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Ursula cerca l'identità, nel dopo Merkel

European Commission President Ursula von der Leyen delivers a speech during a debate on
European Commission President Ursula von der Leyen delivers a speech during a debate on

Ieri, mentre preparava il discorso sullo Stato dell’Unione a metà del suo mandato alla presidenza della Commissione Europea, Ursula von der Leyen si è lasciata andare ad una battuta con i suoi collaboratori: “Evitiamo le lunghezze di Fidel Castro…”. Obiettivo facile stare sotto le sette ore. Oggi davanti alla plenaria del Parlamento Europeo a Strasburgo - alla presenza anche dell’atleta paralimpica Bebe Vio, invitata dalla stessa von der Leyen e applaudita a lungo dall’aula - von der Leyen se la sbriga in un’ora. Parte dai successi: i vaccini anti-covid e la gestione della crisi economica da pandemia. Ma osa anche su progetti da sempre inceppati, come la difesa comune europea, rilanciata dalla crisi afgana, oggetto, dice la presidente, di “un vertice che organizzeremo con Macron”, primo sponsor del dossier che però richiede l’unanimità tra gli Stati: complicato. Ma Ursula insiste.

Quella snocciolata oggi davanti all’Eurocamera è, forse per la prima volta, la ‘sua’ agenda. È il manifesto di un’aspirante leader, voluta da Angela Merkel alla testa della Commissione Ue ma ora costretta a cercarsi una sua identità, indipendentemente dalla cancelliera e sua mentore, a fine carriera con le elezioni del 26 settembre in Germania.

Il vuoto politico post-Merkel è anche un po’ l’occasione della vita per von der Leyen. Il discorso sullo Stato dell’Unione edizione 2021 diventa dunque prezioso tanto da farne una “lettera d’intenti che - annuncia von der Leyen - stamane ho inviato al presidente Sassoli (che non presiede la seduta per un’indisposizione, ndr.) e a Jansa”, il premier sloveno presidente di turno dell’Ue. Lettera che non a caso, la presidente non invia al presidente del Consiglio Europeo Charles Michel, con cui la dividono ancora le vecchie ruggini legate all’incidente della mancata sedia per lei, unica donna all’incontro con Erdogan ad Ankara nella primavera scorsa.

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Ma il punto ormai non è l’incidente della sedia in sé. Quello è il passato. Qui c’è una presidente in cerca di futuro. Tanto più che le elezioni tedesche potrebbero lasciarla anche ‘orfana’ di governi guidati dai conservatori in Europa. Stando ai sondaggi, la Cdu, partito suo e di Merkel, potrebbe essere spodestato dal potere a vantaggio dei socialisti della Spd. A questo punto, von der Leyen potrebbe davvero essere sola, circondata dai governi dei maggiori paesi europei a guida socialista (Spagna), liberale (Francia), tecnica con maggioranza variegata (Italia), comunque nessuno a guida Ppe.

E allora la presidente tenta di mettere il turbo. Inizia dai successi: i vaccini anti-covid. “Dodici mesi fa - dice - non sapevo quando e se avremmo potuto avere un vaccino efficace contro il covid. Oggi l’Europa è leader mondiale, oltre il 70 per cento della popolazione adulta europea è vaccinata, siamo gli unici a condividere metà della produzione dei sieri con il resto del mondo, oltre 700 milioni di dosi sono andate agli europei e abbiamo fornito oltre 700 milioni di dosi al resto del mondo”. Ma, avverte, “la pandemia non è uno sprint, ma una maratona”. Bisogna “accelerare ancora le vaccinazioni: facciamo il possibile per garantire che la pandemia non si trasformi in una pandemia dei non vaccinati”. Von der Leyen annuncia il lancio di Hera, “lo strumento che ci permetterà di affrontare altre minacce sanitarie in futuro”, si tratta di “un investimento di 50 milioni di euro entro il 2027 per evitare che un virus possa trasformare una pandemia locale in pandemia globale”.

Un successo è anche “il certificato digitale”, ormai comunemente chiamato ‘green pass’. Ne sono stati prodotti “oltre 400milioni, sono connessi 42 paesi in 4 diversi continenti. Mentre il resto del mondo parlava l’Europa ha agito e ce l’ha fatta”. E un successo è stata anche la gestione della crisi economica da covid: “Sure ha aiutato 31 milioni di lavoratori e 2,5 milioni di aziende”. Il pil tornerà “ai livelli pre-crisi già quest’anno in 19 paesi Ue, seguiranno gli altri l’anno prossimo”. Quanto alle regole fiscali, a Patto di stabilità sospeso, von der Leyen sfoggia il suo ottimismo nella possibilità di trovare un accordo tra gli Stati “con largo anticipo rispetto al 2023”, quando le regole su deficit e debito dovrebbero tornare in vigore.

