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Vaccini e quelle tangenti scandalo

Vaccini e quelle tangenti scandalo

In Italia le vaccinazioni obbligatorie per i neonati sono quattro. La legge prevede che i bebè si debbano sottoporre a quelle contro la difterite, il tetano, la poliomelite e l’epatite b. Al di là delle grandi scuole di pensiero: “I vaccini sono utili e indispensabili”; “No, l’efficacia e l’impatto sulla salute sono tutti da dimostrare”, c’è da ricordare un piccolo trascorso che riguarda la punturina contro l’epatite b. Non si scampa, dal 1991 si è costretti a vaccinarsi: a prendere questa decisione fu l’allora ministro della Sanità, Francesco De Lorenzo che, insieme al responsabile del settore farmaceutico del ministero, Duilio Poggiolini, intascò ben 600 milioni di lire dall’azienda Glaxo-SmithKline, unica produttrice del vaccino Engerix B.

Adesso, a distanza di oltre vent’anni, con sentenze passate in giudicato dalla Cassazione, il vaccino in questione resta obbligatorio. Sarà sicuramente utilissimo ma qualche dubbio è anche lecito. Di certo, comunque, c’è la sentenza di condanna della Cassazione per il reato legato alla vaccinazione, più altri. La Corte ha deciso di condannare gli imputati poiché hanno percepito “somme da numerose case farmaceutiche, producendo un danno erariale derivato dalla ingiustificata lievitazione della complessiva spesa farmaceutica, determinata dalla violazione degli obblighi di servizio riferibili a ciascuno”. Uno scandalo in piena regola, proprio all’inizio di Tangentopoli. La vicenda giudiziaria, poi, ha avuto anche risvolti recenti. Nell’aprile del 2012, infatti, l’ex ministro Francesco De Lorenzo e l’ex dg del Servizio farmaceutico Duilio Poggiolini sono stati condannati a risarcire lo Stato con oltre 5 milioni di euro ciascuno per i danni d’immagine provocati. La sentenza della Corte di Cassazione ha confermato una decisione dell’aprile del 2011 della Corte dei conti sullo scandalo della sanità del 1982-1992.

Nel dettaglio, la somma che De Lorenzo e Poggiolini sono stati costretti a versare allo Stato ammonta a 5 milioni, 164mila e 569 euro a testa. La sentenza aveva preso le mosse dalle precedenti sentenze definitive per i reati di corruzione o concussione. La Suprema corte, inoltre, con la sentenza dell’aprile di due anni fa ha anche rigettato il ricorso di De Lorenzo e Poggiolini. “Con la sentenza impugnata – si legge nelle motivazioni – la Corte dei conti ha ritenuto di liquidare il danno non patrimoniale, inteso come vulnus in sé all’immagine e alla moralità della pubblica amministrazione”. Nel ricorso sia De Lorenzo sia Poggiolini avevano contestato, tra gli altri motivi, anche la giurisdizione della Corte dei conti in materia, sostenendo che la sfera di danno alla Pubblica amministrazione fosse riservata al giudice ordinario. Entrambi i ricorsi sono stato rigettato dalle sezioni unite civili perché “il danno all’immagine comunque concerne l’unica entità soggettiva costituita dallo Stato-persona”.

“Vivrò da francescano per restituire tutto”, affermò De Lorenzo in un’intervista al Corriere, nei giorni seguenti la pubblicazione della sentenza. Resta il fatto che la vaccinazione dello scandalo, ancora oggi, viene tranquillamente somministrata, obbligatoriamente, a tutti i bambini nati in Italia. La disputa sull’efficacia dei vaccini tiene sempre banco. Nella scorsa primavera, ad esempio, un’epidemia di morbillo in Galles ha riaperto il dibattito sulla campagna di prevenzione delle malattie infettive. Nel 2010, giusto per citare un altro caso, il ministero della Salute sborsò 184 milioni di euro alla multinazionale Novartis per la fornitura di 24 milioni di dosi di vaccino contro l’influenza A, meglio nota come “suina” o H1N1. Con uno spreco di risorse enorme perché il virus fu tutt’altro che una pandemia e le dosi consegnate furono appena 10 milioni con un decimo soltanto effettivamente somministrato ai cittadini.

Non possiamo e vogliamo certamente in questa sede prendere una posizione tra i fautori dei vaccini che “aiutano a prevenire la diffusione di malattie soprattutto tra le fasce della popolazione più a rischio” o tra coloro che sostengono come un “uso eccessivo indebolisce la reattività individuale”. E’ innegabile, però, che le logiche politiche ed economiche spesso e volentieri non hanno molto a che fare con le reali esigenze della popolazione. Anzi, alle volte possono addirittura danneggiare la salute delle persone.