Polverone nel Regno Unito dopo le rivelazioni sul razzismo a corte
La famiglia reale britannica scossa dallo scandalo "razzismo a corte" dopo le rivelazioni schock della coppia ducale in fuga. Si temono le reazioni negative del Commonwealth
Approfondimento sul fatturato della Juventus, analizzando voce per voce.
In Italia per le 80mila aziende bio +15% reddito, +50% occupati rispetto alle aziende convenzionali
Qual è stato il cammino del City in ogni edizione della Champions League da quando il club è in mano a Mansour?
La memoria non ha riferimenti a cui appigliarsi per distinguere una settimana dall’altra. Colloquio con il dottor Claudio Mencacci, ex presidente della Società Italiana di Psichiatria
Una settimana fa spuntava l'indiscrezione raccolta da Calciomercato.com riguardo una maglia da gioco...
“L’unica regola per arredare la casa è che il décor rifletta chi sei”
"La profilassi è il gold standard della terapia per i pazienti emofilici. Con la profilassi infatti si prevengono i microsanguinamenti e in particolare le emorragie articolari, evitando quindi lo sviluppo dell'artropatia emofilica. Con l'avvento di nuovi farmaci quali i concentrati a lunga emivita e la terapia non sostitutiva, i medici hanno la possibilità di scegliere tra una serie di opzioni, per offrire una terapia di profilassi personalizzata, a misura delle esigenze di ogni paziente". Lo ha detto Cristina Santoro, ematologa del Policlinico Umberto I di Roma, nel suo intervento in occasione dell'incontro online organizzato da 'Articoliamo', campagna sostenuta da Sobi con il patrocinio di FedEmo, nata per promuovere il benessere delle articolazioni nelle persone con emofilia. L'iniziativa è giunta alla sua quinta tappa e ieri è sbarcata nel Lazio, dove si trovano più di 600 persone affette da emofilia (in Italia sono oltre 5 mila), una rara patologia della coagulazione, che può portare a problemi articolari e alla riduzione progressiva di mobilità.
GlaxoSmithKline e Vir Biotechnology hanno annunciato oggi che l'AgeEma) ha avviato una revisione di Vir-7831, un anticorpo monoclonale a doppia azione sperimentale, per il trattamento di adulti e adolescenti (di età pari o superiore a 12 anni e di peso pari o superiore a 40 kg) con Covid-19 che non richiedono integrazione di ossigeno e che sono ad alto rischio di progredire in una forma grave di malattia. E' quanto si legge in una nota Gsk. La revisione è condotta dal Comitato per i medicinali per uso umano (Chmp) dell'Ema e fornirà raccomandazioni a livello di Ue per le autorità nazionali che possono prendere decisioni basate sull'evidenza sull'uso precoce del medicinale, prima di qualsiasi domanda formale di autorizzazione all'immissione in commercio. La revisione includerà i dati di un'analisi ad interim dei dati di efficacia e sicurezza dello studio di fase 3 Comet-Ice, che ha valutato Vir-7831 come monoterapia per il trattamento precoce di Covid -19 negli adulti ad alto rischio di ospedalizzazione. I risultati dell'analisi ad interim, basati sui dati di 583 pazienti randomizzati, hanno dimostrato una riduzione dell'85% dell'ospedalizzazione o della morte in coloro che hanno ricevuto Vir-7831 rispetto al placebo, l'endpoint primario dello studio. Di conseguenza, l'Independent Data Monitoring Committee ha raccomandato di interrompere lo studio per l'arruolamento a causa di prove di profonda efficacia.
Diagnosi difficili che spesso avvengono per caso, trattamenti iniziati con anni di ritardo e rischi per i pazienti, che vivono in una condizione di isolamento. Poi è arrivata Covid-19. In un quadro problematico già prima della pandemia, l'emergenza ha portato a un ulteriore crollo. Secondo na ricerca Iqvia, tra marzo e giugno 2020 si è registrato un calo di circa il 21% nelle nuove diagnosi per patologie onco-ematologiche, a cui si è aggiunto un ulteriore 17% di diagnosi in meno tra settembre e novembre, rispetto agli stessi periodi del 2019. E' questo lo scenario tracciato ieri sulle neoplasie mieloproliferative croniche (Mpn), in occasione dell'incontro di presentazione della campagna di informazione 'Mielo-Spieghi', promossa da Novartis in collaborazione con Aipamm, con il patrocinio di Ail e del Mpn Advocates Network. Un programma di attività che punta sul ruolo attivo dei pazienti, per richiamare l'attenzione sui sintomi e migliorare la gestione della malattia. Mielo-Spieghi nasce nel 2019 con una pagina Facebook (@MieloSpieghi), realizzata grazie alla supervisione di un board di 10 ematologi esperti. Tra le novità, un percorso di conoscenza online rivolto a pazienti e caregiver. Accedendo al link www.alleatiperlasalute.it/mielo-spieghi/it i pazienti saranno guidati attraverso una serie di domande e spunti di riflessione, con l'obiettivo di favorire una maggiore consapevolezza sulla malattia. Uno strumento utile per intraprendere un percorso di miglioramento e di dialogo con il proprio ematologo. E ancora: materiali informativi, incontri virtuali con esperti, una serie di podcast disponibili gratuitamente sulle principali piattaforme e un video contest, una sfida di idee che porterà nei prossimi mesi alla realizzazione di un video, per raccontare le Mpn con uno sguardo nuovo.
