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Iran: Dubai, il rilancio del commercio passa per i negoziati sul nucleare

L’antico commercio tra Dubai e l’Iran, assicurato dai sambuchi, potrebbe essere tra i primi beneficiari della revoca delle sanzioni contro Teheran. Queste tradizionali imbarcazioni di legno sono sopravvissute prima alle sanzioni statunitensi del 1979 e poi a quelle della comunità internazionale nel 2013, facendo la spola tra il vecchio porto di Dubai e l’Iran. Ma il traffico commerciale si era ridotto a causa delle restrizioni. Iman Motameni, vice responsabile di Sawan Trading enterprises: “Dubai in realtà vive la sua propria vita economica, ma il commercio è diminuito molto. Credo che la revoca delle sanzioni cambierebbe molte cose. Normalmente il 70-80% dei sambuchi o delle navi da carico da Dubai salpava per l’Iran. Da quando sono state imposte le sanzioni, nessuno in Iran compra prodotti di Dubai o da altri luoghi di transito verso Dubai”. Dubai è il secondo partner commerciale di Teheran dopo la Cina e gli Emirati Arabi Uniti ospitano la seconda comunità di iraniani al mondo, mezzo milione di persone. Per questo un accordo definitivo sul nucleare iraniano a Vienna è atteso con entusiasmo. Hossein Haghighi, vice-presidente e co-fondatore dell’Iranian Business Council a Dubai: “A Dubai tempo fa quando non c’erano le sanzioni, le esportazioni e le importazioni con l’Iran andavano molto bene. Poi si sono ridotte gradualmente, a 12 miliardi, a 8 miiardi e mezzo di dollari, fino a 4 miliardi e mezzo lo scorso anno. Si potrebbe tornare allo stesso livello registrato in passato se le sanzioni venissero finalmente cancellate”. Il commercio e il turismo sarebbero i primi settori a subire gli effetti positivi dell’accordo con l’Iran. Dubai, che è già protagonista sulla scena mondiale per quanto riguarda banche e commercio diventerebbe anche protagonista dei rinnovati scambi con l’Iran a livello internazionale. La nostra corrispondente da Dubai, Rita del Prete: “Agli alti e bassi dei negoziati gli iraniani della diaspora sono abituati. Trattative e compromessi – mi dicono – fanno parte della loro cultura. Vivere nell’incertezza quindi non li esime dal continuare un commercio nato secoli fa”.