del Pentagono Jim Mattis, detto "Cane Pazzo". Soprannome che, si spera, sia di fantasia.

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