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A Wall Street ogni correzione va comprata: e a Piazza Affari?

Di (KSE: 003160.KS - notizie) seguito riportiamo l’intervista realizzata a Gaetano Evangelista, amministratore unico di AGE Italia.
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La vittoria di Trump negli Stati Uniti non ha turbato i mercati azionari che dopo una brevissima fase emotiva hanno guadagnato terreno. Come valuta questa reazione delle Borse? Si aspetta ancora positività nel breve?

Le Borse vanno accolte per il valore facciale che esprimono. Hanno espresso diffidenza nei confronti del candidato della Casa Bianca, e hanno avuto ragione. Ho segnalato anzitempo le scarse probabilità di vittoria di cui godeva Hillary Clinton, proprio sulla base della performance negativa messa a segno nei due mesi che hanno preceduto la chiamata alle urne.
Adesso manifestano una evidente apertura di credito nei confronti del prossimo presidente: sarebbe sciocco non tenerlo in debito conto.

Mi aspetto consolidamento nel breve periodo, ma non posso rimanere insensibile davanti al fatto che lo S&P500 ha realizzato una incredibile sequenza di dieci minimi giornalieri crescenti di fila: un setup che si registra all’incirca una volta ogni due anni, e che storicamente produce quasi sempre un ulteriore progresso a distanza di due mesi.
Per cui, sì, ogni correzione a Wall Street va comprata.

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Piazza Affari si sta muovendo in direzione opposta a quella delle altre Borse, penalizzata dall’incertezza per il referendum del 4 dicembre. C’è il rischio di un ritorno sui minimi dell’anno per il Ftse Mib nel breve?

Piazza Affari non perde mai occasione per perdere l’occasione, per usare un vecchio adagio in uso nel mondo diplomatico. La borsa italiana sottoperforma il resto del mondo dalla fine di ottobre. Venerdì sera l’indice MIB risultava il peggiore nel G25, assieme all’Ibex spagnolo, per performance post-elettorale, dietro quattro borse emergenti (India, Indonesia, Brasile e Messico).

Se per queste ultime il ragionamento è che l’aumento dei tassi di interesse sospinge il dollaro e dunque penalizza oltremodo i mercati emergenti, per Italia e la Spagna la medesima prospettiva costituisce una autentica mannaia per la sostenibilità dei conti pubblici.

Per cui ci sono fattori endogeni, come il prossimo referendum, e timori legati alla possibilità che i tassi di interesse stiano svoltando definitivamente verso l’alto.
Ma, dopotutto, non era questo l’obiettivo delle banche centrali? Stimolare l’inflazione? E' ovvio che ciò avrebbe portato all’aumento dei tassi di interesse. Per passare di metafora in metafora, sarebbe come dire «stai attento a ciò che chiedi, perché rischi di essere accontentato».

Il petrolio sta provando a reagire dopo gli ultimi cali, mantenendosi per ora al di sotto dei 50 dollari al barile. Nelle prossime settimane prevede ulteriori rialzi del greggio?

No, credo che i tempi non siano ancora maturi per una ripartenza definitiva del petrolio. I Commercial stanno accumulando posizioni lunghe, mentre i fondi sono ancora poco esposti sul lato corto. Occorreranno quotazioni più basse, per indurre ambo gli operatori ad esasperare le rispettive posizioni.

Fondamentalmente viviamo un trading range 42-52 dollari, da cui siamo fuoriusciti soltanto in modo estemporaneo in estate. Penso che sarà necessario testare di nuovo la parte bassa di questa congestione, prima di ripartire.

Non dimentichiamo che negli ultimi due anni il bimestre novembre-dicembre è stato particolarmente drammatico per il WTI, con perdite ad abbondante doppia cifra percentuale. Resterei cauto, per il momento.

Una domanda doverosa riguarda la tendenza globale dei tassi di interesse. Ne accennava all’inizio dell’intervista: è davvero finita una tendenza che ci accompagna da un’intera generazione? Ci dobbiamo abituare a tassi di interesse elevati e crescenti?

Non direi. Non ancora, tranne alcune eccezioni, che peraltro ci riguardano da vicino.
In generale, però, la tendenza benigna storica non è ancora stata intaccata, dal punto di vista tecnico. L’indice globale dei titoli di Stato mantiene ancora una traiettoria crescente, malgrado il recente ridimensionamento.

La situazione però va monitorata con grande attenzione, perché sotto determinate soglie bisognerebbe risolutamente modificare il proprio atteggiamento strategico nei confronti del reddito fisso.

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