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Un green pass griffato per redimere i No Vax

An employee shows her
An employee shows her

Tecniche di sopravvivenza munite di relativo occorrente d’ironia, necessaria al momento di mostrare il green pass obbligatorio. Ovvero come sopravvivere senza perdere il sorriso al tempo dell’attuale pandemia.

In treno, per esempio. Una gentile signora, che di mestiere svolge il compito di controllore a bordo, ci chiede cortesemente il codice del titolo di viaggio, la prima lettera. Nel nostro caso, la N di Napoli. Forse non una casualità, magari un segno. Le mostriamo il biglietto poi, un istante dopo, sempre lei, con tono professionalmente (quasi) inquisitorio aggiunge che la procedura di verifica è ancora monca: occorre, appunto, visionare il green pass. Prontamente, faccio tutti balenare fuori dal portafoglio un pratico mini green pass plastificato, realizzato presso una tipografia nei pressi di casa, non più grande di una carta di credito; una vera finezza, un must. Già che ci sono, ed è qui che giunge il contagio della fantasia appena respirata a Napoli, offro all’addetta una battuta da uomo di mondo, accompagnata dall’attesa del miracolo di san Gennaro. Vengo insomma illuminato da un’idea a suo modo prossima, restando nell’estro partenopeo, alla maglietta che dava l’illusione della cintura automobilistica: una semplice banda nera obliqua stampata sul bianco del tessuto. Indimenticabile. Capolavoro del “genius loci” in risposta alla poca duttilità, in quel caso, del codice della strada.

Nel nostro, è invece un’epifania degna del poeta Eliot, e anche di Eduardo De Filippo di “Sik Sik, l’artefice magico”. Un green pass segnata da una livrea verde e rossa, proprio come un celebre marchio di lusso. Così, sempre rivolto all’addetta ferroviaria, subito aggiungo: “Sa, signora, un green pass griffato risolverebbe il problema della riluttanza verso il vaccino, mi creda!”

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E già un istante dopo provo a immaginare,

“Gucci’, magari anche “Cartier” o “Dupont”, meglio, tutte le grandi griffes pronte a mettere in produzione una versione “lusso” esattamente dell’attuale doveroso lasciapassare. Non certo un falso contraffatto. Basterebbe in fondo una custodia speciale. E addio all’altrui riluttanza. Anche il più ottuso terrapiattista, con un astuccio “Gucci”, abbandonerebbe la testarda convinzione di una presunta “dittatura sanitaria”; le persone, ne sono certo, prenderebbero d’assalto i punti vendita che offrono una simile prestigiosa custodia, da via Condotti a Monte Napoleone. Per assicurarsi l’accessorio. Ovviamente, a prezzo calmierato, politico, perché no, spesato direttamente dalle istituzioni sanitarie; ulteriore estensione del “welfare state”.

Una finezza, il green pass “Gucci”. O d’altro marchio non meno desiderabile. E non si parli di pubblicità, dal tempo della Pop Art di Warhol perfino la Coca-Cola appartiene allo stato di natura. A ciascuno il suo stile, il suo gusto. A dispetto di ciò che blaterano i refrattari al vaccino, siamo in piena comprovata democrazia. Accanto a ogni logo “titolato” potrebbe fare altrettanto mostra di sé perfino il marchio “Givova”, riferibile a tutt’altro contesto socio-antropologico, abbigliamento sportivo, caro alla popolazione carceraria. Addirittura un rapper napoletano, Speranza, ne cita il brand in un brano d’empatia: “Trasim nda galera ca tuta ra Legea, ra Zeus o ra Givova, scarpe slacciate o’ per, fors sbagliamm i mod, ma nu sbagliamm a moda”.

Qualcosa di simile è già accaduto con il pacchetto di sigarette, da quando mostrano immagini mortuarie e di patologie legate al fumo per dissuasione, sono nate custodie pronte a nobilitare la confezione, pronte a cancellare a loro volta la riluttanza, il timore dei possibili tumori. Sono certo che davanti a una custodia per green pass “Gucci”, anche il più roccioso negazionista si redimerebbe, addio così a ogni presidio no-vax.

Anche lo sceriffo di “Mezzogiorno e mezzo di fuoco”, capolavoro di Mel Brooks, mostrava una sella altrettanto marchiata “Gucci”, sappiatelo.

Mai più slogan contro la “dittatura sanitaria” o cori crudeli scanditi all’indirizzo del “giornalista-terrorista-giornalista terrorista”, come accaduto di recente ad Antonella Alba di Rai News che, tornando a casa, è stata aggredita per avere semplicemente accostato il cellulare a un presidio di irriducibili complottisti.

Finalmente un modo ottimo, economico per ritrovare la pace, la quiete sociale. Così come nel tempo si è spento l’adagio “Parlateci di Bibbiano”, allo stesso modo torneremo alla serenità, alla quiete di sempre.

La ragazza del treno, ripassandomi davanti, dice che, pensandoci bene, non sarebbe poi niente male l’idea del green pass come l’ho appena immaginato, peccato però che lei preferirebbe “Dolce e Gabbana”, più “etnico”, più “in stile carretto siciliano”. “E che problema c’è? – le rispondo – in questo caso, per venire incontro ai suoi gusti parliamo anche con Domenico e Stefano, buona giornata. Ma il treno almeno è in orario?”

Santa Ironia, salvaci.

Questo articolo è originariamente apparso su L'HuffPost ed è stato aggiornato.