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Passo falso per Eni: Kashagan deve rimandare ancora la partenza

Incidente di percorso per Eni (Londra: 0N9S.L - notizie) che deve rinviare a novembre, rispetto alle attese che parlavano di un periodo tra settembre e ottobre, la data dell’inizio della commercializzazione del petrolio proveniente dal giacimento di Kashagan.

Il nodo

In realtà le operazioni di estrazione inizieranno come previsto il 24 settembre ma solo più tardi del previsto ci sarà il raggiungimento di volumi utili per il commercio della materia prima.

La storia del giacimento kazako è molto travagliata, basti pensare che nel 2014 era stato ribattezzato dai giornalisti finanziari dell’Economist come “il più grande fallimento della storia petrolifera” dal momento che, dopo 16 anni di lavoro dal giorno della sua scoperta, non solo non era ancora improduttivo, ma aveva richiesto una mole di capitali enorme, 30 miliardi in più (sempre secondo stime del 2014) su un conto che risultava già allora a 43 miliardi di euro. L’andamento a rilento è da attribuirsi a più cause: non solo quelle morfologiche con un giacimento effettivo che dista più di 5 chilometri dalla superficie, o climatiche visti gli inverni particolarmente rigidi con gelate che bloccano gli impianti, ma anche tecniche. Nel (Londra: 0E4Q.L - notizie) 2013 le tubature dovettero pagare il conto, un conto molto salato, a causa di un petrolio particolarmente ricco di solfiti corrosivi. Fu allora che con 8 anni di ritardo, si decise di ripristinare tutte le condutture del giacimento: tempi e soldi extra (si parla di 5 miliardi) che si andavano a sommare a quanto già speso.

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Il petrolio

Intanto sul fronte del petrolio, il greggio registra una risalita delle quotazioni verso i 50 dollari con il Brent. Ma anche in questo caso le speranze di chi guarda al lungo periodo e a una possibile stabilizzazione potrebbero essere deluse. Infatti il merito del rialzo va alle scorte statunitensi, in calo più del previstocon una diminuzione di 14,5 milioni di barili contro attese che vedevano invece un incremento di 0,5 milioni di barili. La causa di un dato estemporaneo di per sè è a sua volta ancora più “momentanea” infatti le difficoltà di approvvigionamento sono derivate dall'uragano che ha colpito il Messico bloccando a sua volta le operazione di carico e la navigazione verso le coste.

La view dei brokers

Il lato finanziario non ha riservato grandi soddisfazioni al titolo, in fase laterale da inizio anno, ma le cose potrebbero cambiare con la view di Credit Suisse (Londra: 0QP5.L - notizie) che già mercoledì pubblicava un report che consigliava l’acquisto di Eni con un target a 16 euro, target che potrebbe migliorare a 18 nel caso in cui i target fissati dal piano di riordino industriale e di ricapitalizzazione (7 miliardi9 fossero centrati. Il giudizio dei brokers, e non solo di quelli di Credit Susse, parte dalla constatazione di una proficua politica di focalizzazione, da parte dell’azienda petrolifera, verso i business più redditizi, anche a costo di un taglio sul dividendo il quale, però, è riuscito a proteggere il cane a sei zampe dalla tempesta che si è abbattuta sul petrolio. partendo proprio dal dividendo, invece, gli esperti di Macquaire avevano coperto il titolo con un rating outperform e un target price a 16 euro dal momento che, oltre al dividendo tagliato preventivamente, si sono rivelati positivi anche la cessione di Snam (Amsterdam: QE6.AS - notizie) e della quota di Saipem (Londra: 0NWY.L - notizie) , oltre al taglio del debito che renderà il dividendo di Eni sostenibile per tutto il 2017 e in probabile aumento per il 2018.

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