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I conti del calcio italiano sfidano la crisi

I conti del calcio italiano sfidano la crisi

La chiusura del calciomercato estivo ha mandato un messaggio inequivocabile: il campionato italiano sfida la crisi ed è tornato a spendere. Anche se, tra prestiti e altre forme contrattuali atipiche, resta da capire se si tratta di un vero risveglio o dell'ultimo canto del cigno.

Affari per 600 milioni di euro
I numeri dicono che i club di Serie A hanno speso quest'estate 600 milioni di euro, praticamente il doppio rispetto ai 335 milioni del 2014. Ma il dato è sensibilmente superiore anche ai 440 milioni del 2013 e ai 374 del 2012. Non solo: la Liga, il campionato spagnolo che tradizionalmente vede primeggiare Real Madrid e Barcellona, si è fermata a quota 570 milioni. La Bundesliga (Germania), che pure ha un giro d'affari sensibilmente superiore alla Serie A, non è andata oltre i 400 milioni. A superarci è stata la sola Premier League (Inghilterra), con una spesa intorno a 1,1 miliardi. Juventus, Milan, Inter e Roma non hanno badato a spese, acquistando campioni come Dybala, Mandzukic, Bacca, Luiz Adriano, Kondogbia (l'acquisto più costoso, 35 milioni oltre a una serie di bonus legati ai risultati), Jovetic, Dzeko e Salah, con l'obiettivo di recuperare competitività a livello internazionale.

Il piatto piange
Eppure non si può certo dire che l'economia italiana navighi nell'oro, né le cose vanno molto meglio nel settore del calcio. Tra il 2009 e il 2014, i club di Serie A, Serie B e Lega Pro hanno accumulato perdite per 1,8 miliardi e l’indebitamento è cresciuto da 2,8 a 3,7 miliardi. La sola Serie A nella stagione 2013/14 ha registrato un deficit di 186 milioni e, rispetto ai 619 milioni del 2009, ha maturato debiti finanziari per 1,1 miliardi. A poco è servita l'impennata delle entrate legate ai diritti televisivi, con le somme aggiuntive in buona parte finite negli ingaggi corrisposti ai calciatori. Mentre poco è stato speso sul fronte delle infrastrutture: gli stadi di Juventus, Udinese e Sassuolo sono casi isolati, mentre anche grandi piazze come Roma, Milano e Napoli sono ancora nella fase progettuale per quanto riguarda la creazione di nuovi impianti o l'ammodernamento di quelli esistenti. Con il risultato che nell'ultimo campionato gli spettatori medi per partita non hanno superato quota 23mila, circa la metà della capienza. Laddove hanno potuto, sono intervenuti i "patron" a colmare i buchi di bilancio, negli altri casi non c'è stata altra possibilità che gettare la spugna (come dimostrano i fallimenti di numerosi club, tra cui realtà storiche come Parma e Monza).

Cosa ci attende
La Figc ha varato un piano di risanamento con l’obiettivo di mettere al sicuro i conti dei club, ma come spesso avviene in Italia si procederà per gradi. Quest'anno è stato previsto un tetto alle rose di 25 giocatori (di cui 4 cresciuti in Italia e 4 nel vivaio del club), mentre controlli più stringenti partiranno più avanti. Con la speranza che la tempistica scelta sia sufficiente a mantenere in piedi la baracca. Molti club, già nel mirino dell'Uefa per violazione del Fair Play Finanziario, hanno fatto ricorso a soluzioni "innovative" sul fronte contrattuale. Come l'Inter e la Roma, che hanno preso giocatori in prestito per questo esercizio, ma con obbligo di riscatto negli anni a venire (Jovetic, Miranda, Salah). Questo significa che i conti del 2015 saranno salvi, ma poi il conto si presenterà dopo 12 o 24 mesi. La speranza è che arrivino i risultati sportivi, con l'accesso alla Champions League che vale non meno di 30 milioni a stagione. In caso contrario, saranno dolori.