AGI - Quasi 100 gruppi di difesa dell'infanzia e dei consumatori di Nord America, Europa, Africa e Australia hanno rivolto un appello a Mark Zuckerberg perché abbandoni i piani di una versione di Instagram orientata verso i pre-adolescenti. Instagram "sfrutta la paura dei giovani di perdersi e il desiderio di approvazione da parte dei pari", sostiene la lettera, firmata tra gli altri da Commercial-free Childhood and the Electronic Privacy Information Center. "L'attenzione incessante della piattaforma sull'aspetto, l'auto-presentazione e il marchio presenta sfide per la privacy e il benessere degli adolescenti", sottolinea la lettera, in cui si manifestano preoccupazioni su predatori, bulli e contenuti inappropriati. Instagram sta valutando l lancio di una versione del social network incentrato sull'immagine per i bambini sotto i 13 anni, con controllo genitori. Il social, di proprietà di Facebook, come la società madre consente solo a chi ha più di 13 anni di aderire, ma la verifica dell'età su Internet rende difficile cogliere tutti gli infrangere le regole. "La realtà è che i bambini sono online", ha detto la portavoce di Facebook Stephanie Otway, contattata dall'AFP per un commento sulla lettera. I minorenni, ha aggiunto Otway, "vogliono entrare in contatto con la loro famiglia e gli amici, divertirsi e imparare, e noi vogliamo aiutarli a farlo in un modo che sia sicuro e adatto all'età". Facebook sta lavorando con esperti di sviluppo infantile e salute mentale per dare priorità alla sicurezza e alla privacy, secondo Otway. Instagram, che ha più di un miliardo di utenti, ha recentemente svelato una tecnologia volta a impedire ai bambini di creare account e agli adulti di contattare i giovani utenti che non conoscono. La piattaforma sta anche cercando modi per rendere più difficile per gli adulti che hanno mostrato "comportamenti potenzialmente sospetti" interagire con gli adolescenti. Ma, obiettano i gruppi firmatari della lettera a Zuckerberg, "la lunga esperienza di Facebook nello sfruttamento dei giovani e nel metterli a rischio rende l'azienda particolarmente inadatta come custode di un sito di condivisione di foto e di messaggistica sociale per bambini", affermano, e avvertono che "un sito Instagram per bambini sottoporrà i bambini piccoli a una serie di gravi rischi e offrirà pochi vantaggi alle famiglie".
"L’interruzione del tutto inattesa e fuori luogo dell’indispensabile supporto vaccinale fornito dall’atteso vaccino Johnson&Johnson, oltre a minare profondamente le certezze che tutti noi avevamo riposto nel piano di immunizzazione di massa, evidenzia in maniera chiara una sostanziale debolezza della rappresentanza politica europea che, senza una ragione logicamente accettabile, si allinea pedissequamente alle decisioni americane". Lo rimarca all'Adnkronos Salute l'immunologo Mauro Minelli, responsabile per il Sud della Fondazione italiana di Medicina personalizzata, tornando sulla vicenda del vaccino anti-Covid di J&J. "Per 6 reazioni trombotiche, una sola delle quali fatale, registrate in donne di età compresa fra i 18 e i 45 anni dopo somministrazione di vaccino Johnson&Johnson negli Stati Uniti, dove erano già state vaccinate oltre sei milioni di persone (percentuale di rischio pari allo 0,000001%), l’Europa decide di 'copiare' le scelte del governo statunitense inibendo di fatto l’utilizzo delle dosi che intanto erano arrivate nel continente", aggiunge l'immunologo. "Ci sarebbe da chiedersi, in ragione delle nuove evidenze che sembrano correlare al vettore virale le rarissime reazioni tromboemboliche immunomediate eparino-simili, perché sospendere l’utilizzo del vaccino J&J - chiede Minelli - se poi continua la vaccinazione con AstraZeneca che, come il vaccino Johnson&Johnson che è stato precauzionalmente sospeso, affida ad un adenovirus inattivato il trasporto del materiale genetico del Sars-Cov-2 utile per l’immunizzazione? Se i due vaccini sono sostanzialmente uguali, perché due pesi e due misure?" "Appare evidente come queste scelte, oltre a compromettere significativamente l’efficacia del piano vaccinale - conclude - con il suo importante carico di attese positive, alterino ancor di più il già precario equilibrio tra cittadini sfiduciati ed istituzione in affanno decisionale".