Von der Leyen si impossessa del progetto di autonomia strategica europea caro a Merkel. Sprona gli Stati a lavorare per spezzare la dipendenza dall’Asia sulla produzione di “semiconduttori”. Annuncia un “nuovo atto europeo dei cip, coordinando investimenti nazionali ed europei”. Rilancia sulla lotta all’evasione e alle frodi, si aspetta un accordo tra gli Stati sulle “nuove risorse proprie” del bilancio Ue per ripagare il debito del Next Generation Eu. Pensa ai giovani: “Il 2022 sarà l’anno dei giovani. E la Commissione lancerà ‘Alma’, programma per permettergli di fare un’esperienza di lavoro all’estero in Europa”.

Il Green deal è sempre stata la ‘bandiera’ di von der Leyen, dal giorno dell’elezione alla presidenza della Commissione, fu il lasciapassare per conquistare la disponibilità dei Verdi in Parlamento. Ora però il piano di riconversione energetica rischia di finire imbrattato dai rincari nelle bollette. Ma su questo la presidente fa pochi programmi: preferisce aspettare di capire se gli aumenti sono temporanei o permanenti. Si limita a difendere il “fondo sociale” previsto dal Next Generation Eu, 72 miliardi per le fasce povere: “La povertà energetica colpisce 34 milioni di europei”, dice.

L’argomento è spinoso. Minaccia di diffondere impopolarità su Bruxelles e sulla presidente stessa. Ma von der Leyen riesce per ora a ‘surfare’ sui nodi aperti. E anche a intestarsi delle nuove partite, tutte da vedere. Come per esempio il progetto di una “Unione della difesa”, che la presidente rilancia in risposta alla crisi afgana, “sintomo di rivalità competitiva” tra le principali potenze, esempio della necessità che “l’Ue faccia di più autonomamente” perché “se le crisi non vengono gestite per tempo, poi arrivano a noi”.

E dunque, mentre si prepara la “nuova dichiarazione Ue-Nato”, dice von der Leyen, ci si appresta a “organizzare, prima della metà del 2022, un vertice sulla difesa europea con Macron”, storicamente il maggiore sponsor di questo progetto, da sempre arenato “non per mancanza di capacità, ma per mancanza di volontà politica”, dice von der Leyen. Resta il fatto che la materia “richiede decisioni all’unanimità” tra gli Stati membri, avverte Paolo Gentiloni commentando e apprezzando il discorso della presidente.

Ad ogni modo, la nuova crisi migratoria dall’Afghanistan è un altro esempio di emergenza non gestita per tempo e sbattuta alle porte dell’Europa. Von der Leyen le dedica più tempo e parole, rispetto alla ‘vecchia’ emergenza nel Mediterraneo, che interessa direttamente l’Italia. La presidente chiude addirittura un occhio sui muri costruiti dai paesi dell’est per difendere i confini esterni. Eppure l’Unione Europea criticò a suo tempo il muro tra Usa e Messico, avviato da Clinton, esaltato da Trump. Invece assicura ogni comprensione e vicinanza a “Lituania, Lettonia, Polonia”, colpite direttamente dai flussi e dai ricatti del bielorusso Lukashenko, che raccoglie migranti a Minsk per poi spedirli ai confini con l’Ue. La presidente rilancia “il nuovo patto sull’immigrazione e asilo”, proposto dalla Commissione l’anno scorso dopo gli incendi ai campi di Lesbo e rimasto da allora lettera morta. È convinta comunque che senza strumenti per gestire l’immigrazione, l’Europa sia costretta a subirla e basta: “Dobbiamo accogliere chi arriva legalmente in Ue. La migrazione non deve essere usata per dividerci, sono convinta che si possa creare fiducia tra noi”.

Il prossimo scoglio è sul rispetto dello stato di diritto, questione per cui la Commissione ha bloccato i piani di ripresa e resilienza di Polonia e Ungheria. Von der Leyen non le cita direttamente, ma lascia capire che Palazzo Berlaymont non farà sconti, quando dovrà prendere una decisione, alla fine del mese. Ergo: dopo le elezioni in Germania. Promette “dialogo ma anche azione concreta”. A quanto si apprende da ambienti europei, per ora i due piani non hanno molte possibilità di essere approvati. La prima sfida della ‘nuova Ursula’ sarà bloccare Viktor Orban nella sua corsa elettorale verso il voto dell’anno prossimo in Ungheria.

Questo articolo è originariamente apparso su L'HuffPost ed è stato aggiornato.