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Yolo, l'app collegata a Snapchat fa il botto. Ma c'è un grosso problema di privacy

Lo screenshot dell'app Yolo
Lo screenshot dell'app Yolo

Nelle ultime ore c’è stato un boom per la neonata app Yolo, che permette agli utenti di Snapchat di mandare messaggi anonimi a amici specifici o alla più larga platea di utenti che usa questo particolare social media.

Un boom notevole che ha sorpreso tutti, a solo una settimana dal suo lancio. Infatti ha raggiunto le classifiche dell’Apple Store senza spendere un euro in marketing o in una qualsiasi campagna pubblicitaria, cosa deecisamente inusuale. Il problema, tuttavia, è un altro.

Sempre più spesso le app nelle quali si possono fare domande agli utenti diventano popolari; il fatto che su Yolo si possano scrivere anonimamente ha sollevato il problema della privacy e del possibile cyberbullismo.

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In passato app del genere sono state afflitte da abusi. E molte associazioni si sono già schierate contro Yolo, prevedendo ulteriori guai: “Chiediamo a Snapchat di intervenire: è a rischio la privacy degli utenti, ma soprattutto c’è il pericolo che i giovanissimi fruitori dell’app possano subire campagne di bullismo incontrollabili. L’anonimità inoltre mal si concilia con il limite d’età richiesto dall’app, che è solo di 12 anni. A quell’età le decisioni non sono mai davvero mature, in particolare con un cellulare non controllato dai genitori”, dichiara la società britannica per la prevenzione alla crudeltà sui minori (NSPCC).

Yolo sta per "you only live once", cioè “si vive una volta sola”. L’app incoraggia a mandare messaggi anonimi, le cui risposte diventano ‘storie’ di Snapchat. Yolo è stata creata da Popshow Inc, una start-up francese. I suoi responsabili hanno assicurato che ogni episodio di bullismo verrà condannato, con l’utente protagonista bannato all’istante.

Questo però significa avere le spalle coperte con un ottimo sistema per trovare la frode, cosa che si presume Popshow non abbia (Facebook, azienda più grande, fatica a gestire le sue app nonostante l’imponente forza lavoro impegnata nella moderazione dei contenuti).

Un’altra app simile, Polly, non ha avuto lo stesso successo: questo perché gli sviluppatori hanno rinunciato alla funzionalità anonima. Il motivo? “Non abbiamo intenzione di moderare contenuti offensivi né di tollerare abusi”.

Se non sei preoccupato per la presenza del cyberbullismo e della violenza online, dovresti: recentemente Facebook ha ammesso che i suoi tool per generare video automatici hanno aiutato alcune forze terroristiche a condividere violenze e abusi; mentre l’app TikTok ha difficoltà a eliminare utenti predatori dalla sua platea d’utilizzo.

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