Dopo la Danimarca anche la Norvegia elimina il vaccino AstraZeneca dal suo piano vaccinale contro il Covid. Lo ha annunciato l'Istituto norvegese di Sanità Pubblica affermando che "dato che poche persone muoiono di Covid-19 in Norvegia, il rischio di morire dopo il vaccino AstraZeneca sarebbe superiore al rischio di morire per la malattia, in particolare tra i giovani". Nella dichiarazione pubblicata sul sito dell'Istituto, e ripresa dalla Cnn, viene ricordato che la Norvegia aveva deciso di "mettere in pausa l'uso del vaccino AstraZeneca a marzo" in conseguenza della "maggiore conoscenza sulla relazione tra il vaccino e rari e gravi casi" di trombosi. "Sulla base di questa conoscenza - conclude la dichiarazione - siamo arrivati alla raccomandazione di rimuovere il vaccino AstraZeneca dal programma vaccinale in Norvegia". Ieri l'Autorità sanitaria danese ha confermato lo stop definitivo all'utilizzo del vaccino prodotto da AstraZeneca, spiegando in una nota che c'è "un possibile collegamento tra casi molto rari di coaguli di sangue anomali, perdita di sangue, bassa conta piastrinica e il vaccino di AstraZeneca. Questo, insieme al fatto che l'epidemia di Covid-19 in Danimarca è attualmente sotto controllo e altri vaccini sono disponibili contro il Covid-19, è stato determinante nella decisione dell'Autorità sanitaria danese di continuare il suo programma di vaccinazione contro il Covid-19 senza il vaccino di AstraZeneca".
Il vaccino AstraZeneca, sotto i riflettori per le segnalazioni di rari casi di trombosi, è efficace e sicuro. Lo ha ribadito ieri il ministro della Salute, Roberto Speranza, nel suo intervento alla Camera. "Su 32 milioni di vaccinazioni effettuate e 222 segnalazioni sono stati registrati 86 eventi avversi e, di questi, 18 sono risultati fatali", dice riferendosi al vaccino che, dopo le segnalazioni relative a rari casi di trombosi, in Italia è stato raccomandato per gli over 60. Chi ha ricevuto la prima dose AstraZeneca riceverà anche la seconda dose dello stesso farmaco. "Ci sono studi e ricerche autorevoli che, a mio avviso, rischiano però di non essere sufficienti a dissipare i dubbi che in questi giorni tormentano tante persone. Dinanzi ai dubbi l’arma più efficace è la trasparenza", afferma. "La scelta che abbiamo fatto di raccomandare l’utilizzo del vaccino AstraZeneca per i cittadini tra i 60 e i 79 anni ha una duplice motivazione. La prima: le pochissime reazioni avverse sono concentrate per il 90% nei vaccinati al di sotto dei 60 anni. La seconda: sulla base dell’esperienza inglese il vaccino AstraZeneca è particolarmente indicato nelle persone che abbiano un sistema immunitario in declino", spiega. "La nostra è quindi una scelta che fa coincidere la massima sicurezza con il massimo di efficacia, in una fascia di popolazione che abbiamo urgenza di mettere al riparo. La nostra scelta è in sintonia con i principali Paesi europei", ha ricordato.
L'uomo ha aperto il fuoco prima di uccidersi
Albert Bourla al Corriere: "Pronti a fornire all’Ue centinaia di milioni di dosi in più. Siamo in grado di produrre più di 3 miliardi di dosi l’anno prossimo"
L'Inter torna su Florenzi: è il jolly sponsorizzato da Conte. Duello con il Napoli per De Paul.
Il percorso della Roma in Europa League è valso circa 20 milioni di euro: i numeri.
Draghi al governo e le risorse in arrivo dall’Europa rafforzano la positività sul debito italiano e in particolare sui titoli finanziari. Importante la spinta del risparmio gestito
"Il tuo pacco sta arrivando, seguilo qui" è un messaggio in cui sono caduti molti utenti. Una tecnica subdola, in aumento durante la pandemia
E' plausibile che l'Europa possa uscire dall'incubo del Covid-19 e tornare alla normalità nell'autunno. Lo sostiene il presidente e Ceo di Pfizer Albert Bourla, in un'intervista pubblicata oggi dal Corriere della Sera, all'indomani dell'annuncio di una fornitura aggiuntiva di 50 milioni di dosi all'Unione Europea. "Noi stiamo programmando di aumentare drasticamente le forniture di vaccini all'Europa nelle prossime settimane. In questo trimestre - riferisce - consegneremo oltre quattro volte in più che nel primo trimestre: 250 milioni di dosi dopo averne date 62 milioni fino a marzo. E siamo in discussione per fare di più. Certo, c'è sempre la possibilità che qualcosa vada storto, come si vede dai problemi che hanno altre aziende". "Ma io sono ottimista perché finora abbiamo prodotto tantissimo ed è andata bene quasi al 100%". Dunque, alla domanda sul possibile ritorno alla normalità in autunno Bourla risponde: "Credo di sì. Lo vediamo da Israele. Certo Israele è piccolo, con movimenti in entrata e uscita limitati. Ma lì siamo riusciti a dimostrare al mondo che c'è speranza. Quello era il senso dello studio sui dati israeliani. Sapevamo che l'euforia sarebbe venuta meno quando la gente, mese dopo mese, vede che la vita non cambia molto. Ma in Israele si vedono i veri effetti: quando vaccini gran parte della popolazione, diventa possibile tornare quasi alla vita di prima", spiega.