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Eni: dopo il Ghana è la volta del Marocco

Ieri indiscrezioni di stampa parlavano di trattative tra Eni (Londra: 0N9S.L - notizie) e Exxon Mobil (Swiss: XOM.SW - notizie) per rilevare una partecipazione del 20% del pacchetto di Eni nell'Area 4 nel bacino offshore di Rovuma in Mozambico in parallelo ad un’altra notizia, quella che voleva la vendita del 20% del consorzio Zohr in Egitto, sempre in mano ad Eni a Lukoil (Other OTC: LUKOF - notizie) , entrambe parte del piano di cessioni per il valore di 7 miliardi voluto dalla società italiana per proteggersi dal crollo del petrolio.

La notizia di oggi

Oggi Eni ancora protagonista delle cronache finanziarie con la sua entrata in scena nell'upstream del Marocco grazie alla firma con Chariot Oil & Gas in un accordo per la partecipazione nell’esplorazione nella licenza Rabat Deep Offshore nelle acque del Marocco sul fronte Atlantico.

Stando all’accordo, ancora in fase di perfezionamento, Eni dovrebbe avere una quota del 40% nella licenza e nei diritti di esplorazione di un’area considerata particolarmente ricca di idrocarburi liquidi. Il cane a sei zampe, qualora dovesse arrivare in porto l’accordo, farebbe parte di una squadra formata da altri tre nomi con altrettante quote di diritti e per la precisione Woodside con il 25%, Chariot con il 10% e Office National des Hydrocarbures et des Mines al 25%.

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Ma già ieri si era ufficializzato anche un altro accordo, quello per una nuova licenza esplorativa in Ghana (Cape Three Points Block 4), nel bacino del Tano con una quota del 42,5% in vista di un preventivato rafforzamento della società nella zona un vantaggio che permetterà, come confermano da Eni, di sfruttare sinergie con l'altro blocco Octp operante in zona con notevole abbattimento di costi e tempi. Da qui il giudizio positivo degli analisti di Equita con un rating buy con un prezzo obiettivo a 15 euro.

Il petrolio

Per quanto riguarda invece la materia prima, cioè il petrolio, si sta assistendo a una fase di incertezza: da un lato il pessimismo di ieri che ha spinto gli analisti a considerare ingiustificati prezzi al barile superiore ai 40 dollari, quota che ha superato in queste ore, scetticismo dettato da un nuovo aumento delle scorte di greggio Usa, dall’altro invece la poca fiducia in vista del meeting di Doha dove i maggiori produttori di petrolio cercheranno un accordo per roiuscire a stabilizzare se non le quotazioni almeno la produzione. Cosa molto difficile da ottenere con l’Iran che oltre a non volersi dare limite alla produzione la sta accelerando molto più velocemente di quanto previsto, mentre la Libia ha già reso nota la sua assenza. Per questo motivo gli operatori, preso atto delle dichiarazioni, hanno dovuto anche considerare che alle parole non sembrano voler seguire i fatti. Unica schiarita è arrivata dalla Federal Reserve e dai suoi tentennamenti sul rialzo del dollaro: grazie a un biglietto verde non particolarmente pesante, le materie prime e tra loro il petrolio, possono permettersi di vedere alleviate le pressioni sulle loro quotazioni.

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