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Renzi abbasserà davvero le tasse?

In molti lo paragonano al primo Berlusconi, quello del “meno tasse per tutti”, ma Matteo Renzi avanza deciso sul fronte del “patto” proposto agli italiani, per il quale, a fronte di una stabilità di governo che permetta di portare a casa le riforme ritenute decisive, si prevede un abbassamento della pressione fiscale.

Un’iniziativa che Renzi dichiara essere accompagnata da tutte le coperture necessarie, ma che trova intorno a sé un certo scetticismo.

L’idea del premier sembra quella di finanziare l’eventuale riduzione fiscale con un nuovo deficit, tenendolo al ridosso della soglia 3%, ancora valido, nonostante le ammissioni dell’Europa stessa, come parametro di stabilità dell’Eurozona. Ma allora perché non agire con più coraggio e sfondare questa percentuale? Renzi sembra muoversi ancora internamente al vincolo di bilancio, che continua a impedire ai paesi indebitati di scegliere liberamente le proprie politiche economiche.

Come spiega Thomas Manfredi su Linkiesta, poi, il provvedimento di Renzi prevede implicitamente coperture derivanti da una prevista crescita economica, che in molti casi, quando in passato è stata attuata la medesima strategia, non c’è stata, portando ciclicamente ogni calo di tasse ad essere reintegrato con nuovi aumenti. Fattore fondamentale è così quello di una revisione della spesa corrente che troppe volte è stata annunciata ma mai veramente attuata, da ambo i lati della barricata politica, e che permetterebbe, solo, di far sì che i tagli alle tasse non coperti non equivalgano a tasse future. Un fenomeno che porterebbe con sé soltanto un aumento di interessi reali pagati, praticamente una nuova sovra-tassa.

Altro elemento che desta perplessità è la politica di Renzi sulla tassazione della prima casa. Il governo, al suo esordio, aveva proposto uno slittamento del carico fiscale sul capitale finanziario, e ora conferma questa posizione dichiarando di voler abolire l'imposta già a partire dal 2016, cancellando in particolare la Tasi, la tassa sui servizi che nelle entrate comunali ha preso l’eredità dell’Imu e dell'Ici.

Non appare chiaro, tuttavia, per quale motivo Renzi intenda stimolare ulteriormente la rendita immobiliare, i cui rendimenti ex post risultano spesso più bassi di quelli attesi, in un paese in cui la capitalizzazione borsistica è quasi inesistente e le piccole e medie imprese sono per lo più sotto-capitalizzate. L’Italia è in realtà uno dei paesi europei che sfrutta di meno la tassazione sugli immobili, un gettito fiscale che in Regno Unito e Francia pesa ben due volte di più sul PIL rispetto a quello italiano.