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Voto di fiducia

E’ arrivata con un po’ di ritardo, ma alla fine i mercati USA hanno affidato alla FED quell’attestazione di fiducia che, nei giorni immediatamente seguenti la riunione del FOMC che ha alzato i tassi, sembrava mancare.

Forse c’era bisogno di lasciar passare la giornata delle 4 Streghe, lasciar scadere futures ed opzioni ed effettuare tutte le sistemazioni tecniche che caratterizzano questa seduta, prima di vedere i mercati impostare le nuove strategie per l’estate.

Ieri una prima risposta è stata data. Con uno strappo rialzista di notevole vigore, almeno dati i tempi di scarsa volatilità che caratterizzano ultimamente i mercati, gli indici USA tradizionali (SP500 e Dow Jones) hanno ancora una volta superato le precedenti resistenze e stabilito muovi massimi storici. SP500 ha superato quota 2.450, mentre il Dow ha scavalcato i 21.500 punti, entrambi con un gap rialzista che mostra tutta la convinzione del momento. In deciso recupero si è finalmente mostrato anche l’indice Nasdaq100, che, con un poderoso +1,6%, si è riportato sui massimi realizzati con il primo rimbalzo della scorsa settimana. Tuttavia è ancora a metà strada sulla via del recupero dei massimi del 9 giugno scorso. Il grafico sta disegnando un succulento ledge, la cui rottura dovrebbe fornire nuova direzionalità.

Come d’incanto tutto è tornato a convergere, fugando le perplessità che ho accennato nel commento di ieri. Il voto di fiducia a Yellen e soci non si è manifestato solo con la salita decisa dei mercati azionari. Le indicazioni speranzose della Yellen, ribadite ieri anche dalle parole del membro FOMC Dudley, circa l’irrobustimento della crescita del PIL, che dovrebbe tornare presto e rafforzare il passo troppo lento mostrato dall’economia USA negli ultimi 2 trimestri, hanno dato vigore anche al dollaro, che ha ricacciato l’euro ampiamente sotto quota 1,12 e aggiunto 4 punti base sui rendimenti del Treasury decennale. E’ tornata così ad aumentare leggermente l’inclinazione della curva dei rendimenti, che negli ultimi tempi si è schiacciata un po’ troppo per un’economia che deve mostrare i fasti di una ritrovata crescita.

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La buona intonazione americana ha contagiato anche gli indici europei, che già erano partiti col piede giusto, grazie alla schiacciante vittoria di Macron in Francia, che ha fatto man bassa di seggi parlamentari e si ritrova con una maggioranza di oltre il 60%.

Tutti hanno magnificato l’esito elettorale, visto come un trionfo dell’Europa, della gioventù e della modernità. Quasi nessuno ha fatto notare che questo risultato fa emergere le lacune del sistema elettorale francese, che molti vorrebbero anche in Italia perché garantisce governabilità. Certamente garantisce governabilità, ma regala anche scarsa democrazia e rappresentatività, dato che, se facciamo bene i conti, hanno votato il partito di Macron solo 6,3 milioni di francesi sui 47 milioni e mezzo di aventi diritto. Con il 13,5% dei consensi espliciti ha ottenuto oltre il 53% dei seggi in Parlamento. Altro che premio di maggioranza! I francesi hanno un sistema che attribuisce a chi vince un potere quasi 4 volte superiore al consenso esplicito ricevuto. Chiamare democratico e rappresentativo un sistema simile a me pare assai discutibile.

Sta di fatto che la conferma di stabilità in Europa ha messo di buonumore anche le borse continentali, che hanno aggiunto in media un punticino di rialzo agli indici e premiato il tedesco Dax, con il ritorno sui massimi storici, non superati per un’inezia. L’impresa verrà completata probabilmente oggi e dimostrerà ancora una volta che, quando l’America spinge, l’indice tedesco non manca mai all’appello con il record assoluto.

Un record che è ancora lontano per l’indice Eurostoxx50, che comunque è salito anch’esso. Meno brillante è stato il nostro Ftse-Mib, appesantito dallo stacco di dividendi di alcune importanti utility.

Giornata positiva comunque, anche per l’azionario italiano, sebbene sui salvataggi delle banche in crisi (MPS (BSE: MPSLTD.BO - notizie) , Pop.Vicenza e VenetoBanca) continuino a non arrivare buone notizie. Non mi pare una buona notizia, almeno per la trasparenza del mercato, il decreto “ad bancam” che il governo ha varato venerdì scorso. Siccome un bond subordinato di VenetoBanca sarebbe scaduto tra pochi giorni ed il governo si è trovato preso tra la disparità di trattamento che avrebbe attuato se avesse consentito il rimborso di questo bond ed il default con bail-in automatico se il bond non fosse pagato, è stata salomonicamente prevista una “sospensione” per 6 mesi delle scadenze per tutti i bond delle banche che hanno richiesto l’intervento dello Stato nel salvataggio. Il tira e molla con l’Europa e le lungaggini per arrivare al dunque hanno creato una prima vittima: la certezza del diritto.

Oggi ci occuperemo di misurare quanto durerà e dove arriverà l’estensione dell’impulso rialzista generato ieri. Nel (Londra: 0E4Q.L - notizie) recente passato le uscite da una congestione hanno avuto seguiti rialzisti via via sempre meno estesi. Questa volta si riuscirà a fare meglio?

Autore: Pierluigi Gerbino Per ulteriori notizie, analisi, interviste, visita il sito di Trend Online