Vito Dell'Aquila oro nel taekwondo! La palestra di Mesagne colpisce ancora
È la prima medaglia d’oro italiana ai Giochi olimpici di Tokyo. Vito Dell’Aquila, vent’anni, ce l’ha fatta. Il taekwandoka ha sconfitto il tunisino Mohamed Khalil Jendoubi per 16-11 nella categoria -58kg.
Su Instagram Dell’Aquila si definisce “un ragazzo semplice con alcuni grandi sogni”. Uno di questi sogni era l’Olimpiade. “Sono un evento incredibile, le sognavo fin da piccolo, ma è solo un primo passo verso altro: non voglio solo partecipare, vorrei ottenere il miglior risultato possibile” diceva in un’intervista solo qualche settimana fa. Nato a Mesagne, in provincia di Brindisi, il 3 novembre 2000, Dell’Aquila scopre il taekwondo a 8 anni: “Precisamente nel settembre 2008. Ero molto timido e mio padre, a cui piacciono le arti marziali, decise di portarmi nella palestra del Maestro Roberto Baglivo, che a Mesagne è molto conosciuto. Inizialmente era per me un gioco, andavo in palestra molto volentieri perché passavo i pomeriggi con gli altri miei coetanei invece di stare solo a casa a studiare o annoiarmi. Poi con i primi risultati è diventata una passione e adesso considero il taekwondo come una professione perché lavoro duramente per raggiungere i traguardi che mi pongo”. Nel 2018 entra a fare parte del Centro Sportivo Carabinieri. Nel novembre 2019 vince il titolo europeo nei -58 kg a Bari, davanti ai suoi tifosi. Un mese dopo, a Mosca, strappa il pass per Tokyo e vince l’oro al Grand Prix final di Mosca, competizione riservata ai migliori 16 al mondo, battendo addirittura in finale il numero uno del ranking il coreano Jun Jang.
Il Taekwondo in Italia
La seconda medaglia italiana alle olimpiadi di Tokyo arriva in uno sport che di italiano ha ben poco. Anzi, la sua origine, è molto più vicina al Giappone. Nato in Corea tra il 1940 e il 1950, negli ultimi anni l’arte marziale però si sta sviluppando sempre di più nel nostro Paese. Basti pensare che alle Olimpiadi di Rio2016 il movimento non era riuscito a portare nessun atleta. A quelle del 2020 di Tokyo ne sono arrivati ben due, Vito dell’Aquila e Simone Alessio. La Federazione Italiana Taekwondo conta oggi oltre 25.000 tesserati, più di 600 palestre e oltre 500 società sul territorio italiano. Il Taekwondo fa il suo esordio in Italia nel 1966 con l’apertura della palestra “Centro Tekwondo Roma” da parte del Maestro Sun Jae Park, fondatore del Taekwondo in Italia e futuro Presidente della Federazione. La prima Federazione, denominata FITKD, nasce nel 1975, affiliata alla World Taekwondo Federation (WTF). Nel 2000 il Consiglio Nazionale del CONI approva il riconoscimento ai fini sportivi della Federazione Italiana Taekwondo, con la denominazione FITA.
Quando il successo nasce dal basso
C’è una storia che forse in pochi conoscono dietro il successo italiano nel Taekwondo e porta il nome di una palestra in una piccola cittadina pugliese, in provincia di Brindisi. La palestra “New Martial” di Roberto Baglivo, a Mesagne, una cittadina di soli 26mila abitanti. Proprio qui è nato e si è allenato Vito dell’Aquila. Ma qui sono nati negli anni tutti i campioni olimpionici e non solo nella disciplina coreana. Tra di loro Carlo Molfetta e Veronica Calabrese. Carlo Molfetta ha vinto la medaglia d’oro nella categoria +80 kg ai Giochi di Londra del 2012. Veronica Calabrese ha invece vinto due medaglie di bronzo per le classi 57 e 59 kg ai Campionati Europei di Taekwondo (2006 a Bonn e 2010 a San Pietroburgo). Ha anche conquistato una medaglia d’argento nella stessa divisione ai Campionati mondiali di Takwondo 2009 a Copenaghen, in Danimarca. Calabrese si è qualificata poi per la classe 57 femminile alle Olimpiadi estive del 2008 a Pechino. Nella stessa palestra non è nato, ma si è allenato poco prima di partecipare alle Olimpiadi anche Mauro Sarmiento, prima medaglia olimpica nella disciplina a Pechino 2008 (argento). Ai Giochi di Londra 2012 Sarmiento ha poi vinto la medaglia di bronzo.
Vito dell’Aquila è dunque solo l’ultimo atleta allenato da Baglivo. Proprio per aver allenato i più grandi campioni nella disciplina, Al maestro Roberto Baglivo la Fita ha conferito la cintura d’oro al merito. Lui che ha portato una disciplina orientale che nessuno prima conosceva in una piccola cittadina del sud. Baglivo, in un’intervista del 2017 a Repubblica, ha raccontato di aver scoperto il Taekwondo mentre lavorava, da emigrato, a Stoccarda. “Da giovanissimo emigrai a Stoccarda, dove facevo lo spedizioniere. Mi è sempre piaciuto lo sport ed un giorno girai per palestre. In una di queste, vidi uno con la gamba alzata che mi sembrava un manichino. Restava dritto, pur essendo in una posizione davvero scomoda. Mi avvicinai sempre di più e mi resi conto che era un maestro in carne ed ossa. Era un coreano, figlio di una disciplina che ha le sue origini proprio in Corea. Decisi di praticare quello sport e da allora non ho più smesso”. A Stoccarda Baglivo utilizzava i suoi risparmi per allenarsi in palestra. Una volta rientrato a Mesagne, il suo primo pensiero è stato quello di trasformare una passione in un vero e proprio lavoro. “All’inizio c’era molta diffidenza rispetto ad uno sport che dalle mie parti non si era mai visto. Ma una volta entrati in palestra, ragazzi e genitori non ne uscivano più. I primi ad ottenere risultati importanti, sono stati i miei figli. Ma di seguito, in tanti hanno vinto titoli italiani ed in ambito internazionale”.
Ora, tra quegli atleti c’è anche il ventenne Dell’Aquila. Solo pochi mesi fa sognava l’oro alle Olimpiadi e ora ce l’ha in mano. Ma i giochi di Tokyo non sono l’unico obiettivo di Dell’Aquila. “Ho intenzione di iscrivermi alla facoltà di Scienze della Comunicazione a Roma e diventare un giornalista per scrivere di taekwondo, visto che in Italia, secondo me, se ne parla troppo poco” conclude.
Questo articolo è originariamente apparso su L'HuffPost ed è stato aggiornato.