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Weidmann lascia, Merkel all'ultimo summit: nuova era per Berlino

German Chancellor Angela Merkel (R) speaks with President of the German Federal Bank (Deutsche Bundesbank) Jens Weidmann before the cabinet meeting in Berlin on June 27, 2012. Merkel insisted in a speech to lawmakers that there were
German Chancellor Angela Merkel (R) speaks with President of the German Federal Bank (Deutsche Bundesbank) Jens Weidmann before the cabinet meeting in Berlin on June 27, 2012. Merkel insisted in a speech to lawmakers that there were

Un indizio inequivocabile del fatto che in Germania il nuovo governo Scholz sta per nascere sono le dimissioni a sorpresa del presidente della Bundesbank e membro del board della Bce Jens Weidmann. L’altro indizio, altrettanto inequivocabile, è che domani a Bruxelles Angela Merkel parteciperà al suo ultimo Consiglio Europeo, il 107esimo degli oltre 16 anni passati alla cancelleria tedesca.

A Berlino cambia tutto, tanto che Weidmann, ex consigliere economico di Merkel, nominato da lei alla banca centrale dieci anni fa, lascerà a fine dicembre con ben 5 anni di anticipo rispetto alla fine del suo mandato. In Germania, paese sempre traino d’Europa, cambia tutto tanto che, in attesa del nuovo ‘ordine’ a Berlino, domani e dopodomani il summit dei leader europei non prenderà decisioni definitive sui dossier in discussione: energia, covid, immigrazione. Sulla questione del rispetto dello stato diritto, dopo il duro attacco della Polonia, non si prevede nemmeno un ‘dibattito strutturale’, come si dice in gergo diplomatico.

Però domani il presidente del Consiglio Europeo Charles Michel ha previsto una ‘photo opportunity’ particolare per i 27 capi di Stato e di governo: sarà l’istantanea che ricorderà ai posteri l’ultimo summit di Merkel a Bruxelles. Sarà il vertice dei saluti, dell’addio, del cambio di fase.

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Non erano nell’aria decisioni di sorta, ma certo almeno il dossier polacco si annunciava caldo, dopo la sentenza della Corte suprema di Varsavia sulla prevalenza del diritto nazionale a danno di quello comunitario e dopo lo scontro ieri in aula a Strasburgo tra il premier polacco Mateusz Morawiecki e la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen. Invece, a quanto raccontano diverse fonti europee, nemmeno l’olandese Mark Rutte, il più battagliero sullo stato di diritto, è interessato all’affondo. Il premier de L’Aja solleverà il tema, certo, e bisognerà vedere cosa risponderà Morawiecki, il cui intervento è già segnato in agenda. Ma nemmeno Rutte cavalcherà la decisione annunciata oggi dal Parlamento Europeo di citare in giudizio la Commissione europea per mancanza di azione contro Varsavia sul rispetto della condizionalità sullo stato di diritto. Tradotto: prevale la proposta di Merkel di aspettare l’esito del ricorso di Budapest e Varsavia in Corte di giustizia Ue, prima di bloccargli i fondi del recovery fund.

Mediazione, l’ultima per la cancelliera che inevitabilmente trasforma il summit di ottobre in un appuntamento di passaggio. Di certo, è scoccata l’ora del cambio di fase. In anticipo rispetto alle previsioni che, fino a qualche settimana fa, inquadravano lunghe trattative per la nascita del governo Scholz e dunque una Merkel in carica almeno fino a fine anno. L’addio di Weidmann, a metà del suo mandato alla Bundesbank, è un altro tassello importante di questa ‘piccola-grande rivoluzione’.

“Chiunque conosca Weidmann - scrive la Faz - sa che la sua decisione non deve essere interpretata come diserzione, ma come un segnale di frustrazione per lo sviluppo della politica monetaria. E come espressione di preoccupazione che la Bce non si lascerà più frenare nel suo cammino verso una politica monetaria al ribasso”.

Del resto, Weidmann stesso lo lascia intendere nella sua lettera di ‘addio’. Dopo il riconoscimento del lavoro svolto dalla Bce durante la crisi del covid (“Nonostante le tensioni causate dalla pandemia, siamo riusciti a portare a termine con successo la revisione della strategia, un’importante pietra miliare della politica monetaria europea”), l’ex capo della Bundesbank sottolinea che però “occorre prestare maggiore attenzione agli effetti collaterali” dell’inflazione “e, in particolare, ai rischi per la stabilità finanziaria. Un superamento mirato del tasso di inflazione è stato respinto”.

Dunque Weidmann, il ‘falco’ che tentò (senza riuscirci) di contrastare il Quantitative Easing di Mario Draghi quando era governatore della Bce, lascia perché evidentemente in disaccordo con la tendenza attuale della politica economica in Banca Centrale Europea, perché evidentemente impossibilitato a cambiare il corso degli eventi, perché rimasto senza sponda politica al governo a Berlino. Sarà il nuovo esecutivo a nominare il successore. E potrebbe essere donna. Girano i nomi di Claudia Buch, attuale vice di Weidmann alla Bundesbank, e di Isabel Schnabel, se decidesse di lasciare la sua carica nel board della Bce. In lizza anche gli economisti Volker Wieland, Marcel Fratzscher, Lars Feld e Lars-Hendrik Roeller, oltre all’attuale capo economista della Buba, Jens Ulbrich.

Difficile fare congetture su cosa farà in futuro il 53enne Weidmann. Tra Berlino e Bruxelles le voci lo danno per prossimo protagonista della politica tedesca, altri intuiscono solo ragioni personali nelle dimissioni presentate oggi. Di certo, malgrado i Liberali tedeschi assicurino che “non ci sarà alcuna svolta a sinistra” con la nascita del loro governo insieme a Socialisti e Verdi, nonostante che la discussione europea sul Patto di stabilità non lasci prevedere rivoluzioni sulle regole fiscali, la pandemia ha cambiato la fase. E chi prima era alfiere del rigore, ora - e soprattutto in prospettiva - non ha più un posto in prima fila.

“Sono giunto alla conclusione che più di 10 anni sono una buona misura di tempo per voltare pagina, per la Bundesbank, ma anche per me personalmente”, scrive Weidmann nella lettera al personale della banca centrale tedesca. Weidmann “ha rappresentato la Bundesbank in modo eccezionale a livello nazionale come internazionale in un tempo in cui la politica valutaria e finanziaria hanno costituito sfide particolarmente complesse”, commenta il portavoce di Merkel, Steffen Seibert. Giù il sipario.

Questo articolo è originariamente apparso su L'HuffPost ed è stato aggiornato.