Un libro di Sandra Petrignani per capire se davvero gli uomini sono autoreticenti
Eccellente l’idea di Sandra Petrignani (in un libro, edito da Laterza, che si intitola “Leggere gli uomini”) di guardare con gli occhi di scrittrice ciò che gli uomini, attraverso i loro romanzi, pensano, sentono, immaginano. E allora: davvero, al termine di una (femminile) lettura sistematica delle loro opere letterarie, “gli uomini non amano parlare di sé” o in realtà “ne parlano in continuazione, ma non con l’intenzione di farlo sul serio”?
Scrive la Petrignani che leggendo le autobiografie degli scrittori si sente “un’immancabile reticenza”: davvero siamo così autoreticenti, elusivi, insinceri persino con noi stessi, e anche un po’ omertosi menzogneri quando parliamo di noi stessi fingendo sincerità e autenticità? Kipling in “Qualcosa di me” addirittura prende in avvertenza le distanze da quanto scrive. Philip Roth ne “I fatti. Autobiografia di un romanziere”, tentenna sul “perché sono me”. Martin Amis in “Esperienza”: “perché dovrei raccontare la mia vita?” Giuseppe Berto nella sua fluviale confessione del “Male oscuro” apre con una “cavillosa premessa”. Hemingway in “Festa mobile”: “se il lettore lo preferisce questo libro può essere considerato di fantasia”. E Georges Simenon in “Pedigree”: “Tutto è vero anche se nulla è esatto”.
Davvero siamo così? Straparliamo egoticamente di noi stessi ma sempre nascondendo qualcosa per non dire e la verità? Forse sì, ma chissà se lo stesso non vale per le donne e le scrittrici, cosa che la scrittrice Sandra Petrignani nega. Sincera?
Questo articolo è originariamente apparso su L'HuffPost ed è stato aggiornato.