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Verso la crisi di astinenza monetaria

In una giornata dai due volti, come è stata quella di ieri, potrebbe essere stata versata la goccia che fa traboccare il vaso dell’ottimismo e decreta la fine del recupero dei mercati azionari occidentali.

La mattinata sui mercati europei si è aperta di cattivo umore, con gli indici in gap ribassista, dopo la brutta notizia che la BOJ ha deciso di non muovere nulla nella sua politica, mentre tutti si attendevano regali monetari in gran quantità. L’effetto immediato sulla borsa giapponese, già segnalato nel commento di ieri mattina, è stato drammatico (-5% dai valori dell’indice Nikkei prima del comunicato BOJ), così come il rimbalzo dello Yen su tutte le monete. Le (Taiwan OTC: 8490.TWO - notizie) borse occidentali non potevano ignorare l’evento, per cui la mattinata è trascorsa ad ingigantire le perdite, con l’indice Eurstoxx50 arrivato a fare anche -2%. Il primo pomeriggio è stato caratterizzato dalla prima stima provvisoria del PIL USA del 1° trimestre 2016, che è risultata ancora peggiore (+0,5% annualizzato) delle già fiacche previsioni degli analisti (+0,7%). Ma, come è capitato quasi sempre in questi anni di droga monetaria, gli investitori sono sembrati propensi ancora una volta ad interpretare il dato alla rovescia, considerandolo un buon viatico per il mantenimento dello status quo monetario da parte della FED. L’indice americano SP500, dopo un’apertura in calo, ha cominciato a salire come se le notizie macroeconomiche fossero state positive, trascinando le borse europee al recupero completo, anche grazie ad un petrolio, anch’esso completamente slegato dai fondamentali, che non accennava a volersi fermare, andando in serata a toccare addirittura quota 46 dollari al barile. L’indice SP500, nel momento in cui hanno chiuso le borse europee, ha così riavvicinato quota 2.100 e segnato il massimo di seduta a 2.099, proprio come il giorno precedente.

Ma qui, ancor più che mercoledì, il mercato ha improvvisamente cambiato faccia. Gli acquisti si sono fermati ed hanno cominciato ad arrivare vendite copiose, con l’indice che nelle fasi finali è ruzzolato fino ad una perdita di quasi un punto percentuale. Per la volatilità che esprime ultimamente la borsa americana, è un calo già di tutto rispetto.

Però non è il calo in sé a farmi impressione, quanto piuttosto la sensazione che, nonostante tutta la spinta speculativa e gli aiuti della FED, l’area di resistenza compresa tra 2.100 e 2.115, che avevamo individuato da parecchio tempo, ieri sia stata riconosciuta forse in modo definitivo come ostacolo troppo difficile da superare, almeno in questo contesto. I mercati USA si trovano con trimestrali che, sia pur con qualche eccezione, stanno confermando le fosche previsioni degli analisti e rivelano diffuse difficoltà delle imprese a mantenere ricavi ed utili in crescita. Il PIL stenta, come dimostrato dalla lettura di ieri, che lo mostra in ulteriore e significativo rallentamento rispetto al già scarso ritmo di crescita del 1,4% mostrato nell’ultimo trimestre 2015.

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Pretendere che gli indici riescano a forzare i massimi assoluti è un insulto al buon senso e sarebbe possibile solo se in aiuto dei mercati arrivassero manovre di espansione monetaria molto aggressive, che le banche centrali stanno mostrando di non essere più in grado di garantire.

E’ questo il dato nuovo degli ultimi giorni, a mio parere non sufficientemente evidenziato dai media finanziari: le banche centrali stanno esaurendo la droga monetaria. La FED ha già iniziato nel dicembre scorso la sua manovra di rialzo dei tassi, con un tempismo non ottimale, dato che poi è arrivato il terremoto cinese. Ora si è trovata a sospendere l’incremento dei tassi, ma il massimo che può offrire alla speculazione è il mantenimento dello status quo, non certo ulteriore droga.

La BCE è stata molto aggressiva e Draghi ha aperto ulteriormente i rubinetti a marzo. Ma ora si trova all’angolo, accusato di eccessiva generosità, quando non anche di pericoloso avventurismo, dalla stampa e da buona parte delle forze politiche tedesche e nord europee. In questi giorni gira l’Europa a difendere le sue scelte seduto sul banco degli imputati. Non vedo come si possa pensare ad altri aiuti monetari a breve da parte della BCE (Toronto: BCE-PA.TO - notizie) . Ieri anche Kuroda ha implicitamente ammesso di non avere molto altro da offrire, nonostante l’inefficacia delle misure fin qui adottate. Persino la Banca Centrale cinese ha mostrato nelle ultime settimane la volontà di alzare il piede dall’acceleratore monetario, nel timore che il pompaggio fin qui attuato possa peggiorare i già evidenti squilibri presenti nel debito globale e nel suo sistema finanziario ombra che lo ha alimentato.

Chi può fornire ora la droga necessaria ad impedire che i nodi macroeconomici vengano al pettine delle quotazioni di mercato? Nessuno, sembrano aver capito i mercati, che oltretutto si apprestano ad entrare in un periodo stagionale piuttosto sfavorevole. Infatti il famoso detto recita “sell in may and go away”. Ieri, verso le 9 di sera, sembra che in USA si sia scoperto oggi sarà l’ultima seduta di aprile.

Autore: Pierluigi Gerbino Per ulteriori notizie, analisi, interviste, visita il sito di Trend Online